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9 dic 2019

[Rant] La politica con la P maiuscola - Due pensieri sul fenomeno ittico del momento

Dato che questo è il mio blog personale, vorrei scrivere un paio di pensieri in libertà (ovviamente non richiesti) riguardo il fenomeno politico del momento: le cosiddette Sardine. Sapete cosa mi ricordano, le Sardine? I girotondi antiberlusconiani dei primi anni '00.


Comincerei dal fatto che questo logo e questo slogan sono parecchio cringe.

Ora, non capitemi male. Ho supportato quei movimenti, ne ho fatto parte, li ho reputati e li reputo un segnale positivo, perché la mobilitazione e la coscienza politica sono sempre meglio dell'apatia, della rassegnazione, del buongiornismo da social. Ma (e questa è un'ingenuità che io stesso ho commesso per molti anni) confondono la mobilitazione anti-personalistica, l'opposizione a una singola persona, per un'identità politica coerente.
Due parole: Popolo Viola. Vi dice qualcosa? Niente? Appunto.

Si definiscono (le Sardine) un movimento apolitico, apartitico, aprogrammatico, senza rendersi conto che questa è una debolezza, non un punto di forza. Allontanano qualsiasi bandiera come se fosse una cosa sporca, sventolando invece generici valori come solidarietà, fratellanza, "stare insieme", "siamo contro l'odio", "siamo contro l'incultura", bambini buoni sentimenti felici e contenti. Ma in realtà…

Candy è un gr in realtà poi scopri che alcuni dei loro promotori sono iscritti al PD; ne vedi un leader (a Modena) aprire un evento di campagna elettorale del PD; vedi bandiere dell'Unione Europea; vedi il PD che cerca in ogni modo e maniera di agganciarvisi; e soprattutto, vedi altri loro leader affermare convintamente idee reazionarie che confondono la "politica con la P maiuscola" con il burionismo centrista becero, la democrazia rappresentativa con la tecnocrazia,  l'importanza della buona politica con la sua sottomissione al dominio di finanza e capitale (mentre nelle loro piazze fanno sentire Gaber, quello che diceva "libertà è partecipazione", e John Lennon, un hippy anarchico).

Già, perché, come ho già avuto modo di dire: l'apolitica, esattamente come la post-ideologia, non esiste. Essa nasconde o la mancanza totale di idee diverse da quelle dello zeitgeist dominante, o la vergogna di ammettere quale idea si ha.
 
Consapevolmente o meno, per ingenuità o per eccesso d'ottimismo, questo curioso fenomeno ittico-memetico non fa nulla per mettere i bastoni fra le ruote a un centrodestra sempre più orrendo eppure sempre più maggioritario. Non fa nulla per eroderne il consenso là dove è più forte (anzi, ignora se non ridicolizza le problematiche sociali reali che lo alimentano), o per attaccarlo là dove è debole (incoerenza, complicità con le leggi e manovre che oggi critica, subordinazione a capitali sia stranieri che non, corruzione, accordo delle proprie dichiarazioni sul sentimento dominante come emerge dagli algoritmi della Bestia, marketing).

Gli antiberlusconiani si sono estinti prima di Berlusconi.

Anzi: polarizza ancora di più il dibattito politico, trasformandolo in guerra culturale fra due gruppi sociali che sembrano sforzarsi strenuamente per assomigliare il più possibile agli archetipi caricaturali ridicolizzati dal gruppo opposto, demonizzanti l'un l'altro al punto tale che ognuno sarebbe disposto a votare letteralmente Dracula pur di non darla vinta al nemico. Abbiamo già visto questo copione: prima con Berlusconi, poi con Trump.

I "radical chic buonisti" da una parte, che sempre più tenderanno a gravitare verso il PD in funzione antisalviniana, e dall'altra gli "analfabeti funzionali razzisti", che sempre più tenderanno a gravitare verso la Lega o FdI in funzione antisinistra. Una polarizzazione verso due partiti le cui politiche economiche, a parte la battaglia identitaria per Quota 100, sono sostanzialmente identiche. Un movimento che, temo, finirà più col ricostituire il bipolarismo della Seconda Repubblica, depotenziando il M5S e i vari partiti minori, piuttosto che coll'arginare Annatar.

Cringe. So much cringe.
A proposito di Seconda Repubblica. Vi ricordate i movimenti antiberlusconiani di cui sopra? I Girotondi si costituirono nel 2002. In carica c'era il Berlusconi II, che durò incontrastato fino al 2006. Nel 2008 le elezioni riconsegnarono il Paese al Berlusconi IV, che fu fatto fuori solo grazie alle ingerenze del Sacro Spread e de (ノ ゚ー゚)ノI M E R C A T Iヽ(゚ー゚ヽ). Nel 2012 il governo Renzi consegnò a un Berlusconi già condannato in via definitiva un ruolo in maggioranza e addirittura la possibilità di riscrivere la Costituzione. Oggi, il suo cadavere in ormai avanzata decomposizione è ancora lì, a concorrere e tuonare contro sempre più improbabili dittature comuniste e complotti giudiziari. Insomma: gli antiberlusconiani si sono estinti prima di Berlusconi.

Quindi, care Sardine, tiratela davvero fuori, questa politica con la P maiuscola. Reclamate lo spazio decisionale del potere popolare, la sua supremazia rispetto alla finanza e agli indicatori economici, la sua capacità di determinare davvero un cambio di prospettiva che permetta di conciliare benessere diffuso ed ecologia. Perché "politica con la P maiuscola" non è pretendere che i politici non dicano le parolacce, e nemmeno gravitare intorno ai supremi garanti dello status quo; perché se l'uomo forte, invece di essere un omone tracotante che mangia Nutella e dal balcone di Facebook manda i buongiornissimokaffè, è una signora distinta in giacca e cravatta con due lauree e tre master, sempre uomo forte è.

O invece di bloccare e contrastare Annatar non farete altro che concentrare, nella percezione dei salviniani, tutta l'opposizione al suo dominio mediatico nell'unico contenitore ideologico al mondo in grado di risultare più indigeribile di lui.

La Politica con la P maiuscola è quella che reclama la sua supremazia rispetto a finanza e indicatori economici.

Sì, lo so, l'entusiasmo della prima ora, l'oggettiva bellezza del vedere così tante persone organizzarsi e mobilitarsi spontaneamente e scendere in piazza per contrastare l'ondata reazionaria, ecc. ecc. Ma per chi di voi tracima di ottimismo nei confronti delle Sardine, ho solo due parole: Popolo Viola

Vi dice qualcosa? Niente? Appunto.

15 nov 2019

[Recensione] Velvet Buzzsaw - Commedia horror?



Il mondo dell'arte moderna di Los Angeles, fra galleristi senza scrupoli, arrivisti, e critici in grado di determinare il destino di un autore con un singolo articolo, è sconvolto dalla scoperta di un artista mai sentito prima, Dease, i cui quadri visionari e cupi fanno immediatamente presa su chiunque li veda. Mentre vari personaggi strategizzano per spartirsi quando più possibile la gloria e la ricchezza di questo artista defunto, che aveva espressamente richiesto che i suoi dipinti venissero distrutti, non ci vuole molto perché l'arte sembri prendersi la sua vendetta, e perché il potere oscuro e viscerale nelle opere di Diese si tramuti in mortale.

Questa curiosa premessa dal discreto potenziale è una pianta da cui possono sbocciare uno di due fiori: o terrore vero, oppure ilarità imbarazzata. Un rischio, del resto, comune a molti film del genere. Velvet Buzzsaw, nella sua ambientazione viscida e altolocata, sembra promettere di mettere il potere misterioso dell'arte, quella più vera, quella che nasce dai più profondi e inconfessabili turbinìi emotivi, nella stessa compagnia di cui fanno parte gli yūrei e le possessioni demoniache.


Ordunque, bando agli indugi: Velvet Buzzsaw, come film horror, è bruttino. Appartiene a quella categoria di horror in cui tutti i personaggi sono delle merde insopportabili e lo spettatore non vede l'ora che inizino a morire, pronto ad elevare cartelloni e cori da stadio in onore dell'assassino. Se l'atmosfera inquietante viene creata abilmente, all'inizio, e alcune morti sono certo estremamente creative, la prima uccisione viene sprecata su una scena talmente eccessiva e malfatta da risultare ridicola, e da lì in poi la ripetitività dei setup è tale che qualunque tensione muore molto prima della vittima di turno. Praticamente tutto quello che c'è da sapere sulla storia viene rivelato nel trailer, e il finale si rifiuta di dare qualunque chiusura ad una trama tanto interessante nella sua premessa quanto banale e insipida nella sua esecuzione.

