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24 gen 2018

[Rant] Panico pre-elettorale, l'indecisione del pugno chiuso

AVVERTENZA: questo non è un articolo "serio" con pretesa di universalità. È lo sfogo di una persona fortemente di sinistra già stressata dalla prospettiva di dover scegliere dove schierarsi.

Forse questo è il nostro destino. La frammentazione, il distinguo continuo. Perché laddove l'ideale è più complesso di "minchia la patria abbasso gli stranieri abbasso i gay", il pragmatismo passa un po' il secondo piano. La certezza della propria posizione e del metodo con cui la si è costruita (
il lavoro di pialla issue per issue sull'architettura delle proprie idee politiche per edificare una filosofia il più possibile onnicomprensiva) diventa una ragione di vita tanto quanto il dubbio su quella altrui, il gioco a chi è più puro e intelligente. E chi, come me, cerca di avvicinarsi non solo alla militanza "elettorale" ma anche a quella attiva (dopo anni di un'accidia francamente vergognosa per chi tanto orgogliosamente si professa rivoluzionario), fa una fatica boia a capire chi rappresenti al meglio le proprie posizioni.

Il mio cuore e la mia ragione mi spingono, oggi, in questo clusterfuck indistricabile che sono le elezioni politiche 2018, verso due possibili liste: il Partito Comunista e Potere al Popolo. Ma di nessuna delle due sono davvero convinto.

Il PC, per via delle sue posizioni radicalmente antieuropeiste; per via delle occasionali uscite da tankie del segretario Rizzo (va bene Lenin, ma arrivare a difendere a spada tratta pure Stalin e Corea del Nord anche no, dai...); per via di certe uscite di supporto incondizionato ai palestinesi contro gli israeliani, ché sì, certo, è ovvio che si sostengano i comunisti palestinesi, ma per chiunque abbia studiato la storia di quel conflitto pretendere di trovarci un "buono" è un "cattivo" è semplicemente irricevibile (per non dire da imbecilli); per via del passato da "politico navigato" di Rizzo, che, la Prima Repubblica ci insegna, può essere tanto un pregio quanto un rischio; per via di una intransigenza che, in una democrazia parlamentare, rischia di essere suicida sul breve termine.

PaP, per via della sua retorica  I D E N T I C A  a quella del M5S delle origini; per via del suo richiamo continuo a una democraticità diretta e dal basso che, per quanto nobile, si scontra col problema che "la gente" spesso non capisce un cazzo («very few people have any idea what they're talking about», direbbe John Cleese); per via delle sue occasionali uscite vicine a quelle del neofemminismo americano più becero (tipo il recente essere cascati come pere nella bufala del gender wage gap "sessista" al 23%, smontata almeno dagli anni '00); per via delle sue origini nell'antagonismo anarchico, che per come la vedo io sta alla politica seria e "adulta" come Kurt Cobain sta ai virtuosismi di chitarra; per via di sparate come quella di abolire il 41bis; per via di una intransigenza e di un'arroganza che una lista appena nata non può permettersi e che, in una democrazia parlamentare, rischiano di essere suicide sul breve termine.

Entrambi, poi, condividono la generale tendenza a a predicare ai convertiti, ovvero un'incapacità di generare consenso (necessario tanto per la politica istituzionale che per la rivoluzione) in chi non sia già nella loro area politica.

Eppure, l'anticapitalismo radicale del PC e il suo sforzo per una vera coordinazione internazionale fra i comunisti sono ciò di cui abbiamo bisogno come il pane, e un partito ben oliato, con una direzione salda e una solida preparazione teorica dei quadri, garantisce efficienza e coerenza. Eppure, il programma di PaP è comprensivo e praticabile, ha il supporto di molte sigle dell'area (PCI e Risorgimento Socialista in primis), e il loro nascere veramente dal basso garantisce una presenza capillare sul territorio e una "concretezza della lotta" di cui c'è bisogno.

Facciamo che votare tutti Sargeras per la distruzione dell'universo e va' là che va bene?
 E se volessi tirarmi fuori da questa scelta? Tanto difficilmente uno di questi due partiti raggiungerà la soglia di sbarramento, quindi in ogni caso saranno voti sprecati (se vogliamo cedere all'infame retorica del voto utile). Cos'altro mi resta?

I radicali della Bonino? Per carità, tanta stima e tanto supporto per le loro battaglie per i diritti e per il loro realismo, ma a parte la loro storia di sostegno a politiche di massacro sociale ed intervento militare all'estero, si son già belli che apparentati al PD, dai, i dieci voti in croce che prenderanno finiranno a Renzi e Bonino sarà relegata per l'ennesima volta all'irrilevanza! Non è che l'europeismo basti per farmi ignorare l'apparentamento ai centristi...

Liberi e Uguali? Forse è il miglior compromesso fra idealismo e pragmatismo, ma posso fidarmi di cariatidi informi come D'Alema e di liberalizzatori come Bersani? Posso fidarmi che il loro "socialismo moderato" (forse troppo, in un'epoca in cui cambiamento climatico e automazione del lavoro stanno per arrivarci in faccia come un treno) non diventi di nuovo un supporto al PD? Posso vedere in loro un programma organico e serio, oltre a sparate lodevoli ma inattuabili come quella delle tasse universitarie?

