Argomenti

15 nov 2019

[Recensione] Velvet Buzzsaw - Commedia horror?



Il mondo dell'arte moderna di Los Angeles, fra galleristi senza scrupoli, arrivisti, e critici in grado di determinare il destino di un autore con un singolo articolo, è sconvolto dalla scoperta di un artista mai sentito prima, Dease, i cui quadri visionari e cupi fanno immediatamente presa su chiunque li veda. Mentre vari personaggi strategizzano per spartirsi quando più possibile la gloria e la ricchezza di questo artista defunto, che aveva espressamente richiesto che i suoi dipinti venissero distrutti, non ci vuole molto perché l'arte sembri prendersi la sua vendetta, e perché il potere oscuro e viscerale nelle opere di Diese si tramuti in mortale.

Questa curiosa premessa dal discreto potenziale è una pianta da cui possono sbocciare uno di due fiori: o terrore vero, oppure ilarità imbarazzata. Un rischio, del resto, comune a molti film del genere. Velvet Buzzsaw, nella sua ambientazione viscida e altolocata, sembra promettere di mettere il potere misterioso dell'arte, quella più vera, quella che nasce dai più profondi e inconfessabili turbinìi emotivi, nella stessa compagnia di cui fanno parte gli yūrei e le possessioni demoniache.


Ordunque, bando agli indugi: Velvet Buzzsaw, come film horror, è bruttino. Appartiene a quella categoria di horror in cui tutti i personaggi sono delle merde insopportabili e lo spettatore non vede l'ora che inizino a morire, pronto ad elevare cartelloni e cori da stadio in onore dell'assassino. Se l'atmosfera inquietante viene creata abilmente, all'inizio, e alcune morti sono certo estremamente creative, la prima uccisione viene sprecata su una scena talmente eccessiva e malfatta da risultare ridicola, e da lì in poi la ripetitività dei setup è tale che qualunque tensione muore molto prima della vittima di turno. Praticamente tutto quello che c'è da sapere sulla storia viene rivelato nel trailer, e il finale si rifiuta di dare qualunque chiusura ad una trama tanto interessante nella sua premessa quanto banale e insipida nella sua esecuzione.

Salvezza della narrazione sono i personaggi, abbastanza ben recitati (Jake Gyllenhaal e John Malkovich funzionano sempre), ben definiti nella loro caratterizzazione (per quanto sia spesso una caratterizzazione da immonde e irredimibili teste di cazzo) e ben strutturati nei loro rispettivi archi e conflitti, da dare allo spettatore un'ancora più che sufficiente per volersi interessare al film.

Ma vorrei spingervi a un piccolo cambio di prospettiva. E se, invece di considerarlo un horror, lo considerassimo una commedia? 

Non vi viene già voglia di strozzarli? <3
L'autore (Dan Gilrow) sembra avere tutta l'intenzione di mostrare il mondo dell'arte moderna come un covo di squali e vipere in cui a dominare sono speculazioni, strategie al limite della legalità e tattiche da piazzista piuttosto che vero amore per la libera espressione dell'ingegno umano, e non manca occasione di ridicolizzare i personaggi che vi strisciano alla ricerca della prossima preda da pugnalare alle spalle. Esilarante, in questo senso, una scena in cui Jon Dondon entra nello studio di un famoso artista in crisi (Malkovich) e definisce, ammirato, "opera interessantissima" letteralmente dei sacchi di spazzatura che erano stati dimenticati lì.



Ad uccidere non sono mai direttamente i quadri di Dease, ma altre opere d'arte presenti sulla scena, spesso opere che la vittima ha deprecato o cercato di mungere.
Sembra che la vendetta di Dease non colpisca indiscriminatamente, come un Jason Vorhees qualsiasi, ma solo chi cerca di speculare sull'arte, abbassandola così ad articolo per ricchi collezionisti borghesi, deprecando o sminuendo invece "l'arte per l'arte". Da anticapitalista con un marcatissimo disprezzo per il mondo della mercificazione dell'arte, non posso che apprezzare questo aspetto.