Salvezza della narrazione sono i personaggi, abbastanza ben recitati (Jake Gyllenhaal e John Malkovich funzionano sempre), ben definiti nella loro caratterizzazione (per quanto sia spesso una caratterizzazione da immonde e irredimibili teste di cazzo) e ben strutturati nei loro rispettivi archi e conflitti, da dare allo spettatore un'ancora più che sufficiente per volersi interessare al film.

Ma vorrei spingervi a un piccolo cambio di prospettiva. E se, invece di considerarlo un horror, lo considerassimo una commedia? 

Non vi viene già voglia di strozzarli? <3
L'autore (Dan Gilrow) sembra avere tutta l'intenzione di mostrare il mondo dell'arte moderna come un covo di squali e vipere in cui a dominare sono speculazioni, strategie al limite della legalità e tattiche da piazzista piuttosto che vero amore per la libera espressione dell'ingegno umano, e non manca occasione di ridicolizzare i personaggi che vi strisciano alla ricerca della prossima preda da pugnalare alle spalle. Esilarante, in questo senso, una scena in cui Jon Dondon entra nello studio di un famoso artista in crisi (Malkovich) e definisce, ammirato, "opera interessantissima" letteralmente dei sacchi di spazzatura che erano stati dimenticati lì.



Ad uccidere non sono mai direttamente i quadri di Dease, ma altre opere d'arte presenti sulla scena, spesso opere che la vittima ha deprecato o cercato di mungere.
Sembra che la vendetta di Dease non colpisca indiscriminatamente, come un Jason Vorhees qualsiasi, ma solo chi cerca di speculare sull'arte, abbassandola così ad articolo per ricchi collezionisti borghesi, deprecando o sminuendo invece "l'arte per l'arte". Da anticapitalista con un marcatissimo disprezzo per il mondo della mercificazione dell'arte, non posso che apprezzare questo aspetto.

Quindi invito anche voi a vederlo così. Non come un horror che vi faccia stringere i braccioli della poltrona, ma come una dark comedy sulle vipere infami che strisciano in un mondo che dovrebbe essere quello della più alta espressione dell'intelligenza e della sensibilità umane. Principalmente perché, visto con questi occhi, è un film niente male. Forse non avrete gli incubi, ma almeno godrete nel vedere quelle serpi schiacciate come meritano.

E poi forse noterete l'immensa ironia insita nel provare questi sentimenti mentre date soldi a Netflix.

7 nov 2019

[Recensione/Rant] Joker - Una proposta di analisi di classe

Andiamo a comandare

Lo ammetto: non sono un fan del mondo dei supereroi. Non amo come la continuity di questi macrouniversi continui a venire riscritta e rebootata al punto che nessuno dei personaggi ha davvero un'identità e una storia definite; non amo l'uso eccessivo di universi alternativi e resurrezioni e intrighi spaziotempodimensionali; non amo il tipo di supereroe che, forte di superpoteri spesso acquisiti per nascita o per fortuna o tramite a portafogli senza fondo, si erge solo apparentemente al di sopra della legge, punendo la criminalità comune o supercattivi senza mai mettere in discussione lo status quo dietro ad essi (vedi Tony Stark, che essendo mercante d'armi dovrebbe essere il primo ad essere steso da un supereroe-vigilante); è un mondo che ho sempre faticato a prendere sul serio.

Eppure, mantengo una certa simpatia verso alcuni di questi franchise. Uno è Spiderman. Un altro è The Punisher, anti-eroe violento e pragmatico che a mio avviso meglio incarna il tipo di psicopatia e di metodi che realisticamente userebbe uno che voglia ergersi a vigilante anticrimine. Poi c'è PK, perché OVVIAMENTE. Infine, Batman.

Con Batman però il mio rapporto è strano. Ne ho visti i film, sia la serie animata classica che quella ambientata nel futuro, ho giocato a quasi tutti gli (eccellenti) giochi della serie Arkham, è il lore che conosco meglio. Io però detesto Batman. Detesto la sua falsa moralità, con cui adotta metodi da polizia segreta nascondendosi dietro il "non uccidere mai nessuno" (in una città talmente lurida, corrotta e irredimibile che, se davvero vuoi salvare la vita alle persone Joker dovresti strozzarlo alla prima bomba). Lo considero un sociopatico che agisce esclusivamente per placare il suo trauma personale, e infatti ignora i crimini dei colletti bianchi o della polizia corrotta o dell'imprenditoria spregiudicata (di cui del resto fa parte), di fatto diventando un'incarnazione della power fantasy della borghesia americana benpensante, un Cavaliere dello Status Quo. Ma adoro i suoi nemici, e adoro la dinamica fra lui e il Joker che, soprattutto nelle incarnazioni di Hamill e Ledger, ne evidenzia e ridicolizza l'ipocrisia e lo costringe continuamente a mettersi in discussione.


Vesti la giubba e la faccia infarina.
La gente paga, e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio... e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor...
Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!
Ridi del duol che t'avvelena il cor!

Ecco, Joker è il film che guarda a Gotham e alla famiglia Wayne dalla stessa prospettiva mia. Non è un film per puristi, perché si distacca moltissimo dalla tradizione dell'universo Batman; ma come dicevo, nel mondo dei supereroi parlare di continuity e fedeltà all'originale (quale delle settemilaquattrocentosessantanove incarnazioni delle stesse storie? Ah, pardon, intanto che scrivevo sono diventate settemilaquattrocentosettanta) è come parlare di verginità nella carriera di una pornostar specializzata in gangbang sadomaso.

E in questo senso, prendendolo cioè come film a sé stante, l'ho trovato sorprendentemente intenso e stimolante. Ritrae con maestria la discesa di un uomo nella pazzìa, man mano che i suoi punti fissi, le sue reti di supporto, le sue speranze lo tradiscono e gli cadono intorno una ad una. Arthur Fleck (questo il nome qui dato al futuro Joker, magistralmente interpretato da un Joaquin Phoenix colossale) non è un uomo inerentemente malvagio: è piagato da un disturbo mentale che gli causa improvvisi e incontrollabili attacchi di riso, e da una storia di povertà, isolamento e abuso che lo rendono instabile e socialmente inetto, ed è per questo emarginato, manipolato e bistrattato tanto dalle persone vicine a lui quanto, in generale, dalla società.

Impiegato come clown sotto agenzia, sogna di diventare un comico da stand-up (la madre, come giustificazione per la sua risata isterica, gli diceva che era destinato a portare gioia nel mondo), ma dopo una serie di aggressioni e delusioni trova l'ilarità che ha sempre voluto ispirare nel caos e nella vendetta.

Ma, ovviamente, c'è di più, o non ne starei parlando in un articolo con questo sottotitolo. Sotto questo studio psicologico intimamente personale, si muovono correnti tematiche che aspirano a dire qualcosa di più.

Da qui in avanti, SUPER MEGA SPOILERS

La trama nasce nel contesto di una Gotham lurida (significativa la metropolitana, piena di graffiti e illuminata da lampade difettose e sfarfallanti), povera, ineguale a un livello che sembrerebbe quasi parodistico se non fosse perfettamente rappresentativa di molte città americane, sconvolta da scontri sociali, scioperi, delinquenza giovanile, tagli alla sanità e ai servizi sociali (un clima che rimanda al periodo Reagan). Questo contesto è presentato solo con accenni e spunti, e non è né motore né movente della trasformazione del protagonista; ne è, piuttosto, sfondo e concausa, nel senso che Fleck ne è influenzato e coinvolto come il resto della cittadinanza: quando il comune chiude il centro di supporto psicologico, Arthur perde non solo la sua unica valvola di sfogo ma anche la sua unica possibilità di accesso agli psicofarmaci che lo aiutavano a mantenere una stabilità.

