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8 feb 2018

[Rant] Fake News: non fingete sia solo un problema del web

Si parla tanto di fake news su internet, e sia chiaro, se ne ha ben d'onde: troppi elettori oggi votano in base a notizie false o distorte, troppi sono caduti in truffe di sedicenti guru dell'alimentazione o della sanità, troppi sono gli "avvelenatori di pozzi" (cit. Mentana) che sfruttano l'indignazione facile della gente per far soldi, troppe le entità social legate o anche solo simpatizzanti dei grandi partiti (principalmente Lega e M5S, ma anche PD) che abbassano il discorso politico a un livello da asilo usando meme infimi a scopo propagandistico. 

Dopo l'ormai acclarato sforzo russo per intorbidire le acque della campagna elettorale americana (principalmente in favore di Trump) a suon di meme e ad su Facebook, e dopo la scoperta di intere reti di pagine dedite alla conscia disinformazione a scopo di lucro, è chiaro che questo è un problema, e che tanto la politica quanto i proprietari dei social devono affrontarlo. Ma. Mi fa un po' ridere, anzi, molto ridere, vedere chi se ne occupa e come.

Vi ricordate quando a novembre, su Giornalettismo, la presidente Laura Boldrini fece un lungo video smontando le dieci bufale più comuni su di lei? Con tanto di hashtag "BASTABUFALE" tutto in maiuscolo? Vi invito a riguardarlo. Perché aveva assolutamente ragione: è diventata uno dei bersagli preferiti delle bufale acchiappa-analfabeti, e si può vedere nelle sezioni commenti di tutto l'internet quanti ci credano e finiscano con l'identificarla con "IL NEMICO!!11" a prescindere. Tuttavia... oso far notare una cosa. 
I titoli seri e affidabili delle fonti serie e affidabili, reperto 1
«Non credete a tutto quello che leggete sulla rete, imparate a riscontrare la fonte», dice alla fine di questo video. Giustissimo. C'è un problema, però. Le prime tre-quattro delle dieci bufale qui presentate erano state scritte su giornali a tiratura nazionale (Libero, Il Giornale, Il Tempo, La Verità), oppure da personaggi politici anch'essi di rilievo nazionale, come Salvini, non da pagine Facebook a caso. 

Allora cosa vogliamo fare? Vogliamo farla passare liscia a giornali e a politici che mentono sapendo di mentire? Vogliamo mettere la museruola a pagine Facebook e blog a caso, e allo stesso tempo limitarci a scuotere contriti la testa mentre gente come Feltri o Berlusconi o Sibilia o Boschi propagano idiozie ad ogni respiro? Napalm51 che fa meme con errori grammaticali e tanti punti esclamativi non va bene, ma Nadia Toffa che parla dei manga come di opere pedopornografiche e dei maid café come di bordelli, La Repubblica e il Corriere della Sera che pubblicano accuratamente solo parte della fonte per far sembrare che Di Maio avesse difeso Marra prima di essere smentiti dall'Ansa stessa, e Quinta Colonna che si inventa una finta intervista a un finto zingaro tutto OK?
I titoli seri delle fonti serie, reperto 2

Torniamo un attimo ai giornali. Vi ricordate quando, due giorni dopo la strage di Berlino del dicembre 2016, Il Giornale titolò «La Merkel sbaglia terrorista»? Come se Angela Merkel fosse una magistrata o una poliziotta, e come se il sospettato preso e poi rilasciato perché innocente fosse un terrorista lo stesso. 
Stesso giorno, Libero: «La migliore difesa è non averli qui»
Stesso giorno, una miriade di altri giornali con disgustosi titoli strappalacrime sulla ragazza in Erasmus, tipo «Il sogno spezzato», anche se all'epoca la ragazza in questione era ancora dichiarata dispersa (ché già lì altro che JeSuisCharlie, io da genitore della ragazza avrei dato di matto e avrei fatto un JeSuisKouachiItalianTour). 
Due giorni dopo, in Italia viene trovato e ucciso uno dei colpevoli. Libero: «Italia 1-Germania 0». Il Giornale: «Una bestia in meno grazie alla polizia» (con tanto di foto del cadavere, naturalmente). L'Opinione: "Italia über alles". Delicatissimi. 
Non visualizzate automaticamente un signore grasso, sulla settantina, licenza elementare conquistata duramente, con un cartone di Tavernello vuoto in mano, che parla in bergamasco facendo ampi gesti in direzione del proprio pacco?

I titoli seri delle fonti serie, reperto 3
Ma non finisce qui. Vi ricordate quando, ad aprile 2017, Il Messaggero pubblicò un grande scoop su Alessandro Di Battista che va allo stadio a vedere la partita mentre alla Camera si discuteva del fine vita, mentre Di Battista invece era in diretta TV su La7 davanti a milioni di persone? A onor del vero, Il Messaggero ha subito avuto l'onestà intellettuale di ammettere l'errore e correggere, però resta il fatto che hanno pubblicato una notizia falsa senza verificarla: l'hanno verificata solo dopo. 

E non è un caso isolato: quella volta che tutti i giornali, i telegiornali e ovviamente le pagine anti-grilline parlarono di Grillo che "dice di non fare le mammografie!!!11" e poi guardando il video con la sua dichiarazione ci siamo chiesti se fossero sordi, deficienti, disonesti, o una combinazione delle tre; quando il TG1 di Minzolini metteva apertamente in atto tecniche di disinformazione e omissione per fare propaganda berlusconiana. Persino il New York Times è stato sorpreso a pubblicare notizie false contro Trump, e non parliamo delle schifezze che trasmette costantemente Fox News ché è come sparare sulla croce rossa.