Quindi invito anche voi a vederlo così. Non come un horror che vi faccia stringere i braccioli della poltrona, ma come una dark comedy sulle vipere infami che strisciano in un mondo che dovrebbe essere quello della più alta espressione dell'intelligenza e della sensibilità umane. Principalmente perché, visto con questi occhi, è un film niente male. Forse non avrete gli incubi, ma almeno godrete nel vedere quelle serpi schiacciate come meritano.

E poi forse noterete l'immensa ironia insita nel provare questi sentimenti mentre date soldi a Netflix.

7 nov 2019

[Recensione/Rant] Joker - Una proposta di analisi di classe

Andiamo a comandare

Lo ammetto: non sono un fan del mondo dei supereroi. Non amo come la continuity di questi macrouniversi continui a venire riscritta e rebootata al punto che nessuno dei personaggi ha davvero un'identità e una storia definite; non amo l'uso eccessivo di universi alternativi e resurrezioni e intrighi spaziotempodimensionali; non amo il tipo di supereroe che, forte di superpoteri spesso acquisiti per nascita o per fortuna o tramite a portafogli senza fondo, si erge solo apparentemente al di sopra della legge, punendo la criminalità comune o supercattivi senza mai mettere in discussione lo status quo dietro ad essi (vedi Tony Stark, che essendo mercante d'armi dovrebbe essere il primo ad essere steso da un supereroe-vigilante); è un mondo che ho sempre faticato a prendere sul serio.

Eppure, mantengo una certa simpatia verso alcuni di questi franchise. Uno è Spiderman. Un altro è The Punisher, anti-eroe violento e pragmatico che a mio avviso meglio incarna il tipo di psicopatia e di metodi che realisticamente userebbe uno che voglia ergersi a vigilante anticrimine. Poi c'è PK, perché OVVIAMENTE. Infine, Batman.

Con Batman però il mio rapporto è strano. Ne ho visti i film, sia la serie animata classica che quella ambientata nel futuro, ho giocato a quasi tutti gli (eccellenti) giochi della serie Arkham, è il lore che conosco meglio. Io però detesto Batman. Detesto la sua falsa moralità, con cui adotta metodi da polizia segreta nascondendosi dietro il "non uccidere mai nessuno" (in una città talmente lurida, corrotta e irredimibile che, se davvero vuoi salvare la vita alle persone Joker dovresti strozzarlo alla prima bomba). Lo considero un sociopatico che agisce esclusivamente per placare il suo trauma personale, e infatti ignora i crimini dei colletti bianchi o della polizia corrotta o dell'imprenditoria spregiudicata (di cui del resto fa parte), di fatto diventando un'incarnazione della power fantasy della borghesia americana benpensante, un Cavaliere dello Status Quo. Ma adoro i suoi nemici, e adoro la dinamica fra lui e il Joker che, soprattutto nelle incarnazioni di Hamill e Ledger, ne evidenzia e ridicolizza l'ipocrisia e lo costringe continuamente a mettersi in discussione.


Vesti la giubba e la faccia infarina.
La gente paga, e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio... e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor...
Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!
Ridi del duol che t'avvelena il cor!

Ecco, Joker è il film che guarda a Gotham e alla famiglia Wayne dalla stessa prospettiva mia. Non è un film per puristi, perché si distacca moltissimo dalla tradizione dell'universo Batman; ma come dicevo, nel mondo dei supereroi parlare di continuity e fedeltà all'originale (quale delle settemilaquattrocentosessantanove incarnazioni delle stesse storie? Ah, pardon, intanto che scrivevo sono diventate settemilaquattrocentosettanta) è come parlare di verginità nella carriera di una pornostar specializzata in gangbang sadomaso.

