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23 gen 2018

[Recensione] Happiness


Una liceale innamorata del proprio professore. Un ragazzo vittima di bullismo che pensa al suicidio. Una ragazza dalle condizioni famigliari disastrose che cerca un rifugio nel satanismo. Una ragazza con disturbi mentali che fugge da casa e viene ingannata e abusata. Un hikikomori ossessionato dall'aspetto che aveva la sua cugina da bambina. Questi e altri sono i soggetti delle otto storie brevi che costituiscono questo volume unico di Usamaru Furuya dal titolo ESTREMAMENTE fuorviante.
Un paragone che mi è venuto in mente leggendo questo manga è quello col naturalismo francese, in particolare quello di Zola, per via dell'attenzione che viene data a vari tipi di "alienati sociali", ovvero agli strati più bassi, squallidi e dimenticati della società, alle circostanze socio-psicologiche dietro ai problemi che affliggono i personaggi. Non c'è una particolare complessità e profondità psicologica (in storie così brevi non ce n'è fisicamente lo spazio, a meno che tu non sia Yukio Mishima), ma Furuya riesce comunque a dipingere un quadro abbastanza completo dei suoi protagonisti con pochi tratti e poche parole (i picchi più alti, in questo senso, sono le storie Happiness, La canzone del diavolo e Una stanza di nuvole), almeno quanto basta a farli funzionare bene nell'ambito della loro storia e a far loro avere un impatto sorprendentemente duraturo. È difficile non provare compassione per la povera Yama-chan, non commuoversi per la backstory di Mika, non sentirsi disgustati ma al tempo stesso commossi da Atsushi ecc.


Underground Doll
Le storie sono molto crude e adulte pur nella loro relativa semplicità e linearità, ma ognuna è trattata con una delicatezza molto evocativa e molto efficace nel trasmettere il significato desiderato, senza mai scadere nello squallore fine a sé stesso (nonostante la presenza di scene di nudo e persino di stupro!). I finali, pur evitando come la peste di avere un "happy ending" (il massimo che si può sperare è un finale dolceamaro, con una sola eccezione), non cercano la lacrima facile o di commuovere a tutti i costi, quanto di essere disturbanti, cupi, di far pensare, di catturare delle situazioni e dei personaggi tragici e di trasmettere con essi un'intensità emotiva costante e mai forzata.

Il disegno di Furuya, in questo senso, fa molto per
Lolita 7
ottenere questo effetto, soprattutto il suo character design: abbastanza vario da rendere ogni personaggio ben riconoscibile, e abbastanza dettagliato da trasmetterne efficacemente la personalità, soprattutto nelle straordinarie espressioni facciali nei primi piani. Similmente, la cura delle location e degli sfondi riesce a catturare la giusta sensazione di decadenza, di sporcizia, di miseria. In particolare mi sento di lodare La stanza di nuvole (per la regia e per il pregnante simbolismo di una scena) e La canzone del diavolo (per una scena molto disturbante con un design che sembra dover molto al Devilman di Gō Nagai). Tuttavia, a volte alcune scene non riescono a non sembrarmi un po' confuse, come se affrettate.

In generale, comunque, come collezione di storie drammatiche che danno spazio ai dannati, agli "strani", a vari tipi di emarginati dalla società, funziona bene. Non lo definirei un capolavoro assoluto, ma in una discussione sulla natura artistica del manga, ovvero se il manga come medium abbia il potenziale di raggiungere lo stato di "arte elevata", è un titolo che tirerei in ballo. Ma che sia chiaro, non è una lettura "leggera": è un fumetto col Sigillo di Approvazione di Mariottide, quindi non prendetelo in mano a meno che non abbiate voglia di qualcosa di più cupo e più adulto nei temi trattati, un po' più vicino a quelli che potrebbero essere racconti naturalisti o persino sosekiani/mishimiani. Ma merita, e parecchio.

In Italia è edito da GOEN Edizioni nella collana ULTRA GO!.

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