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7 apr 2016

[Recensione] Psychonauts

Psychonauts

 

Ho ripescato questo gioco molto tardi rispetto alla sua uscita, approfittando dei saldi di Steam, e non riesco se non a chiedermi cosa mi sono perso in tutti questi anni. E cosa s'è perso mezzo mondo, visto lo scarso successo di vendite che ha avuto.

Psychonauts è stato il primo gioco della Double Fine (2005), ed è quindi un parto della mente geniale dell'ex-LucasArts Tim Schafer, già autore di Grim Fandango e co-designer di Monkey Island e Day Of The Tentacle. Come ci si può aspettare da Schafer, un esilarante umorismo surreale la fa da padrone per tutto il gioco, ma la comicità e i dialoghi di qualità decisamente sopra la media non sono tutto quello che il gioco ha da offrire. È la storia di Raz, un giovanissimo acrobata che fugge dal circo di famiglia per unirsi a un campo estivo per ragazzi con poteri psichici, inseguendo il proprio sogno di diventare uno "psiconauta", cioè un agente speciale d'elite che usa la mente non solo come arma, ma soprattutto come campo di battaglia. Mentre imparerà a gestire il proprio potere, si troverà coinvolto in un misterioso piano che sembra mettersi in atto intorno a lui, fatto di mostri, manicomi abbandonati, e cervelli rubati.


Il mio Tsundere Detector ti sta puntando.

 La trama in sé è semplice, per quanto raccontata magistralmente con gag e situazioni veramente da spanciarsi, ma sfrutta appieno la possibilità servita su un piatto d’argento di visitare fisicamente le menti dei personaggi, facendo sì che ognuno dei livelli veri e propri sia un tuffo nelle profondità della loro psicologia. Ed è qui che si trova il motore della genialità del gioco: Raz si troverà in mondi che visualizzeranno le loro ossessioni, il loro modo di pensare, i loro demoni interiori e i loro incubi, a scoprire casseforti che contengono i loro ricordi più o meno traumatici e più o meno sepolti, a svelare il loro passato; il tutto quasi senza cutscene, senza togliere il controllo al giocatore, e senza perdere un tono generale tendente al surreale e al comico, anche quando queste analisi psicologiche si rivelano sorprendentemente complesse e tragiche. Emblematiche, a mio avviso, sono le menti del lattaio, di Gloria l'attrice, di Edgar... e di Milla, una mente tutta votata alla festa e al divertimento che nasconde, in profondità, in un piccolo angolo che anche il giocatore deve faticare per trovare, un trauma a dir poco terrificante. Il design dei giochi di Schafer è cartoonesco e surreale di per sé, ma qui raggiunge l'apice quando l'ambiente tutto sommato normale del campo estivo (l’overworld) si giustappone con i mondi mentali, che esplodono in un tripudio onirico da far invidia alle animazioni di Terry Gilliam. 



Ho particolarmente apprezzato la continua e geniale sovrapposizione che si va a creare fra la mente di Raz e la mente del villain, che culmina in un miscuglio disumano in cui scopriamo che Ma anche i personaggi la cui mente non viene esplorata, gli altri ragazzi del campo, risultano ben scritti: pur inquadrati in una personalità semplice, immediata e mononota, quasi tutti hanno o un percorso di sviluppo o comunque una qualche sorpresa che dà loro uno spin diverso e tridimensionale.

Dal punto di vista del gameplay, potremmo classificarlo come action-adventure, nel senso che unisce elementi di platform, adventure game classico, e azione. Il mix in sé funziona molto bene, anche se le singole parti scricchiolano un po': gli enigmi sono poco soddisfacenti (con l'eccezione del teatro di Gloria), prospettiva e fisica di collisione rendono il platforming a tratti un po' zoppicante, e dal punto di vista del combattimento non ha veramente nulla di cui vantarsi. Le boss fight sono creative e molto varie, e ogni livello offre qualcosa di nuovo e unico dal punto di vista del gameplay; la difficoltà è molto mite, tranne un livello finale che salta dritto a vette di frustrazione francamente ingiuste; tutte le "missioni secondarie" sono costituite da collectibles, molti dei quali sono "frammenti d'immaginazione", ovvero figurine trasparenti e bidimensionali sparse ovunque compresi posti in cui francamente senza una guida NESSUNO andrebbe a guardare, e a volte persino difficili da vedere anche se ce l'hai davanti WHO THE HELL THOUGHT OF THAT.

La grafica è invecchiata abbastanza bene, grazie ad un design del mondo e dei personaggi assolutamente unico, ma la colonna sonora soffre di una forte ripetitività che ne rovina l'impatto. Ottimo cast di doppiatori, fra cui spiccano il protagonista Richard Horvitz, e un piccolo ruolo di Tara Strong al massimo della sua high-squeaking madness. 



In questo gioco si vedono cose strane.

Sapevo di trovare un bel gioco quando ho preso Psychonauts, ma non mi aspettavo di trovare un gioco così unico ed eccellente dal punto di vista di dialoghi, ambientazione, personaggi, commedia, parodia e narrazione, e così solidamente divertente e vario dal punto di vista del gameplay. E ancora meno mi aspettavo di leggere che nonostante i pareri unanimamente favorevoli e i molti premi vinti, esattamente come Valkyria Chronicles, ha venduto pochissimo, anzi, talmente poco da mettere nelle grane il distributor, mentre con ogni maledetto GTA o COD o FIFA che viene rilasciato il mondo intero si eiacula collettivamente nelle mutande. Mi sento non solo di consigliarlo, ma di stra-consigliarlo a chiunque, soprattutto a chi come me è un nostalgico dell'atmosfera delle vecchie avventure grafiche LucasArts.

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