E in questo senso, prendendolo cioè come film a sé stante, l'ho trovato sorprendentemente intenso e stimolante. Ritrae con maestria la discesa di un uomo nella pazzìa, man mano che i suoi punti fissi, le sue reti di supporto, le sue speranze lo tradiscono e gli cadono intorno una ad una. Arthur Fleck (questo il nome qui dato al futuro Joker, magistralmente interpretato da un Joaquin Phoenix colossale) non è un uomo inerentemente malvagio: è piagato da un disturbo mentale che gli causa improvvisi e incontrollabili attacchi di riso, e da una storia di povertà, isolamento e abuso che lo rendono instabile e socialmente inetto, ed è per questo emarginato, manipolato e bistrattato tanto dalle persone vicine a lui quanto, in generale, dalla società.

Impiegato come clown sotto agenzia, sogna di diventare un comico da stand-up (la madre, come giustificazione per la sua risata isterica, gli diceva che era destinato a portare gioia nel mondo), ma dopo una serie di aggressioni e delusioni trova l'ilarità che ha sempre voluto ispirare nel caos e nella vendetta.

Ma, ovviamente, c'è di più, o non ne starei parlando in un articolo con questo sottotitolo. Sotto questo studio psicologico intimamente personale, si muovono correnti tematiche che aspirano a dire qualcosa di più.

Da qui in avanti, SUPER MEGA SPOILERS

La trama nasce nel contesto di una Gotham lurida (significativa la metropolitana, piena di graffiti e illuminata da lampade difettose e sfarfallanti), povera, ineguale a un livello che sembrerebbe quasi parodistico se non fosse perfettamente rappresentativa di molte città americane, sconvolta da scontri sociali, scioperi, delinquenza giovanile, tagli alla sanità e ai servizi sociali (un clima che rimanda al periodo Reagan). Questo contesto è presentato solo con accenni e spunti, e non è né motore né movente della trasformazione del protagonista; ne è, piuttosto, sfondo e concausa, nel senso che Fleck ne è influenzato e coinvolto come il resto della cittadinanza: quando il comune chiude il centro di supporto psicologico, Arthur perde non solo la sua unica valvola di sfogo ma anche la sua unica possibilità di accesso agli psicofarmaci che lo aiutavano a mantenere una stabilità.

Queste sottocorrenti si muovono con dinamiche sorprendentemente realistiche. L'esempio principe si svolge quando i tre impiegati di Thomas Wayne vengono uccisi in metropolitana, e la classe borghese e i suoi media reagiscono subito in modo vittimistico: li definiscono innocenti, bravi ragazzi gentili ed educati barbaramente uccisi da un pazzo assassino (mentre noi spettatori sappiamo che in realtà essi avevano molestato una ragazza su quello stesso treno e si erano accaniti su Arthur pestandolo senza alcun motivo); cercano di dare un colore politico a un fatto di criminalità comune (che, peraltro, un buon avvocato sarebbe facilmente riuscito a far derubricare a legittima difesa) per mettere in cattiva luce le proteste del proletariato urbano, cercano arbitrariamente di fondere quegli omicidi con l'ondata di odio di classe che sta percorrendo Gotham. Il commento sulla vicenda del ricchissimo industriale (e candidato sindaco) Thomas Wayne, in particolare, equipara l'omicida a tutti quei poveri che provano risentimento verso i super-ricchi, e li definisce "clown invidiosi della gente che nella vita ha prodotto qualcosa".

Insomma: nel momento in cui la vittima di uno delle decine di omicidi che certamente si verificano continuamente a Gotham è un uomo in giacca e cravatta proveniente dall'ambiente della borsa, l'apparato dello status quo se ne sente minacciato e reagisce ridicolizzando e paternalizzando intere fasce della popolazione. Questa reazione classista, più del fatto di cronaca in sé, genera la rabbia, la rivolta, l'identificazione popolare con la figura del clown.

"Se al posto loro ci fossi stato io, morto sul marciapiede, mi avreste camminato sopra."

Un discorso simile si ha quando i manifestanti aggrediscono due poliziotti in metropolitana, e i media raccontano con dovizia di moraleggiamenti l'accaduto dimenticando sistematicamente di divulgare come fossero stati proprio i due poliziotti i primi ad estrarre la pistola in una carrozza affollata e ad aprire il fuoco su un civile (nemmeno una parola, una sola parola, sul manifestante ucciso).