Queste sottocorrenti si muovono con dinamiche sorprendentemente realistiche. L'esempio principe si svolge quando i tre impiegati di Thomas Wayne vengono uccisi in metropolitana, e la classe borghese e i suoi media reagiscono subito in modo vittimistico: li definiscono innocenti, bravi ragazzi gentili ed educati barbaramente uccisi da un pazzo assassino (mentre noi spettatori sappiamo che in realtà essi avevano molestato una ragazza su quello stesso treno e si erano accaniti su Arthur pestandolo senza alcun motivo); cercano di dare un colore politico a un fatto di criminalità comune (che, peraltro, un buon avvocato sarebbe facilmente riuscito a far derubricare a legittima difesa) per mettere in cattiva luce le proteste del proletariato urbano, cercano arbitrariamente di fondere quegli omicidi con l'ondata di odio di classe che sta percorrendo Gotham. Il commento sulla vicenda del ricchissimo industriale (e candidato sindaco) Thomas Wayne, in particolare, equipara l'omicida a tutti quei poveri che provano risentimento verso i super-ricchi, e li definisce "clown invidiosi della gente che nella vita ha prodotto qualcosa".

Insomma: nel momento in cui la vittima di uno delle decine di omicidi che certamente si verificano continuamente a Gotham è un uomo in giacca e cravatta proveniente dall'ambiente della borsa, l'apparato dello status quo se ne sente minacciato e reagisce ridicolizzando e paternalizzando intere fasce della popolazione. Questa reazione classista, più del fatto di cronaca in sé, genera la rabbia, la rivolta, l'identificazione popolare con la figura del clown.

"Se al posto loro ci fossi stato io, morto sul marciapiede, mi avreste camminato sopra."

Un discorso simile si ha quando i manifestanti aggrediscono due poliziotti in metropolitana, e i media raccontano con dovizia di moraleggiamenti l'accaduto dimenticando sistematicamente di divulgare come fossero stati proprio i due poliziotti i primi ad estrarre la pistola in una carrozza affollata e ad aprire il fuoco su un civile (nemmeno una parola, una sola parola, sul manifestante ucciso).

Ancora più tagliente si fa la sottotrama di Murray Franklin, comico e presentatore di uno dei tanti, insipidi late show tutti uguali di cui la la classe media liberal-progressista ama riempirsi petto e narici. Murray, inizialmente, è l'idolo comico di Arthur, che immagina in lui un surrogato di figura paterna; ma quando durante il suo primo, fallimentare spettacolo Arthur ha un attacco di riso, Murray, professionista di lunga fama e riconosciuto talento che siede da anni su un potentissimo scranno mediatico, non ci pensa due volte a pubblicarne il video e a insultarlo, a mettere in ridicolo davanti a milioni di persone non un potente, come sarebbe il ruolo di un satiro, ma un comico dilettante e malato di mente alla sua primissima esibizione in un piccolo bar dei bassifondi. Quasi come alcune personalità facebookiane moderne, com'è che si chiamano? Mister Disintegrare? Borioni? Non ricordo...

Di fronte a tutto questo, i gesti eclatanti di un uomo matto e disperato, che più di ogni altra cosa cerca aiuto e calore umano, che si impegnava con tutte le sue forze nel cercare la realizzazione tanto promessa dal sogno americano, assumono ai nostri occhi di pubblico il carattere del "you get what you fucking deserve"; e agli occhi di una massa (quella dei "clown" di Gotham) composta in chissà quanta parte da persone in condizioni simili alle sue, gesti che tutto hanno di personale e nulla hanno di politico assumono un carattere rivoluzionario. Solo in seguito il protagonista, nella sua nuova persona che abbraccia il disturbo mentale e la maschera da pagliaccio, trova (o forse solo immagina?) il riconoscimento e l'ammirazione che ha sempre cercato. 

In questo contesto, i genitori del piccolo Bruce Wayne sono cortigiani aristocratici che cadono, innocenti ma solo fino a un certo punto, sotto la ghigliottina cieca della rabbia robespierriana, mentre il futuro Batman, in una sequenza che sembra un diretto omaggio al film di Tim Burton, figlio dello status quo, beneficiante dello status quo, trova la scintilla che lo porterà ad ergersi a salvaguardia restauratrice dello status quo.

A questo link un interessantissimo articolo di leftvoice.org

Joker non giustifica né incoraggia la violenza di piazza. Il fatto che certi critici e certi incravattati abbiano voluto interpretarlo in questo modo dice moltissimo, e mi ricordano un po' proprio un Thomas Wayne che invece di dire "clown invidiosi" dice "incels, racists and angry white men". Però, spinge a vedere il mondo attraverso gli occhi di un reietto fra i reietti, invece che attraverso quelli di un supereroe. Una volta depositato il crudo orrore dell'atto violento, lascia quel retrogusto agrodolce, quel sapore particolare che prova chi, pur contrariamente alla propria stessa morale e alle regole sociali che sente di voler difendere, si sorprende a pensare che, forse, sotto sotto, almeno un pochino, "they got what they fucking deserved".

Ma non è nemmeno un film rivoluzionario, che invita all'azione di massa tramite una sistematica critica anticapitalista o che suggerisca una randomica rivolta furibonda come soluzione giusta e praticabile. Il fatto che Todd Philips insista così tanto sul fatto che non tutto ciò che vediamo possa essere reale 1 sembra quasi un modo per distanziarsi, per nascondere qualunque possibilità di presa di posizione politica dietro un gigantesco disclaimer paraculo. Joker è una storia innanzitutto personale e psicologica in cui lo sfondo, il filone narrativo secondario di satira del mondo neoliberista, assume semmai un carattere di avvertimento. La Storia ci insegna che, quando le tensioni sociali montano e la massa non-possidente acquisisce la netta sensazione di non avere alcuna prospettiva di futuro, basta una scintilla, un fatto di cronaca, un incidente, un leader-per-caso particolarmente sociopatico, un "che mangino brioche", un "siete ancora oggi come sempre dei poveri comunisti", perché inizino a cadere teste; e la situazione attuale, soprattutto negli USA, non è poi molto diversa da quella di Gotham. 

Quindi forse dovrebbero essere grati che la protesta, nei Paesi occidentali, si sia concretizzata solo in voti a forze finto-sovraniste che hanno a malapena incasinato un po' il debito pubblico, invece che nell'erezione di ghigliottine nelle piazze.

1 Todd Philips ama giocare sulle ambiguità del film, sullo status di unreliable narrator del protagonista e sulla tradizione del Joker come un personaggio che ama reinventarsi la propria storia ogni volta che la racconta, per lasciare aperta la possibilità che non tutto ciò che vediamo nel film sia successo veramente (forse Arthur Fleck si è inventato tutto mentre si trova nell'ospedale psichiatrico, o magari è stato ispiratore di o ispirato a il Joker "vero" mentre lui è solo un cittadino qualsiasi che mai avrà a che fare col Batman).

Ma io scelgo di ignorare e non dare alcuna importanza a questo aspetto. Per tre motivi: in primis, perché l'idea che sia "tutto un sogno" renderebbe l'intero film completamente inutile; in secundis, perché i messaggi e i temi che rendono l'opera interessante sono nella storia che vediamo, che questa si svolga o meno interamente nella testa del suo protagonista è del tutto irrilevante a questo fine; in tertiis perché, come già ebbi modo di scrivere in un'altra occasione, ritengo che un'eccessiva ambiguità e un'eccessiva libertà di interpretazione di un'opera d'arte facciano sì che essa acquisti un senso solo nella testa del fruitore, e quindi non ne abbia alcuno di per sé (ovvero che sia un'opera, appunto, insignificante)

3 nov 2019

[Angolo del Muguno] A.d.M. 9 - Odio furibondo e irreprimibile

Bentornati all'Angolo del Mugugno.

Avete presente quando vi alzate al mattino alle 6:00 per andare a lavoro? Più addormentati che consci, vivete l'abbandonare il cuscino e le coperte come un lutto, e vi trascinate al tavolo della colazione con la coscienza ancora nella prima delle cinque fasi di elaborazione, il diniego. Poi, mentre mangiate, subentra la seconda fase, la rabbia, e insieme a quei cereali mattutini che una volta amavate ma che ogni giorno diventano più insapori, masticate un odio furibondo e irreprimibile verso ogni singolo atomo del creato? Eppure cercate di darvi una parvenza di dignità, guardando il TG fra una cucchiaiata e l'altra, pensando varie creative forme di accidenti e imprecazioni contro quello che sentite e leggete? Ecco, questa rubrica è la raccolta di quei pensieri lì.
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1) Oh, ma la piantate di chiamare questo nuovo governo "giallorosso"? Dove lo vedete il rosso? Il PD è rosso? Marx, Engels, Lenin, Stalin, Zingaretti? Eddai, su. "Giallobianco", semmai. "Gialloravanello". "Giallonulla". "Nullanulla".

