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10 ago 2019

[Recensione] Blades of Time


Dopo un X-Blades certo funzionale ma malamente fallito in termini di vendite e recensioni, i Gaijin Studios nel 2012 hanno tentato con questo sequel\reboot di dare una seconda chance alla bella Ayumi, cacciatrice di tesori dalle lunghe trecce e dalle lunghe spade.

Rispetto al precedente, Blades of Time non solo abbandona lo stile anime e dà alla sua protagonista una personalità radicalmente diversa, ma tenta un gameplay più raffinato e una trama più elaborata: Ayumi e il suo partner Zero attaccano una misteriosa setta che possiede una Sfera in grado di trasportare chiunque la usi a Dragonland, un mondo mitico dove si dice si possano trovare inestimabili tesori, ma da dove nessuno, nemmeno i membri della Gilda, è mai riuscito a tornare. Fra distorsioni misteriose e rovine di magnifici templi, e guidata da misteriosi Altari e da uno spirito-drago, Ayumi viene presto attaccata da mostri orrendi che la invischiano in un conflitto millenario fra Ordine e Caos.

Ayumi alterna liberamente l'uso di spade e fucili. Screenshot dal sito ufficiale.

Pur nella sua semplicità, questa trama insulsa è raccontata abbastanza bene. L'intreccio riesce a mandare fuori strada il giocatore più volte, a trasmettergli un senso di totale spaesamento prima e a fargli credere di aver capito tutto dopo, per poi arrivare a una rivelazione che riesce a risultare sia sorprendente sia perfettamente sensata (i pezzi del puzzle vanno esattamente al loro posto e il quadro che ne esce è perfettamente coerente). Purtroppo i personaggi risultano scialbi nella migliore delle ipotesi e insignificanti nella peggiore, con motivazioni debolissime, personalità inconsistenti e dialoghi francamente imbarazzanti. Si salvano, Ayumi in particolare, solo grazie a un character design efficace.

Uno, in particolare, degli inganni della trama è dato dall'assenza di finali multipli; nel senso che tutto il gioco, e un paio di scene in particolare, sembrano puntare a creare indecisione nel giocatore, a rievocare dialoghi precedenti per spingerlo a scegliere a chi debba credere, apparentemente preparando una o più scelte da cui far dipendere il finale del gioco... solo che poi queste scelte non ci sono. Il finale è talmente vuoto e insoddisfacente da odorare nettamente di "bad end", ma non c'è nessun "good end" verso cui lavorare.
 
Visivamente, non è affatto male: grafica, ambienti e chara design.

Non è l'unico elemento che rivela l'ombra di una meccanica probabilmente progettata ma poi tagliata: ad esempio, il primo Altare che si incontra annuncia con grande enfasi il fatto che ora Ayumi sia in grado di assorbire il Qi dei nemici uccisi, e che lo dovrà poi scambiare con gli Altari per ottenere potenziamenti; insomma, sembra annunciare una meccanica di level-up analoga a quella di X-Blades, in cui il giocatore accumula punti combattendo e rompendo oggetti e poi li spende per comprare potenziamenti, quindi dovendo scegliersi la strategia e la build in un certo modo. Solo che poi, di tutto 'sto Qi, non se ne fa nulla: gli Altari elargiscono direttamente i potenziamenti senza alcun negozio, e alla fine del gioco li si possiedono letteralmente tutti.

Ed è un peccato, perché il gameplay nel suo complesso è solido. Un hack-and-slash alla Devil May Cry, con poche combo semplici e poche magie che man mano danno la possibilità di concatenare attacchi diversi per ottenere effetti devastanti. Su questo si innesta la gimmick del gioco, quella che gli dà il nome, ovvero l'abilità di riavvolgere il tempo. Prima che pensiate all'ovvio paragone con Prince of Persia: Sands of Time, in realtà la differenza è abissale: ogni volta che si riavvolge il tempo, si genera un "clone", un'ombra di Ayumi, che ripete le ultime azioni del giocatore fino al rewind, mentre la Ayumi "vera" ne può eseguire altre; si possono creare più cloni in questo modo. 

L'idea è molto interessante; viene usata principalmente per dei puzzle, o per abbattere nemici che richiedono un volume di fuoco particolarmente importante oppure che richiedono di essere distratti e presi alle spalle, ma secondo me non è stato sfruttato fin dove poteva arrivare. In particolare, è seriamente azzoppato da una questione tecnica purtroppo grave, cioè il fatto che ad ogni rewind i nemici si comportino in maniera radicalmente diversa, quindi annullando di fatto qualunque possibilità di eseguire tattiche complesse. Però devo ammetterlo, lanciarsi contro un boss, dargli fuoco, colpirlo con le spade potenziate dal fuoco, poi congelarlo con un clone (stordendolo per contrasto elementale) e colpirlo con l'attacco forte che fa danni aumentati ai nemici congelati, il tutto usando tre o quattro ombre temporali, e vedere così la sua barra di salute sparire in un attimo anche in modalità difficile, è davvero soddisfacente.