Ancora più tagliente si fa la sottotrama di Murray Franklin, comico e presentatore di uno dei tanti, insipidi late show tutti uguali di cui la la classe media liberal-progressista ama riempirsi petto e narici. Murray, inizialmente, è l'idolo comico di Arthur, che immagina in lui un surrogato di figura paterna; ma quando durante il suo primo, fallimentare spettacolo Arthur ha un attacco di riso, Murray, professionista di lunga fama e riconosciuto talento che siede da anni su un potentissimo scranno mediatico, non ci pensa due volte a pubblicarne il video e a insultarlo, a mettere in ridicolo davanti a milioni di persone non un potente, come sarebbe il ruolo di un satiro, ma un comico dilettante e malato di mente alla sua primissima esibizione in un piccolo bar dei bassifondi. Quasi come alcune personalità facebookiane moderne, com'è che si chiamano? Mister Disintegrare? Borioni? Non ricordo...

Di fronte a tutto questo, i gesti eclatanti di un uomo matto e disperato, che più di ogni altra cosa cerca aiuto e calore umano, che si impegnava con tutte le sue forze nel cercare la realizzazione tanto promessa dal sogno americano, assumono ai nostri occhi di pubblico il carattere del "you get what you fucking deserve"; e agli occhi di una massa (quella dei "clown" di Gotham) composta in chissà quanta parte da persone in condizioni simili alle sue, gesti che tutto hanno di personale e nulla hanno di politico assumono un carattere rivoluzionario. Solo in seguito il protagonista, nella sua nuova persona che abbraccia il disturbo mentale e la maschera da pagliaccio, trova (o forse solo immagina?) il riconoscimento e l'ammirazione che ha sempre cercato. 

In questo contesto, i genitori del piccolo Bruce Wayne sono cortigiani aristocratici che cadono, innocenti ma solo fino a un certo punto, sotto la ghigliottina cieca della rabbia robespierriana, mentre il futuro Batman, in una sequenza che sembra un diretto omaggio al film di Tim Burton, figlio dello status quo, beneficiante dello status quo, trova la scintilla che lo porterà ad ergersi a salvaguardia restauratrice dello status quo.

A questo link un interessantissimo articolo di leftvoice.org

Joker non giustifica né incoraggia la violenza di piazza. Il fatto che certi critici e certi incravattati abbiano voluto interpretarlo in questo modo dice moltissimo, e mi ricordano un po' proprio un Thomas Wayne che invece di dire "clown invidiosi" dice "incels, racists and angry white men". Però, spinge a vedere il mondo attraverso gli occhi di un reietto fra i reietti, invece che attraverso quelli di un supereroe. Una volta depositato il crudo orrore dell'atto violento, lascia quel retrogusto agrodolce, quel sapore particolare che prova chi, pur contrariamente alla propria stessa morale e alle regole sociali che sente di voler difendere, si sorprende a pensare che, forse, sotto sotto, almeno un pochino, "they got what they fucking deserved".

Ma non è nemmeno un film rivoluzionario, che invita all'azione di massa tramite una sistematica critica anticapitalista o che suggerisca una randomica rivolta furibonda come soluzione giusta e praticabile. Il fatto che Todd Philips insista così tanto sul fatto che non tutto ciò che vediamo possa essere reale 1 sembra quasi un modo per distanziarsi, per nascondere qualunque possibilità di presa di posizione politica dietro un gigantesco disclaimer paraculo. Joker è una storia innanzitutto personale e psicologica in cui lo sfondo, il filone narrativo secondario di satira del mondo neoliberista, assume semmai un carattere di avvertimento. La Storia ci insegna che, quando le tensioni sociali montano e la massa non-possidente acquisisce la netta sensazione di non avere alcuna prospettiva di futuro, basta una scintilla, un fatto di cronaca, un incidente, un leader-per-caso particolarmente sociopatico, un "che mangino brioche", un "siete ancora oggi come sempre dei poveri comunisti", perché inizino a cadere teste; e la situazione attuale, soprattutto negli USA, non è poi molto diversa da quella di Gotham. 