Things conservatives say that would be awesome, if they were true
2) Trovo esilarante come quelli che, un anno fa, dalla minoranza, straparlavano di "poltrone" e di "governo più a destra della storia repubblicana" (dicendo evidenti fesserie spiegabili solo con la malafede o con un serissimo deficit culturale), oggi sono in maggioranza con una delle due forze del governo di cui sopra; nel frattempo, quelli che erano in maggioranza ieri oggi accusano una delle due forze del governo di cui sopra straparlando di "poltrone" e di "governo più a sinistra della storia repubblicana" (dicendo evidenti fesserie spiegabili solo con la malafede o con un serissimo deficit culturale).
2bis) Salvini porcoggiuda basta parlare di poltrone è un mese che non fai altro che ripetere ossessivamente le stesse tre-quattro parole, ripigliati ché se sento ancora una volta la parola "poltrone" vado a dar fuoco agli artigiani della qualità.
2ter) A questo proposito: in una diretta Facebook di qualche giorno fa ho sentito Annatar dire "è come Poltrone & Sofà, gente che va e gente che viene". Salvini porcoggiuda potevi fare la rima, "Poltrone & Sofà, gente che viene e gente che va", sono le basi, che te le devo insegnare io il tuo mestiere?

3) Oh, ma la piantate di fare tutti 'sti servizi sconsolati su come solo il troppopoco% degli italiani fa sport regolarmente mentre solo il lanimadelcacchio% legge libri e il unavoltaeranodipiù% fa volontariato e il unfottìo% mangia troppo spesso nei fast food? Ma uno che lavora 40 ore o più a settimana, e nel tempo restante deve fare le faccende di casa, occuparsi della famiglia e delle incombenze burocratiche, e se avanza un attimo pure dormire (tipicamente, meno e peggio di quanto il loro corpo avrebbe bisogno), dove dovrebbe trovare il tempo e le energie per fare sport, fare volontariato, leggere, suonare, andare all'opera, cucinare tutto da sé e andare al museo? Diamine conosco studenti di scuola superiore con carichi di studio tali che a un certo punto si sono trovati a dover scegliere se rinunciare allo sport oppure rinunciare al sonno! Invece di fare pubblicità progresso, si inizi a fare in modo che tutti possano vivere dignitosamente con un orario lavorativo di massimo 20-30 ore a settimana, e si potenzino tutti i servizi al cittadino, e vedrete come cambiano quelle percentuali!

4) Renzi è un caso che dovrebbe davvero essere studiato nelle università. Prima porta il proprio partito dal 40% al 15% in due anni; dopo, promette due volte di ritirarsi dalla politica ma non lo fa; poi, con davanti la possibilità di fare un accordo di governo col M5S, vi chiude la porta in faccia senza alcuna ragione plausibile, consegnando il Paese alla Lega; poi, un anno e mezzo dopo, spinge per un accordo col M5S "per salvare il Paese dalla Lega" (oh lince, ma pensarci prima?); quindi, una volta ottenuto questo accordo, appena vede che né lui né i suoi riescono a ottenerne alcuna poltrINCARICO, si stacca dal PD coi suoi; in questo modo, destabilizza il governo che ha contribuito in maniera decisiva a formare, e si pone come potenziale ago della bilancia nella sua sopravvivenza (mossa che, in gergo tecnico, viene definita "Manovra Bertinotti"); infine, a ogni fiato che si muove dalla bocca di qualsivoglia esponente del governo, o lo critica o cerca di prendersene il merito, suscitando il sospetto che stia preparando quella che, in gergo tecnico, si chiama "Manovra Stai Sereno". Quest'uomo è davvero incredibile: non ne azzecca una nemmeno per sbaglio.
4bis) Non avete idea di quanto ho riso quando ho letto Renzi dire che abbandonava il PD perché "si è spostato troppo a sinistra".

Things the right-wing says that would be awesome, if they were true
5) Finché la nostra civiltà non progredirà almeno al punto in cui sia socialmente e legalmente accettabile linciare quelli che in pubblico ascoltano musica ad alto volume dagli speaker del cellulare o da casse bluetooth, non potremo dire di aver davvero superato uno stato di primitività barbarica.
5bis) Seriamente, cos'è 'sta storia? Cos'è questa pestilenza di ragazzetti che girano per strada con zainetti con casse bluetooth da cui esce musica a tutto volume, di gente in treno che ascolta roba come se intorno non ci fosse gente che magari vorrebbe leggere o dormire? Improvvisamente si è persa memoria dell'esistenza delle cuffiette?
5ter) Peraltro, avete mai notato come sembri esserci una correlazione diretta fra la bassa qualità dei gusti musicali di una persona e la sua propensione ad ascoltarla così? Pensateci: avete mai visto scene del genere con persone che ascoltano classica, o jazz, o cantautori italiani, o indie, o elettronica, o hard rock, o pop, o alt-rock? No, è sempre o trap/rap/hip-hop o reggae. Rigorosamente. Come se più ascoltassi musica di merda, più volessi vantartene col mondo.
5quater) Ché poi, dagli altoparlanti del cellulare la qualità audio è talmente infima che ascoltare musica così è come mangiare una carbonara guardandola in foto. Senza basse, senza profondità, senza stereo, con le parti strumentali che si confondono fra loro in tutt'uno indistinguibile, con gli hat della batteria che coprono tutto. Come se più avessi gusti musicali di merda meno ti importasse effettivamente di ascoltarla decentemente.

6) Mi fa piacere vedere sempre più articoli, provenienti anche da economisti, che denunciano le storture del capitalismo moderno e del mondo del lavoro. Certo, neanche una parola di questi articoli giunge nuova, perché noialtri pericolosi rossi le diciamo ininterrottamente da più di un secolo, però fa piacere, dai. Solo, a trent'anni dall'ubriacatura liberista dell'era del duo infernale Thatcher-Reagan, uno "scusate, avevate ragione voi" sarebbe ben accetto. 

7) Non dico che non mi faccia un piacere immenso vedere che stanno iniziando a spuntare ovunque articoli e memini in cui si evidenzia come il proliferare di piattaforme di streaming ad abbonamento in competizione, ognuna delle quali con le proprie esclusive (vedi Disney XD e HBO che ritirano le proprie opere da Netflix per tenerle solo sui propri rispettivi servizi), ognuna col proprio costo mensile, non stia facendo altro che frammentare l'offerta oltre ogni sostenibilità, e quindi spingere sempre più persone di nuovo fra le braccia della pirateria. Il tutto mentre ognuna si troverà con un bacino d'utenza inferiore rispetto ai fasti del periodo d'oro di Netlix. Il tutto mentre le licenze streaming sono sempre più appetibili e quindi più costose, costringendo questi servizi ad alzare i prezzi, quindi alienando ancora di più l'utenza. Dico solo che era una conseguenza di una ovvietà elementare, e non sono certo stato l'unico a prevedere questo risultato nel momento stesso in cui queste ulteriori piattaforme stavano iniziando a nascere, anzi, certamente ci sono arrivato più tardi di quasi tutti. 
7bis) Ora, al contrario del punto precedente, non pretendo uno "scusate avevate ragione voi" (anche se non mi offenderei, eh!), ma almeno piantarla con 'sta favoletta, 'sto dogma liberista del "la concorrenza è sempre positiva"? Dai, su, almeno abbiate la decenza di sostituire "sempre" con "spesso" e di aggiungere in fondo "se opportunamente regolamentata e limitata".

Meb, hai postato cringe.

