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19 giu 2017

[Recensione] Oltre le nuvole, il luogo promessoci


 雲のむこう - 約束の場所, "Kumo no mukō - yakusoku no basho", 2004

Il primissimo lungometraggio di Makoto Shinkai (uscito nel 2004 e solo nel 2017 importato e adattato da una Dynit sempre più ottima e che sempre più merita i vostri soldi) segue con una precisione millimetrica quello che è il template di buona parte delle opere di questo autore; o, per meglio dire, lo afferma per la prima volta, dato che l'unica opera precedente su questo stile è il dimenticabilissimo cortometraggio Hoshi no Koe. 

In un futuro alternativo in cui lo Hokkaido si è separato dal resto del Giappone e si è costituito in uno Stato indipendente (detto Ezo, sotto il controllo dell'Unione Sovietica), i due geniali amici Hiroki e Takuya hanno un sogno: costruire un piccolo aereo e, con esso, attraversare il mare e andare a vedere da vicino la gigantesca torre edificata in Ezo, così alta da non poterne vedere la cima nemmeno da Tōkyō. A loro si unisce presto una loro amica, Sayuri: i tre legano profondamente, e Takuya le promette che, quando finalmente decolleranno, la porterà con loro a vedere la torre. Sayuri però presto sembra sparire nel nulla, e i ragazzi prendono strade diverse. A loro insaputa, la ragazza è caduta misteriosamente in un coma narcolettico che sembra essere legato ai pericolosi esperimenti in corso alla torre.



Si possono riconoscere uno per uno i trope tipici dello stile quasi neo-romantico di Shinkai: i due amanti separati da circostanze straordinarie e da una distanza incolmabile, eppure in qualche modo costantemente collegati da un "filo" spirituale inscindibile; un setting ucronico, fantascientifico e bellico relegato allo sfondo, a fonte di ostacoli, a mero contesto non troppo approfondito in cui si svolge la storia; i protagonisti tendenzialmente piatti e abbastanza anonimi; l'atmosfera di opprimente malinconia che permea tutto il film, persino nelle relativamente serene scene iniziali; il sogno distante, quasi irraggiungibile, a cui il protagonista tende con tutte le sue forze, e in assenza del quale la sua vita sembra come svuotarsi; una forte componente spirituale e onirica che lega quasi sovrannaturalmente i due amanti. Mancherebbe solo il finale aperto, inconcludente e malinconico a completare il quadro, ma questo è invece fortunatamente assente, in favore di un finale forse più banale ma senza dubbio più soddisfacente.

Questa la chiamo "Inquadratura Shinkai". Questa scena potrebbe provenire letteralmente da QUALUNQUE SUO FILM.

Disegni e animazione non avevano ancora raggiunto la qualità di un Il giardino delle parole o di un 5cm al secondo, e sono anzi chiaramente sulla stessa linea di Hoshi no Koe: ovvero, ambienti e campi lunghi grandiosi, personaggi disegnati derposi e animati maluccio (forse colpa del character design di Ushio Tazawa?), CGI bruttina. Fruibile, ma ben lontano dai valori di produzione a cui Shinkai ci avrebbe abituati negli anni successivi. In compenso, si possono già notare le inquadrature e l'attenzione ai paesaggi che caratterizzano la regia di Shinkai, e la sua caratteristica "delicatezza narrativa". Divertente peraltro notare la somiglianza fra il laboratorio di Hiroki e la base della NERV di Evangelion, in quello che è probabilmente un omaggio voluto.

Nel complesso, è un film godibilissimo e tutt'altro che privo di momenti ricchi di pathos, ma devo ammettere di non averlo trovato entusiasmante, sia per la prevedibilità dei suoi sviluppi, sia per il sentore di "già visto" dei suoi temi, sia per i suoi personaggi dimenticabilissimi, sia per la solita opacità di alcuni elementi. È carino, ma poco di più. Ovviamente consigliato per i fan di Shinkai, in quanto comunque è un'opera importante nella sua filmografia e ne presenta tutti i crismi e i tratti distintivi, ma per chi vuole scoprirlo per la prima volta consiglierei piuttosto 5cm al secondo o Il giardino delle parole, molto più pregnanti tematicamente e intensi emotivamente.

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