Il Movimento 5 Stelle? Fra i Tre Grandi che possono realisticamente contendersi la vittoria mi stanno sembrando quelli più seri e coi piedi per terra  (il che è tutto un dire!), e indubbiamente sono quelli più vicini alle mie idee (sì, lo so che qualcuno li considera "estrema destra", ma quelle persone, oggettivamente, si sbagliano). Sono il più grande e più forte argine alle destre. Ma hanno ampiamente dimostrato la loro inaffidabilità, la loro incoerenza e incompetenza, occasionali uscite sovraniste, il loro cadere in retoriche e ragionamenti da asilo nido che spesso li rendono indistinguibili da PD e Lega, la loro reticenza ad assumere posizioni nette per paura di alienarsi degli elettori, e la loro schifosa propaganda social che stuzzica fasce dell'elettorato che andrebbero rialfabetizzate, non fomentate. Per non parlare delle loro nebbiose dinamiche interne, e del loro substrato putrido di complottisti, populisti, analfabeti funzionali e pure qualche fascista.

Insomma, il senso di questo post credo si possa riassumere con queste parole.



23 gen 2018

[Recensione] Happiness


Una liceale innamorata del proprio professore. Un ragazzo vittima di bullismo che pensa al suicidio. Una ragazza dalle condizioni famigliari disastrose che cerca un rifugio nel satanismo. Una ragazza con disturbi mentali che fugge da casa e viene ingannata e abusata. Un hikikomori ossessionato dall'aspetto che aveva la sua cugina da bambina. Questi e altri sono i soggetti delle otto storie brevi che costituiscono questo volume unico di Usamaru Furuya dal titolo ESTREMAMENTE fuorviante.
Un paragone che mi è venuto in mente leggendo questo manga è quello col naturalismo francese, in particolare quello di Zola, per via dell'attenzione che viene data a vari tipi di "alienati sociali", ovvero agli strati più bassi, squallidi e dimenticati della società, alle circostanze socio-psicologiche dietro ai problemi che affliggono i personaggi. Non c'è una particolare complessità e profondità psicologica (in storie così brevi non ce n'è fisicamente lo spazio, a meno che tu non sia Yukio Mishima), ma Furuya riesce comunque a dipingere un quadro abbastanza completo dei suoi protagonisti con pochi tratti e poche parole (i picchi più alti, in questo senso, sono le storie Happiness, La canzone del diavolo e Una stanza di nuvole), almeno quanto basta a farli funzionare bene nell'ambito della loro storia e a far loro avere un impatto sorprendentemente duraturo. È difficile non provare compassione per la povera Yama-chan, non commuoversi per la backstory di Mika, non sentirsi disgustati ma al tempo stesso commossi da Atsushi ecc.


Underground Doll
Le storie sono molto crude e adulte pur nella loro relativa semplicità e linearità, ma ognuna è trattata con una delicatezza molto evocativa e molto efficace nel trasmettere il significato desiderato, senza mai scadere nello squallore fine a sé stesso (nonostante la presenza di scene di nudo e persino di stupro!). I finali, pur evitando come la peste di avere un "happy ending" (il massimo che si può sperare è un finale dolceamaro, con una sola eccezione), non cercano la lacrima facile o di commuovere a tutti i costi, quanto di essere disturbanti, cupi, di far pensare, di catturare delle situazioni e dei personaggi tragici e di trasmettere con essi un'intensità emotiva costante e mai forzata.

Il disegno di Furuya, in questo senso, fa molto per
Lolita 7
ottenere questo effetto, soprattutto il suo character design: abbastanza vario da rendere ogni personaggio ben riconoscibile, e abbastanza dettagliato da trasmetterne efficacemente la personalità, soprattutto nelle straordinarie espressioni facciali nei primi piani. Similmente, la cura delle location e degli sfondi riesce a catturare la giusta sensazione di decadenza, di sporcizia, di miseria. In particolare mi sento di lodare La stanza di nuvole (per la regia e per il pregnante simbolismo di una scena) e La canzone del diavolo (per una scena molto disturbante con un design che sembra dover molto al Devilman di Gō Nagai). Tuttavia, a volte alcune scene non riescono a non sembrarmi un po' confuse, come se affrettate.

In generale, comunque, come collezione di storie drammatiche che danno spazio ai dannati, agli "strani", a vari tipi di emarginati dalla società, funziona bene. Non lo definirei un capolavoro assoluto, ma in una discussione sulla natura artistica del manga, ovvero se il manga come medium abbia il potenziale di raggiungere lo stato di "arte elevata", è un titolo che tirerei in ballo. Ma che sia chiaro, non è una lettura "leggera": è un fumetto col Sigillo di Approvazione di Mariottide, quindi non prendetelo in mano a meno che non abbiate voglia di qualcosa di più cupo e più adulto nei temi trattati, un po' più vicino a quelli che potrebbero essere racconti naturalisti o persino sosekiani/mishimiani. Ma merita, e parecchio.

In Italia è edito da GOEN Edizioni nella collana ULTRA GO!.