8) Sapete cosa trovo meraviglioso della recente crociata da parte di alcune "associazioni femministe" e di Maria Elena Boschi contro Squillo, un gioco di carte? Non tanto il fatto che si stiano svegliando nel 2019 per un gioco uscito nel 2012 (avanti così, magari nel 2025 si accorgeranno di Cards Against Humanity). Nemmeno il solito fuoco amico dell'accusare di sessismo un'opera di Immanuel Casto, autore satirico omosessuale e attivista per i diritti LGBT. Nemmeno il fatto che i puritani scatenino crociate contro il mondo ludico degne di Jack Thompson, perché ormai ci sono abituato. E nemmeno il problema di fondo che non sanno quello di cui stanno parlando (come si evidenzia da frasi come "simile al Monopoli"). Bensì, trovo esilarante il fatto che si credano di star facendo battaglie di sinistra.

Si elevano su uno scranno, tirati su da sarcazzo chi, a pontificare con boria su cose di cui non sanno assolutamente nulla. Ammantano ipocriticamente di vapida retorica progressista battaglie censorie animate invece da un conservatorissimo sdegno morale, da un concetto di decoro inculcato da chissà quale maestro di catechismo che si sforzano (con sempre maggior fatica e sempre minor efficacia) di razionalizzare in termini femministi. Pontificano, a un pubblico sempre più ristretto ma che a loro sembra sempre più illuminato e universale, senza rendersi conto di stare dalla stessa parte dei loro odiati nemici, i leghisti, i conservatori, a cui sono accomunati dallo stesso squallore retorico e da buona parte dei contenuti: la parte sbagliata della Storia.

24 set 2019

[Rant] "You have stolen my dreams"


Devo ammetterlo, ho un'opinione abbastanza incerta sulla questione Greta Thunberg.

Da un lato, mi sorgono sempre molti dubbi quando una protesta viene personalizzata e pompata mediaticamente fino a questo punto, fino al punto di far parlare una sedicenne autistica all'ONU, perché tipicamente è una tecnica funzionale a farne una valvola di sfogo per istituzionalizzare e monetizzare il dissenso, dirottandolo su un binario certo positivo ma tutto sommato innocuo; non posso non notare come le parole d'ordine del "suo" movimento siano sempre incentrate sulla green economy (termine deliziosamente ossimorico), sugli investimenti, sugli sforzi politici e individuali, senza mai toccare le responsabilità del sistema economico nel suo complesso, cui non si può sperare di affidare la risoluzione di un problema da cui trae profitto.

Dall'altro, è indubbio che i "suoi" sforzi stiano contribuendo visibilmente a sensibilizzare la popolazione sul tema. Un dispiegamento di giovani ampio e organizzato come quello dei FridaysForFuture non può che essere positivo: non solo perché la massa è tale che finalmente potrà iniziare ad esserci qualche cambiamento, ma perché c'è del terreno fertile affinché, dal comprarsi una borraccia e un sacco di tela per la spesa, si faccia il passo successivo e si arrivi a comprendere la responsabilità strutturale del sistema economico capitalista e del modello di sviluppo insostenibile che necessariamente esso richiede.

Il semplice fatto che le priorità del discorso politico e dell'elettorato stiano mutando, che l'ambientalismo stia finalmente diventando importante quanto l'immigrazione e il "orange man bad", è potenzialmente rivoluzionario. 

Tardivo e fastidioso, per chi, come noi socialisti e come l'interezza della comunità scientifica globale, questi argomenti li agita da tre-quattro decenni, e adesso si dimena rabbiosamente in una vasca piena di impotenti "ve l'avevamo detto", ma potenzialmente rivoluzionario.  

Tardivo e ridicolo, per chi, come noi socialisti e come l'interezza della comunità scientifica globale, queste soluzioni le propone da decenni, venendo accolto da un coro unanime di risposte perfettamente identiche a quelle che oggi sono appannaggio esclusivo di giornali-spazzatura come Libero, o di abissi senza fondo di nulla intellettivo come Vittorio Feltri e Donald Trump, ma potenzialmente rivoluzionario.

C'è del terreno fertile affinché, dal comprarsi una borraccia e un sacco di tela per la spesa, si faccia il passo successivo e si arrivi a comprendere la responsabilità strutturale del sistema economico e del modello insostenibile che richiede.

(Per dire, l'altro giorno su YouTube ho visto una pubblicità di SilverCare che presentava uno spazzzolino da denti con la testina sostituibile, e si vantava di quanta plastica si risparmiasse in questo modo. Tutto molto bello, ma Beppe Grillo (certo non un marxista-leninista) parlava esattamente di questo già nel lontano 1993, portando a esempio prodotti analoghi commercializzati in Svizzera. Ci sono voluti VENTISEI ANNI, perché UNA azienda pubblicizzasse quell'idea come se fosse un'innovazione, un'idea semplicissima che avremmo potuto (e dovuto) rendere obbligatoria per legge a livello europeo) 

Ma c'è qualcos'altro. Soprattutto, di Greta Thunberg, mi ha colpito il discorso dell'altro giorno all'ONU. Al netto di tutte le considerazioni su quanto stia venendo manipolata e monetizzata, nei suoi occhi, nella sua voce, nella rabbia lacrimante con cui ha parlato. quel «you have stolen my dreams with your empty words, and all you can talk about is money and fairy tales of eternal economic growth». Ho percepito qualcosa che mi ha toccato nell'animo. In quel "How dare you?", quel ringhio di odio impotente, dovrebbe stare l'inno, il motto della mia generazione.

L'odio impotente che noi millenials e gen-z abbiamo da riversare sulla generazione che ci ha preceduto; che ci ha cresciuti nel benessere insostenibile in cui loro hanno vissuto per tutta la vita, che ci ha ingozzati di sogni irrealizzabili, di classismo lavorativo, di distrazioni superflue spacciate per prosperità, solo per poi scaricarci, una volta giunti all'età adulta, in una società, un sistema, persino un ambiente naturale essiccati, prosciugati, ostili, morenti, letteralmente invivibili, eppure spacciati come il migliore dei mondi possibili. Che ci ha reso impossibile renderci indipendenti, eppure ci colpevolizza per questo, che ci ha spinti a formarci per decenni solo per poi dirci che siamo troppo vecchi e che "alla tua età io ero già sposato con due figli", mentre noi elemosiniamo stage, contratti precari o lavori sottopagati e senza diritti.

Tutto questo ci lascia, superata la soglia dei trent'anni o a due passi dalla soglia della maggiore età, con una sola domanda: che cazzo di senso ha?
Che senso ha continuare a vivere secondo i vostri schemi, se il mondo che li rendeva possibili semplicemente non esiste più?
Che cazzo di senso ha passare decenni a studiare e far carriera in vista di una vecchiaia serena, se il sogno di una pensione dignitosa ci è totalmente precluso? Che cazzo di senso ha procreare se ai nostri figli non potremo dare nemmeno la metà di ciò che abbiamo avuto noi, ivi compresa la prospettiva di un futuro in cui il genere umano non sia estinto? Che cazzo di senso ha lavorare 40, 50 ore a settimana, bruciando le nostre esistenze fra alzatacce, concorsi e preparare tupperware, se al momento di raccogliere i frutti di tutto questo sacrificio la Terra intera sarà probabilmente nel bel mezzo di un Mass Extinction Event? Che cazzo di senso ha continuare a vivere secondo i vostri schemi, se le condizioni che li rendevano possibili semplicemente non esistono più?

E vi lamentate che preferiamo spendere per Netflix e per la PlayStation 4 invece che per investire o figliare? Dovreste essere contenti che ci distraggono, e che ancora ci aggrappiamo ad una flebile speranza che le cose possano migliorare, o la logica ci suggerirebbe di sprofondare in un edonismo sfrenato e disperato, per poi andarcene con la dignità di Mazzarò.
E vi sorprendete che siamo insofferenti all'autorità, che sempre più di noi abbracciano filosofie estremiste o ribelli? Dovreste essere grati che non abbiamo ancora eretto ghigliottine in piazza. 

Anzi: dovreste spronarci a farlo.

30 ago 2019

[Rant] Siate curiosi - nonostante tutto

Nella mia duplice attività lavorativa a contatto con studenti, una delle cose che più mi impegno a cercare di trasmettere ai ragazzini è la passione, la curiosità, il senso di meraviglia che deriva dall'imparare, l'importanza della cultura e della conoscenza a prescindere da tutto. Perché, più di ogni altra cosa, ritengo che per un cittadino sia fondamentale restare curiosi, nonostante la scuola.