I titoli seri delle fonti serie, reperto 4
Bambini di cinque anni.
Capite bene che, se i mainstream media sono così screditati, se così tante persone si fidano così poco di loro che basta un'immagine a caso su Facebook a fargli credere che la Boldrini o Hillary Clinton vogliono vietare di dire "Buon Natale", una ragione c'è. 
Una ragione fatta di menzogne, verità parziali, benaltrismi, ma anche semplice cafonaggine; tutte cose di cui non sono gli unici né i peggiori colpevoli, ovviamente, ma che li fanno percepire (ingiustamente) sullo stesso livello di fonti meno autorevoli e meno affidabili. 
Se persino La Repubblica viene beccata così tante volte a mentire spudoratamente e Libero a propagare bufale razziste senza che ci sia alcuna conseguenza, né una multa, né una sanzione interna alla categoria, nemmeno una smentita o una scusa, perché un elettore medio dovrebbe considerarli "a prescindere" più affidabili di renzimassonenwosciechimiche.altervista.org?

I titoli seri delle fonti serie, reperto 5
Ammettiamo di far entrare in testa a tutti che quando sentiamo una notizia proveniente da un sito altervista o da Tze Tze bisogna controllare su Butac.it. Ammettiamo di allenare tutti i naviganti a riconoscere le fake news e i giornali spazzatura, e quindi di far finalmente fallire Libero.  
Ma quando i "fatti alternativi" (cit. Kellyanne Conway) vengono da La Repubblica e dal Corriere della Sera; quando La Stampa (non L'Unità o il Fatto Quotidiano!) dedica articoli interi a Di Maio che sbaglia un congiuntivo su un tweet con toni che ci si aspetterebbe da Libero o da Lercio; cosa ci resta

Come possiamo avere una "healthy media diet" (cit. John Oliver) evitando chiuderci nella bolla delle fonti che ci ripetono le cose che già ci piacciono, se quasi tutte le fonti, ormai, compresi quelli che una volta erano i giornali istituzionali per antonomasia, fanno parte di una qualche bolla che distorce o seleziona i fatti a piacere? Come possono certe figure istituzionali indicare solo i social media come fonti di fake news senza mettersi a ridere? Come possono i giornalisti, anche i moltissimi che sono bravi, seri, competenti, coraggiosi, imparziali, equilibrati nei toni, difendere a prescindere la propria categoria contro chi li attacca, li mette all'indice, minaccia leggi e punizioni ecc. mentre il loro Ordine non si degna di cacciare nemmeno Minzolini e Belpietro, senza rendersi conto della evidente relazione causale fra i due elementi? 

Se dobbiamo controllare su Butac.it anche quello che leggiamo su La Repubblica e sul Corriere, siamo sicuri di esserci resi conto che questo è obbiettivamente un problema serio, anche se a dirlo è Di Maio?
I titoli seri (e per niente falsi o distorti, no no!) delle fonti serie, reperto 6
(foto di Enrico Mentana)
È qui che casca l'asino. Perché quando emeriti monumenti alla demenza come Trump o tutto l'esercito dei cosiddetti "populisti" tuonano che i primi fautori di fake news sono i mainstream media, a dargli torto in toto si riesce nell'impresa titanica di far sembrare loro quelli intelligenti
Ovvio che poi siti spazzatura come Breitbart News possono pretendere, agli occhi di molti, di essere considerati "alla pari". Ovvio che poi i loro seguaci diventano dei talebani acritici convinti che qualunque cosa contro di loro sia un complotto, dei mostri completamente refrattari al concetto di "verità", come un ceppo di batteri che diventa immune agli antibiotici. Ovvio che poi a una forza politica o a un singolo leader carismatico basta parlare male dei giornalisti per guadagnare consensi facili.

I titoli seri delle fonti serie, reperto 7
Mi sto accanendo troppo su Libero, vero? Scusate, non dovrei. Non è giusto prendere in giro quelli più sfortunati di noi.
Il problema delle fake news nasce quando a politici/opinionisti/ecc. è permesso mentire senza essere corretti, ed esplode quando sono le fonti di informazione stesse a mentire, distorcere, occultare senza conseguenze. Invito la presidente Boldrini a uscire da Facebook e a dare un'occhiata in edicola e fra i suoi colleghi del Parlamento, e a investire sforzi legislativi anche lì, perché se pensa di risolvere il problema attaccando esclusivamente la rete pecca di un'ingenuità e una superficialità talmente imbarazzanti da essere quasi adorabili. 
E già che c'è, potrebbe anche spiegare ai suoi colleghi (a Fedeli, a Poletti, a Giannini, a Renzi) che riformare la scuola togliendo anni di superiori e inserendo l'alternanza scuola-lavoro, invece di aggiornare i programmi ministeriali (ad esempio, inserendo più educazione civica e dando più importanza al Novecento nei programmi di storia), non farà che togliere ai futuri adulti ulteriori strumenti di comprensione della realtà, peggiorando quindi la situazione.

Bonus round: i titoli seri (e per niente falsi o distorti, no no!) delle fonti serie, reperto 8
Almeno Corriere e Messaggero hanno avuto la decenza di redarre e correggere, Repubblica manco quella.

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