Quindi forse dovrebbero essere grati che la protesta, nei Paesi occidentali, si sia concretizzata solo in voti a forze finto-sovraniste che hanno a malapena incasinato un po' il debito pubblico, invece che nell'erezione di ghigliottine nelle piazze.

1 Todd Philips ama giocare sulle ambiguità del film, sullo status di unreliable narrator del protagonista e sulla tradizione del Joker come un personaggio che ama reinventarsi la propria storia ogni volta che la racconta, per lasciare aperta la possibilità che non tutto ciò che vediamo nel film sia successo veramente (forse Arthur Fleck si è inventato tutto mentre si trova nell'ospedale psichiatrico, o magari è stato ispiratore di o ispirato a il Joker "vero" mentre lui è solo un cittadino qualsiasi che mai avrà a che fare col Batman).

Ma io scelgo di ignorare e non dare alcuna importanza a questo aspetto. Per tre motivi: in primis, perché l'idea che sia "tutto un sogno" renderebbe l'intero film completamente inutile; in secundis, perché i messaggi e i temi che rendono l'opera interessante sono nella storia che vediamo, che questa si svolga o meno interamente nella testa del suo protagonista è del tutto irrilevante a questo fine; in tertiis perché, come già ebbi modo di scrivere in un'altra occasione, ritengo che un'eccessiva ambiguità e un'eccessiva libertà di interpretazione di un'opera d'arte facciano sì che essa acquisti un senso solo nella testa del fruitore, e quindi non ne abbia alcuno di per sé (ovvero che sia un'opera, appunto, insignificante)

3 nov 2019

[Angolo del Muguno] A.d.M. 9 - Odio furibondo e irreprimibile

Bentornati all'Angolo del Mugugno.

Avete presente quando vi alzate al mattino alle 6:00 per andare a lavoro? Più addormentati che consci, vivete l'abbandonare il cuscino e le coperte come un lutto, e vi trascinate al tavolo della colazione con la coscienza ancora nella prima delle cinque fasi di elaborazione, il diniego. Poi, mentre mangiate, subentra la seconda fase, la rabbia, e insieme a quei cereali mattutini che una volta amavate ma che ogni giorno diventano più insapori, masticate un odio furibondo e irreprimibile verso ogni singolo atomo del creato? Eppure cercate di darvi una parvenza di dignità, guardando il TG fra una cucchiaiata e l'altra, pensando varie creative forme di accidenti e imprecazioni contro quello che sentite e leggete? Ecco, questa rubrica è la raccolta di quei pensieri lì.
____________________

1) Oh, ma la piantate di chiamare questo nuovo governo "giallorosso"? Dove lo vedete il rosso? Il PD è rosso? Marx, Engels, Lenin, Stalin, Zingaretti? Eddai, su. "Giallobianco", semmai. "Gialloravanello". "Giallonulla". "Nullanulla".

Things conservatives say that would be awesome, if they were true
2) Trovo esilarante come quelli che, un anno fa, dalla minoranza, straparlavano di "poltrone" e di "governo più a destra della storia repubblicana" (dicendo evidenti fesserie spiegabili solo con la malafede o con un serissimo deficit culturale), oggi sono in maggioranza con una delle due forze del governo di cui sopra; nel frattempo, quelli che erano in maggioranza ieri oggi accusano una delle due forze del governo di cui sopra straparlando di "poltrone" e di "governo più a sinistra della storia repubblicana" (dicendo evidenti fesserie spiegabili solo con la malafede o con un serissimo deficit culturale).
2bis) Salvini porcoggiuda basta parlare di poltrone è un mese che non fai altro che ripetere ossessivamente le stesse tre-quattro parole, ripigliati ché se sento ancora una volta la parola "poltrone" vado a dar fuoco agli artigiani della qualità.
2ter) A questo proposito: in una diretta Facebook di qualche giorno fa ho sentito Annatar dire "è come Poltrone & Sofà, gente che va e gente che viene". Salvini porcoggiuda potevi fare la rima, "Poltrone & Sofà, gente che viene e gente che va", sono le basi, che te le devo insegnare io il tuo mestiere?