Sì, nonostante la scuola. Il sistema d'istruzione italiano, pur con i suoi numerosi e innegabili pregi, è purtroppo largamente improntato a un insegnamento nozionistico fine a sé stesso, mentre le più recenti riforme hanno invece cercato di muoverlo in senso biecamente utilitaristico, mirato cioè all'immediata spendibilità nel mondo del lavoro. Insomma, una delle peggiori combinazioni possibili. Aggiungiamo un corpo docente spesso tragicamente inadeguato, e il quadro risulta drammaticamente desolante.

Intendiamoci: esistono insegnanti straordinari, vivi di sincera passione per la loro materia, in grado di trasmettere non solo le nozioni previste dal programma ma anche quella gioia e quel trasporto che illuminano loro gli occhi mentre spiegano, con cui si complimentano con un alunno che riesce bene e spronano a migliorare un altro in difficoltà, come una sorta di virus benefico che dovunque riesca ad attecchire trasforma per il meglio i giovani. Da questo punto di vista, io posso dire di essere stato fortunato, perché ne ho avuti parecchi: le mie passioni per l'inglese, per il latino, per la storia dell'arte, per la politica, per la letteratura, per le religioni orientali, per Yukio Mishima, per l'antropologia, per la storia ecc. hanno la loro radice in nomi, cognomi e facce ben precisi, verso cui nutro una gratitudine infinita, verso cui ho un debito che non potrò mai davvero ripagare.

Insegnanti di questo tipo esistono, e sono un inestimabile patrimonio dell'umanità che viene riconosciuto troppo poco.

Ma diciamoci la verità: come esistono questi fulgidi esempi, esistono anche gli estremi opposti, ovvero persone in grado, con le loro scarse qualità umane o professionali, di rendere irreversibilmente odiosa e incomprensibile qualsivoglia disciplina.

Per come è strutturata, spesso la scuola italiana compartimentalizza e sfianca la naturale curiosità dei ragazzi, svilendola in un'attività meccanica volta solo alla prossima  interrogazione; e quando si cerca di giustificarla a giovani comprensibilmente annoiati e con la testa altrove, tutto quello che si riesce a dire è: 

"se non studi poi non arriverai da nessuna parte nella vita".
Questa è la cosa peggiore che si possa dire.


Innanzitutto, perché si sminuisce lo studio ad attività rozzamente utilitaristica. Deve essere fermamente rigettato qualsiasi discorso che parta dal presupposto che la scuola debba sfornare ragazzetti impacchettati a puntino al solo fine di accontentare un mercato del lavoro che della loro qualità umana se ne frega. Non solo: formare un ragazzo solo per renderlo appetibile quando dovrà vendersi a un qualche padrone significa formare non un cittadino, ma un utensile, un attrezzo con una data di scadenza, che sarà gettato via nel momento in cui un'innovazione tecnologica o un mutamento del mercato renderanno le sue competenze obsolete; al contrario, una persona capace della passione e del discernimento necessari per imparare continuamente ("per essere in grado di leggere un manuale", come dice spesso Marco Rizzo) sarà sempre in grado di ri-formarsi e di adattarsi ai cambiamenti del mondo.

In secondo luogo, perché si fomenta un sentimento che sboccia in domande ovvie e, dato il contesto, perfettamente sensate: ma a cosa mi serve? A cosa mi serviranno mai le disequazioni di secondo grado e la storia dei popoli precolombiani, nella vita, se tanto da grande voglio fare il calciatore? Ma a cosa mi serviranno mai il latino o la filosofia, se tanto poi voglio fare il programmatore? Se poi la scuola stessa vira drammaticamente verso quello scopo, ad esempio con l'alternanza scuola-lavoro, come si fa a dargli torto? E come si fa poi a stupirsi per quei "milanesi imbruttiti" di quelle famose interviste su Facebook?

Io dico di no: io dico che la conoscenza, qualunque conoscenza, è di per sé stessa nobile e degna di essere ricercata, a prescindere da qualunque altro fattore. Io dico che sapere l'aramaico antico o il funzionamento del sistema cardiocircolatorio sono cose nobili e lodevoli anche se poi di mestiere si fa il fabbro. Io dico che saper discernere il giusto tempo di cottura per una lasagna o ricordare a memoria la discografia di John Coltrane o il To Be Or Not To Be in lingua Klingon sono cose nobili e lodevoli anche se poi di mestiere si fa il neurochirurgo o l'amministratore delegato.

Specializzazione e settorializzazione sono per le macchine,
non per gli esseri umani.

Io dico che non esistono "arti alte" o "arti basse", e che qualunque fruizione di prodotti dell'intelletto umano, da Fabio Volo a Marcel Proust, dal cinema concettuale a Love Live!, è di per sé stessa positiva. Sarà la fruizione stessa a rendere sempre più esigente e raffinato il vostro gusto.

Io dico che non siete il vostro lavoro o il vostro titolo di studio o il vostro "cosa vuoi fare da grande": siete delle persone con delle capacità intellettuali enormi, di cui il lavoro è solo una delle applicazioni.

Io dico che l'infinità della meraviglia e della gioia che si possono ricavare dalla natura, dal proprio corpo, dalla storia, da ogni campo del sapere e dell'attività manuale umana, è troppo grande per poter mai, davvero, essere soddisfatti del punto che si è raggiunto. Io dico che se il nostro cervello è biologicamente programmato per secernere un ormone quando impariamo qualcosa, e se quell'ormone ci dà dipendenza, un motivo c'è. Come una droga inebriante che non dà effetti collaterali al di fuori di un'inestinguibile voglia di vivere.

Io dico che il sapere, la conoscenza, il piacere che ci viene dallo scoprire, dall'imparare, sono una delle più grandi gioie che ci sono concesse in questa futile valle di lacrime, in questo mondo pieno di tribolazioni e persone che non mettono la freccia in rotonda, e che perdere la pulsione verso quella gioia è uno dei più grandi mali che si possano arrecare a sé stessi.

Io dico che essere buoni cittadini, buoni esseri umani, è molto più importante che essere buoni ingranaggi della grande macchina. 

Io dico che saper interpretare la realtà, in quante più forme possibile, sia il modo migliore per diventare in grado di tutelarsi dagli inganni del potere, dei falsi miti di progresso, dei delinquenti, dello status quo, degli sfruttatori, del sociale spacciato come naturale. Insomma, per prendere le decisioni più giuste per la propria felicità.

Siate curiosi. Sempre.
 Nonostante la scuola. Nonostante il lavoro. Nonostante la vita.

25 ago 2019

[Angolo del Mugugno] A.d.M. 8 - Di crisi e tradimenti

Bentornati all'Angolo del Mugugno, la rubrica sempre più occasionale in cui mi lamento di cose, prevalentemente aventi a che fare con la politica perché sono una persona noiosa con hobby noiosi.
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1) Ah shit, here we go again.


2) Questo eccellente articolo de Il Post spiega come Annatar abbia scelto accuratamente il momento peggiore possibile per aprire il discorso crisi. O meglio: il momento peggiore per noi tutti, ma potenzialmente il migliore per sé stesso.



3) La mia ipotesi iniziale era che il novello DJ confidasse nel "senso di responsabilità" altrui per scommettere non sul voto immediato ma su un qualche governo tecnico o una qualche maggioranza transizione quantomeno per gestire la manovra economica, cosa che gli permetterebbe di gridare all'inciucio e fare il bel verginello mentre pioveranno le solite manovre lacrime e sangue. Ma in caso di elezioni, i tempi tecnici sono tali che l'aumento dell'IVA scatterebbe quasi certamente (come spiega bene l'articolo), e a quel punto il leader leghista potrebbe provare a dare la colpa agli altri "attaccati alla poltrona" per aver allungato i tempi e ritardato l'insediamento dei suoi "pieni poteri".
Annatar non solo riesce a portare a casa il TAV (con sommo godimento dei suoi finanziatori), non solo riesce a disinnescare un po' di questioni care al M5S, e molte altre care a me personalmente (discussione sul salario minimo, riforma della giustizia, iniziative per la conservazione del folklore locale italiano, ridiscussione delle concessioni autostradali ai Benetton, tematiche ambientali ecc.), ma riuscirà a sembrare "innocente" di fronte all'elettorato se IVA e DEF vanno male.