Ultimo ma non ultimo, una modalità multiplayer cagata sopra senza alcuna necessità, ma storicamente interessante perché data il gioco con una esattezza sorprendente. Infatti... è un MOBA. Un MOBA in terza persona e con tre soli "campioni", ma un MOBA. Ve la ricordate l'epoca in cui i MOBA erano i dominatori assoluti del mercato? In cui sembrava che sulla scena esistessero solo LoL, DOTA2 e Heroes Of The Storm? Prima che i più si accorgessero che passare ore su un gioco ripetitivo come la merda, da studiare per capirne le meccaniche più oscure e gli exploit più ignobili, con troll e griefer come se piovesse, con una comunità più tossica del polonio, con un bilanciamento osceno, che nascondeva abilmente dietro un muro di frustrazione e di "git gud" quanto in realtà fosse basato sulla fortuna, che campava su un business model ignobile, e che cambiava completamente ogni due-tre mesi vanificando ogni tuo sforzo di impararlo, più che un gioco era un secondo lavoro? E quindi sono tutti passati alla nuova moda, i BattleRoyale, che sono ESATTAMENTE come i MOBA secondo tutti i punti di vista che ho appena elencato e che quindi fra due-tre anni faranno la stessa fine? L'epoca di LoL, scalzata totalmente dall'epoca di Fortnite? In cui tutti i ragazzini giocavano solo a quello, mentre adesso giocano solo a quell'altro? Sembra passata un'eternità, vero? E invece cosa saranno, quattro anni? Ecco, Blades of Time è una reliquia dell'epoca in cui se volevi avere successo come gioco multiplayer dovevi essere un MOBA. Solo che Blades of Time è un MOBA ancora più moscio, insulso e ripetitivo del normale quindi già tipo mezz'ora dopo il rilascio non ci giocava più nessuno.

In definitiva, Blades of Time certamente funziona. Il gameplay è solido, la trama è insignificante ma efficace. In teoria, dovrebbe essere superiore a X-Blades secondo tutti i punti di vista. E invece, mi piace molto meno. Forse perché mi è venuto a noia prima, forse perché nonostante il bell'impatto iniziale di una grafica notevolmente migliorata più ci giocavo più mi rendevo conto dei bug e della legnosità generale... ma forse, più semplicemente, è solo perché in X-Blades vedevo un'anima, una passione sincera, una identità riconoscibile, mentre in Blades of Time tutto questo lo vedo schiacciato, appiattito attraverso un filtro di disperato cinismo e di cieco adattamento ai tempi, ridotto ad essere uno tanti insipidi, mediocri, anonimi action della sua generazione.

La qualità dei dialoghi... lascia un po' a desiderare. Screenshot dal sito ufficiale.

Una piccola nota finale a proposito dei dialoghi: l'ho giocato in inglese, e poi in giapponese coi sottotitoli in italiano. La traduzione italiana è chiaramente derivata dall'inglese, ma alcune frasi hanno triggerato il mio istinto di vecchio otaku che ha sentito odore di americanizzazione ad minchiam fatta introducendo giochi di parole, sassiness e imprecazioni in battute che originariamente non le avevano. Anche il fatto che Ayumi (e lei sola) abbia un accento inglese (certo adorabile, ma totalmente ingiustificato, se non per "richiamare" Lara Croft) mi ha dato la stessa sensazione. In effetti, il copione giapponese è sensibilmente diverso, molto più "piatto" e "matter-of-fact" della sua controparte inglese. Nessuno dei due è malaccio, intendiamoci (se non per certi effetti sulle voci dei nemici che li rendono totalmente inintellegibili), ma trasmettono caratterizzazioni totalmente diverse, quindi almeno uno dei due, per forza di cose, è un adattamento sbagliato del materiale originale. 
La domanda è: qual è la lingua originale? I Gaijin Entertainment dovrebbero essere russi, ma c'è anche la Konami di mezzo e la casa notoriamente si ispira allo stile giapponese, quindi...? Mi sento di suppore che la lingua originale non sia l'inglese. Dovrei provare a sentire la versione russa, ma non so il russo.

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