3) Oh, ma la piantate di fare tutti 'sti servizi sconsolati su come solo il troppopoco% degli italiani fa sport regolarmente mentre solo il lanimadelcacchio% legge libri e il unavoltaeranodipiù% fa volontariato e il unfottìo% mangia troppo spesso nei fast food? Ma uno che lavora 40 ore o più a settimana, e nel tempo restante deve fare le faccende di casa, occuparsi della famiglia e delle incombenze burocratiche, e se avanza un attimo pure dormire (tipicamente, meno e peggio di quanto il loro corpo avrebbe bisogno), dove dovrebbe trovare il tempo e le energie per fare sport, fare volontariato, leggere, suonare, andare all'opera, cucinare tutto da sé e andare al museo? Diamine conosco studenti di scuola superiore con carichi di studio tali che a un certo punto si sono trovati a dover scegliere se rinunciare allo sport oppure rinunciare al sonno! Invece di fare pubblicità progresso, si inizi a fare in modo che tutti possano vivere dignitosamente con un orario lavorativo di massimo 20-30 ore a settimana, e si potenzino tutti i servizi al cittadino, e vedrete come cambiano quelle percentuali!

4) Renzi è un caso che dovrebbe davvero essere studiato nelle università. Prima porta il proprio partito dal 40% al 15% in due anni; dopo, promette due volte di ritirarsi dalla politica ma non lo fa; poi, con davanti la possibilità di fare un accordo di governo col M5S, vi chiude la porta in faccia senza alcuna ragione plausibile, consegnando il Paese alla Lega; poi, un anno e mezzo dopo, spinge per un accordo col M5S "per salvare il Paese dalla Lega" (oh lince, ma pensarci prima?); quindi, una volta ottenuto questo accordo, appena vede che né lui né i suoi riescono a ottenerne alcuna poltrINCARICO, si stacca dal PD coi suoi; in questo modo, destabilizza il governo che ha contribuito in maniera decisiva a formare, e si pone come potenziale ago della bilancia nella sua sopravvivenza (mossa che, in gergo tecnico, viene definita "Manovra Bertinotti"); infine, a ogni fiato che si muove dalla bocca di qualsivoglia esponente del governo, o lo critica o cerca di prendersene il merito, suscitando il sospetto che stia preparando quella che, in gergo tecnico, si chiama "Manovra Stai Sereno". Quest'uomo è davvero incredibile: non ne azzecca una nemmeno per sbaglio.
4bis) Non avete idea di quanto ho riso quando ho letto Renzi dire che abbandonava il PD perché "si è spostato troppo a sinistra".

Things the right-wing says that would be awesome, if they were true
5) Finché la nostra civiltà non progredirà almeno al punto in cui sia socialmente e legalmente accettabile linciare quelli che in pubblico ascoltano musica ad alto volume dagli speaker del cellulare o da casse bluetooth, non potremo dire di aver davvero superato uno stato di primitività barbarica.
5bis) Seriamente, cos'è 'sta storia? Cos'è questa pestilenza di ragazzetti che girano per strada con zainetti con casse bluetooth da cui esce musica a tutto volume, di gente in treno che ascolta roba come se intorno non ci fosse gente che magari vorrebbe leggere o dormire? Improvvisamente si è persa memoria dell'esistenza delle cuffiette?
5ter) Peraltro, avete mai notato come sembri esserci una correlazione diretta fra la bassa qualità dei gusti musicali di una persona e la sua propensione ad ascoltarla così? Pensateci: avete mai visto scene del genere con persone che ascoltano classica, o jazz, o cantautori italiani, o indie, o elettronica, o hard rock, o pop, o alt-rock? No, è sempre o trap/rap/hip-hop o reggae. Rigorosamente. Come se più ascoltassi musica di merda, più volessi vantartene col mondo.
5quater) Ché poi, dagli altoparlanti del cellulare la qualità audio è talmente infima che ascoltare musica così è come mangiare una carbonara guardandola in foto. Senza basse, senza profondità, senza stereo, con le parti strumentali che si confondono fra loro in tutt'uno indistinguibile, con gli hat della batteria che coprono tutto. Come se più avessi gusti musicali di merda meno ti importasse effettivamente di ascoltarla decentemente.