4) Se certamente Annatar ha tradito il governo per interessi personali e di partito (e non certo su questioni sostanziali, dato che l'ha quasi sempre avuta vinta su tutto), è pur vero che il M5S non è estraneo a tradimenti ideologici. Il più recente, quello del TAV, è forse il più grande e il più irreparabile, ma arriva alla fine di altri rospi non meno gravi: dall'ILVA al voto a Ursula von der Leyen, dalla mancata autorizzazione a procedere ai Benetton in Alitalia, per non parlare di quel Reddito di Cittadinanza diventato un anemico sussidino di disoccupazione. Si sono rivelati ingenui, privi di qualsivoglia solidità ideologica, strategia politica, capacità di analisi, e soprattutto, coraggio e coerenza, disattendendo sistematicamente una a una le loro idee migliori.

4bis) Anche oggi quell'orrida mangiatoia del TAV si ferma domani, e ancora per un po' spenderemo soldi fingendo di voler fare un'opera "strategica e urgentissima" da trent'anni. Anche oggi Lega, PD e FI palesano la loro sostanziale omogeneità sulle scelte economiche di rilievo. La migliore opposizione al governo l'ha fatta il governo stesso, mentre la minoranza parlamentare è rimasta per mesi inscatolata in indignate ironie sulla polemica della settimana (spesso incentrata su questioni di decoro o di principio piuttosto che su effettive leggi o azioni concrete) buone solo a tenere Annatar fisso in prima pagina, mentre le sue peggiori porcate sono state ignorate, lasciate scorrere nel dimenticatoio, o addiritura approvate.
4tris) Quando il sole della politica è basso sull’orizzonte, anche Di Battista proietta grandi ombre.

L'ineffabile Zinga (cit.)
5) Di fronte a questa crisi, il PD, principale partito d'opposizione, si fa trovare perfettamente pronto: infatti hanno subito iniziato a litigare, a sabotarsi a vicenda e a collezionare clamorose giravolte. Renzi, che quando poteva prevenire il contratto gialloverde ha chiuso la porta in faccia a qualunque trattativa col M5S  ("il popolo ci ha votato all'opposizione", ricordate?), oggi invoca l'accordo coi grillini. Zingaretti si dichiara contrarissimo, ma poi, ovviamente, capitola, quasi come se lì dentro non comandasse lui. Inoltre, si stanno imponendo per un no deciso a Conte, che è non solo di gran lunga il migliore di tutta la compaggine gialloverde (opinabile), ma è anche il leader politico più gradito d'Italia (fattuale, secondo i sondaggi). Complimenti, ragazzi, siete incredibili: non ne azzeccate una nemmeno per sbaglio.
5bis) Incidentalmente: non vorrei dire "ve l'avevo detto che PD e M5S sono più vicini di quello che entrambi credano e un accordo fra loro sarebbe più naturale che uno con la Lega", però... ve l'avevo detto.



6) NEW RULE: Chi, in politica, fa uso di argomenti tipo "dite sempre no a tutto", "il partito del no contro il partito del sì", "non si può stare sempre fermi e dire sempre no", "quelli che amano contro quelli che odiano" ecc., è un imbecille.
Scusate, di solito cerco di metterle giù in modo più sagace e meno insultante, ma sono troppi anni che sento ripetere queste fesserie infantili, questi patetici capricci da asilo nido del più arretrato paesello nel profondo Alabama, queste retoriche talmente evidenti nella loro insostanziale nullità che se mi mettessi ad argomentare per attaccarle mi sembrerebbe di insultare l'intelligenza di chi legge, che a un certo punto mi finisce la pazienza. Fuuu, scusate, avevo bisogno di sfogarmi.

6bis) «Scusa, puoi regalarmi 30.000€? Posso venire a casa tua a provarci con tua figlia di 11 anni? Posso rigarti la macchina con una chiave disegnando un gigantesco pene? Posso usare i soldi della tua pensione per costruire una statua equestre in uranio massiccio per onorare Yui Hirasawa di K-On? Ehhh, ma dici sempre di no a tutto, è coi sì che si cambia l'Italia!»



7) Gli sviluppi più recenti mi hanno fatto riconsiderare la mia ipotesi iniziale. Annatar, infatti, sembra tentare di ricucire lo strappo. Dal "il mio telefono è sempre acceso", al ritiro della mozione di sfiducia contro Conte, fino addirittura a proporre la premiership di Di Maio. Come se si fosse accorto di aver commesso un madornale errore di calcolo, o come se qualcuno (compagni di partito o referenti esterni) glie l'avesse suggerito, o come se, contrariamente a come immaginavo, non avesse previsto la possibilità di una nuova maggioranza di legislatura. Se il suo piano fosse stato quello che ipotizzavo io, non credo avrebbe fatto tutte queste giravolte e tutti questi piagnistei decisamente poco dignitosi. Ma forse c'è un'altra cosa che non aveva previsto, e che non avevo previsto nemmeno io: la mossa, pare, è costata consensi alla Lega e al suo leader in particolare.

7bis) Annatar ha fatto cadere un governo in cui poteva spadroneggiare da un ministero chiave per la propria area propagandistica, per consegnarsi all'opposizione nella speranza che questo faccia gonfiare i suoi consensi venturi. Sapete... so che per tanto tempo ho detto che stavamo sottovalutando la sua intelligenza strategica, ma forse adesso abbiamo esagerato nell'altro senso. A quanto pare, da capitano a pagliaccio il passo è breve.



8) Un esecutivo M5S-PD cosa otterrebbe, col pagliaccio a fare il bel verginello all'opposizione? Sarebbe litigioso quanto quello gialloverde quindi difficilmente arriverebbe a fine legislatura, costerebbe consensi a entrambi (molti elettori dem preferiscono la Lega ai grillini, e molti elettori grillini preferiscono la Lega ai dem), ed è presumibile che si macchierebbe di manovre economiche estremamente impopolari (nessuno dei due ha la minima prospettiva di cambio di sistema, e il Mov si è dimostrato estremamente cedevole). Insomma: significherebbe solo spostare il trionfo elettorale della Lega in avanti di un anno o due. Davvero l'arrivo di Salvusconi o Salveloni è inarrestabile, e Annatar va lasciato sgonfiare?

Non è detto. Il delirio d'onnipotenza e di personalizzazione derivante dal trionfo alle europee (la storia recente di quell'altro Matteo ci insegna: stravincere alle europee non porta bene) ha già spinto il leader leghista a fare un passo falso, una scommessa troppo ardita a cui ha cercato di rimediare umiliandosi clamorosamente, e una leggera flessione nei consensi c'è già stata. Non è da escludere che abbia già toccato il "punto Renzi" e sia già nella fase calante della sua parabola. Per la prima volta dopo molti anni, non so cosa aspettarmi dai prossimi sviluppi politici. Ne vedremo delle belle. Verremo salassati nel nome de ( ノ ゚ー゚)ノI M E R C A T Iヽ(゚ー゚ヽ), ma ne vedremo delle belle.
 
8bis) Nel frattempo, non lasciamoci distrarre dall'argine al babau, o dalla gloriosa cazziata che il presidente Conte gli ha impietosamente rovesciato addosso mentre lui faceva spallucce e facce buffe: qualunque cosa verrà dopo non sarà una panacea, non sarà amico dei lavoratori e dell'ambiente. Quando questa marea si ritrarrà, noi dobbiamo essere pronti. Dobbiamo infilarci in ogni contraddizione della melma che verrà, e ricostruire un movimento che davvero guardi a un cambio di sistema.



9) Però vi prego: se davvero si farà 'sto governo PD-5S, non chiamatelo "giallorosso". Mi si rivoltano le budella a sentir definire "rosso" il PD.



10 ago 2019

[Recensione] Blades of Time


Dopo un X-Blades certo funzionale ma malamente fallito in termini di vendite e recensioni, i Gaijin Studios nel 2012 hanno tentato con questo sequel\reboot di dare una seconda chance alla bella Ayumi, cacciatrice di tesori dalle lunghe trecce e dalle lunghe spade.