6) Mi fa piacere vedere sempre più articoli, provenienti anche da economisti, che denunciano le storture del capitalismo moderno e del mondo del lavoro. Certo, neanche una parola di questi articoli giunge nuova, perché noialtri pericolosi rossi le diciamo ininterrottamente da più di un secolo, però fa piacere, dai. Solo, a trent'anni dall'ubriacatura liberista dell'era del duo infernale Thatcher-Reagan, uno "scusate, avevate ragione voi" sarebbe ben accetto. 

7) Non dico che non mi faccia un piacere immenso vedere che stanno iniziando a spuntare ovunque articoli e memini in cui si evidenzia come il proliferare di piattaforme di streaming ad abbonamento in competizione, ognuna delle quali con le proprie esclusive (vedi Disney XD e HBO che ritirano le proprie opere da Netflix per tenerle solo sui propri rispettivi servizi), ognuna col proprio costo mensile, non stia facendo altro che frammentare l'offerta oltre ogni sostenibilità, e quindi spingere sempre più persone di nuovo fra le braccia della pirateria. Il tutto mentre ognuna si troverà con un bacino d'utenza inferiore rispetto ai fasti del periodo d'oro di Netlix. Il tutto mentre le licenze streaming sono sempre più appetibili e quindi più costose, costringendo questi servizi ad alzare i prezzi, quindi alienando ancora di più l'utenza. Dico solo che era una conseguenza di una ovvietà elementare, e non sono certo stato l'unico a prevedere questo risultato nel momento stesso in cui queste ulteriori piattaforme stavano iniziando a nascere, anzi, certamente ci sono arrivato più tardi di quasi tutti. 
7bis) Ora, al contrario del punto precedente, non pretendo uno "scusate avevate ragione voi" (anche se non mi offenderei, eh!), ma almeno piantarla con 'sta favoletta, 'sto dogma liberista del "la concorrenza è sempre positiva"? Dai, su, almeno abbiate la decenza di sostituire "sempre" con "spesso" e di aggiungere in fondo "se opportunamente regolamentata e limitata".

Meb, hai postato cringe.

8) Sapete cosa trovo meraviglioso della recente crociata da parte di alcune "associazioni femministe" e di Maria Elena Boschi contro Squillo, un gioco di carte? Non tanto il fatto che si stiano svegliando nel 2019 per un gioco uscito nel 2012 (avanti così, magari nel 2025 si accorgeranno di Cards Against Humanity). Nemmeno il solito fuoco amico dell'accusare di sessismo un'opera di Immanuel Casto, autore satirico omosessuale e attivista per i diritti LGBT. Nemmeno il fatto che i puritani scatenino crociate contro il mondo ludico degne di Jack Thompson, perché ormai ci sono abituato. E nemmeno il problema di fondo che non sanno quello di cui stanno parlando (come si evidenzia da frasi come "simile al Monopoli"). Bensì, trovo esilarante il fatto che si credano di star facendo battaglie di sinistra.

Si elevano su uno scranno, tirati su da sarcazzo chi, a pontificare con boria su cose di cui non sanno assolutamente nulla. Ammantano ipocriticamente di vapida retorica progressista battaglie censorie animate invece da un conservatorissimo sdegno morale, da un concetto di decoro inculcato da chissà quale maestro di catechismo che si sforzano (con sempre maggior fatica e sempre minor efficacia) di razionalizzare in termini femministi. Pontificano, a un pubblico sempre più ristretto ma che a loro sembra sempre più illuminato e universale, senza rendersi conto di stare dalla stessa parte dei loro odiati nemici, i leghisti, i conservatori, a cui sono accomunati dallo stesso squallore retorico e da buona parte dei contenuti: la parte sbagliata della Storia.