Rispetto al precedente, Blades of Time non solo abbandona lo stile anime e dà alla sua protagonista una personalità radicalmente diversa, ma tenta un gameplay più raffinato e una trama più elaborata: Ayumi e il suo partner Zero attaccano una misteriosa setta che possiede una Sfera in grado di trasportare chiunque la usi a Dragonland, un mondo mitico dove si dice si possano trovare inestimabili tesori, ma da dove nessuno, nemmeno i membri della Gilda, è mai riuscito a tornare. Fra distorsioni misteriose e rovine di magnifici templi, e guidata da misteriosi Altari e da uno spirito-drago, Ayumi viene presto attaccata da mostri orrendi che la invischiano in un conflitto millenario fra Ordine e Caos.

Ayumi alterna liberamente l'uso di spade e fucili. Screenshot dal sito ufficiale.

Pur nella sua semplicità, questa trama insulsa è raccontata abbastanza bene. L'intreccio riesce a mandare fuori strada il giocatore più volte, a trasmettergli un senso di totale spaesamento prima e a fargli credere di aver capito tutto dopo, per poi arrivare a una rivelazione che riesce a risultare sia sorprendente sia perfettamente sensata (i pezzi del puzzle vanno esattamente al loro posto e il quadro che ne esce è perfettamente coerente). Purtroppo i personaggi risultano scialbi nella migliore delle ipotesi e insignificanti nella peggiore, con motivazioni debolissime, personalità inconsistenti e dialoghi francamente imbarazzanti. Si salvano, Ayumi in particolare, solo grazie a un character design efficace.

Uno, in particolare, degli inganni della trama è dato dall'assenza di finali multipli; nel senso che tutto il gioco, e un paio di scene in particolare, sembrano puntare a creare indecisione nel giocatore, a rievocare dialoghi precedenti per spingerlo a scegliere a chi debba credere, apparentemente preparando una o più scelte da cui far dipendere il finale del gioco... solo che poi queste scelte non ci sono. Il finale è talmente vuoto e insoddisfacente da odorare nettamente di "bad end", ma non c'è nessun "good end" verso cui lavorare.
 
Visivamente, non è affatto male: grafica, ambienti e chara design.

Non è l'unico elemento che rivela l'ombra di una meccanica probabilmente progettata ma poi tagliata: ad esempio, il primo Altare che si incontra annuncia con grande enfasi il fatto che ora Ayumi sia in grado di assorbire il Qi dei nemici uccisi, e che lo dovrà poi scambiare con gli Altari per ottenere potenziamenti; insomma, sembra annunciare una meccanica di level-up analoga a quella di X-Blades, in cui il giocatore accumula punti combattendo e rompendo oggetti e poi li spende per comprare potenziamenti, quindi dovendo scegliersi la strategia e la build in un certo modo. Solo che poi, di tutto 'sto Qi, non se ne fa nulla: gli Altari elargiscono direttamente i potenziamenti senza alcun negozio, e alla fine del gioco li si possiedono letteralmente tutti.

Ed è un peccato, perché il gameplay nel suo complesso è solido. Un hack-and-slash alla Devil May Cry, con poche combo semplici e poche magie che man mano danno la possibilità di concatenare attacchi diversi per ottenere effetti devastanti. Su questo si innesta la gimmick del gioco, quella che gli dà il nome, ovvero l'abilità di riavvolgere il tempo. Prima che pensiate all'ovvio paragone con Prince of Persia: Sands of Time, in realtà la differenza è abissale: ogni volta che si riavvolge il tempo, si genera un "clone", un'ombra di Ayumi, che ripete le ultime azioni del giocatore fino al rewind, mentre la Ayumi "vera" ne può eseguire altre; si possono creare più cloni in questo modo. 

L'idea è molto interessante; viene usata principalmente per dei puzzle, o per abbattere nemici che richiedono un volume di fuoco particolarmente importante oppure che richiedono di essere distratti e presi alle spalle, ma secondo me non è stato sfruttato fin dove poteva arrivare. In particolare, è seriamente azzoppato da una questione tecnica purtroppo grave, cioè il fatto che ad ogni rewind i nemici si comportino in maniera radicalmente diversa, quindi annullando di fatto qualunque possibilità di eseguire tattiche complesse. Però devo ammetterlo, lanciarsi contro un boss, dargli fuoco, colpirlo con le spade potenziate dal fuoco, poi congelarlo con un clone (stordendolo per contrasto elementale) e colpirlo con l'attacco forte che fa danni aumentati ai nemici congelati, il tutto usando tre o quattro ombre temporali, e vedere così la sua barra di salute sparire in un attimo anche in modalità difficile, è davvero soddisfacente.


Ultimo ma non ultimo, una modalità multiplayer cagata sopra senza alcuna necessità, ma storicamente interessante perché data il gioco con una esattezza sorprendente. Infatti... è un MOBA. Un MOBA in terza persona e con tre soli "campioni", ma un MOBA. Ve la ricordate l'epoca in cui i MOBA erano i dominatori assoluti del mercato? In cui sembrava che sulla scena esistessero solo LoL, DOTA2 e Heroes Of The Storm? Prima che i più si accorgessero che passare ore su un gioco ripetitivo come la merda, da studiare per capirne le meccaniche più oscure e gli exploit più ignobili, con troll e griefer come se piovesse, con una comunità più tossica del polonio, con un bilanciamento osceno, che nascondeva abilmente dietro un muro di frustrazione e di "git gud" quanto in realtà fosse basato sulla fortuna, che campava su un business model ignobile, e che cambiava completamente ogni due-tre mesi vanificando ogni tuo sforzo di impararlo, più che un gioco era un secondo lavoro? E quindi sono tutti passati alla nuova moda, i BattleRoyale, che sono ESATTAMENTE come i MOBA secondo tutti i punti di vista che ho appena elencato e che quindi fra due-tre anni faranno la stessa fine? L'epoca di LoL, scalzata totalmente dall'epoca di Fortnite? In cui tutti i ragazzini giocavano solo a quello, mentre adesso giocano solo a quell'altro? Sembra passata un'eternità, vero? E invece cosa saranno, quattro anni? Ecco, Blades of Time è una reliquia dell'epoca in cui se volevi avere successo come gioco multiplayer dovevi essere un MOBA. Solo che Blades of Time è un MOBA ancora più moscio, insulso e ripetitivo del normale quindi già tipo mezz'ora dopo il rilascio non ci giocava più nessuno.

In definitiva, Blades of Time certamente funziona. Il gameplay è solido, la trama è insignificante ma efficace. In teoria, dovrebbe essere superiore a X-Blades secondo tutti i punti di vista. E invece, mi piace molto meno. Forse perché mi è venuto a noia prima, forse perché nonostante il bell'impatto iniziale di una grafica notevolmente migliorata più ci giocavo più mi rendevo conto dei bug e della legnosità generale... ma forse, più semplicemente, è solo perché in X-Blades vedevo un'anima, una passione sincera, una identità riconoscibile, mentre in Blades of Time tutto questo lo vedo schiacciato, appiattito attraverso un filtro di disperato cinismo e di cieco adattamento ai tempi, ridotto ad essere uno tanti insipidi, mediocri, anonimi action della sua generazione.

La qualità dei dialoghi... lascia un po' a desiderare. Screenshot dal sito ufficiale.

Una piccola nota finale a proposito dei dialoghi: l'ho giocato in inglese, e poi in giapponese coi sottotitoli in italiano. La traduzione italiana è chiaramente derivata dall'inglese, ma alcune frasi hanno triggerato il mio istinto di vecchio otaku che ha sentito odore di americanizzazione ad minchiam fatta introducendo giochi di parole, sassiness e imprecazioni in battute che originariamente non le avevano. Anche il fatto che Ayumi (e lei sola) abbia un accento inglese (certo adorabile, ma totalmente ingiustificato, se non per "richiamare" Lara Croft) mi ha dato la stessa sensazione. In effetti, il copione giapponese è sensibilmente diverso, molto più "piatto" e "matter-of-fact" della sua controparte inglese. Nessuno dei due è malaccio, intendiamoci (se non per certi effetti sulle voci dei nemici che li rendono totalmente inintellegibili), ma trasmettono caratterizzazioni totalmente diverse, quindi almeno uno dei due, per forza di cose, è un adattamento sbagliato del materiale originale. 
La domanda è: qual è la lingua originale? I Gaijin Entertainment dovrebbero essere russi, ma c'è anche la Konami di mezzo e la casa notoriamente si ispira allo stile giapponese, quindi...? Mi sento di suppore che la lingua originale non sia l'inglese. Dovrei provare a sentire la versione russa, ma non so il russo.