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18 dic 2016

[Rant] La politica dei meme

Nella'era della post-verità, in cui la complessità dei fatti è un ostacolo da evitare e ogni fazione può avere una comunità internettiana in grado di autoalimentarsi senza dover mai essere costretta ad affrontare se non le frange più rumorose della fazione opposta, il dialogo politico-etico-sociale si è largamente trasformato «into a basketball game where the teams are on different courts, and stand around a basket racking up meaningless points and throwing shit over the dividing wall» (Ben "Yahtzee" Croshaw, recensione di Hatred). Nasce una camera ad eco, nella quale le proprie argomentazioni vengono ripetute continuamente, in modo sempre più rumoroso e semplificato, finché non si trasformano in un caos autoreferenziale, un'estremizzazione quasi parodica che dà all'altro lato della barricata ancora più sicurezza di aver ragione, mentre le voci ragionevoli e maggioritarie si perdono nel rumore.

E così, vediamo questa meravigliosa capacità della rete: quella di trasformare qualunque argomento, compresi quelli più corretti e rispettabili, compresi quelli che nascono come più che esatte correzioni di semplificazioni o bufale, in un meme, uno slogan, un luogo comune che si estremizza rapidamente fino a diventare tanto odioso, superficiale, semplificatorio, e arrogante quanto quello che era nato per combattere.

Basterebbe prendere, come esempio, il recente dibattito sul referendum costituzionale in Italia, che sia a livello "social" che a livello politico-giornalistico si è ridotto a un patetico dialogo fra "voto no perché non ho capito la riforma e poi non voglio votare come Verdini e Alfano, Renzi a casa e Boschi puttana, con la riforma arriva il dittatore" e "voto sì perché bisognerà pur cambiare qualcosa, puoi mica sempre dire no, non voglio votare come Grillo/Salvini/D'Alema e gli altri gufi invidiosi che sanno solo criticare, grillini fascisti, con la riforma si manderanno a casa i politici e si risparmieranno millemila miliardi". Anzi, più che un dialogo, i capricci di due lattanti moccolosi che vomitano biscotti Plasmon pre-masticati. Ma ci sono degli esempi di minor peso, su scala più piccola, che considero ancora più significativi.

Dai, bambini, adesso basta, su, vi state rendendo ridicoli.

Per esempio. Il concetto di friendzone nasce come battuta, si evolve in un termine-ombrello sotto cui si sfogano migliaia di persone che hanno provato il dolore di una delusione amorosa, si rafforza in una generalizzazione contro le ragazze che sfruttano consciamente i sentimenti degli amici per avere regali e favori, e degenera nel dare della troia friendzonatrice a chiunque non la dia a comando. A quel punto, comprensibilmente e giustamente, arriva la reazione: nasce la ragionevole critica a quest'estremizzazione per la quale le donne dovrebbero comportarsi come distributori automatici che erogano vagina in cambio di favori gentili, si evolve come altrettanto ragionevole critica a quei ragazzi che fingono di comportarsi "da amici" e poi piangono friendzone appena vengono rifiutati dopo un merdosissimo approccio su Facebook, e presto degenera in "la friendzone non esiste, le donne devono fare quello che vogliono, chi parla di friendzone è uno schifoso maschilista che odia le donne", diventando a sua volta un'estremizzazione ridicola che ignora completamente i sentimenti di una parte (le persone comprensibilmente sofferenti per il comunissimo dolore dell'amore non corrisposto) a insindacabile favore dell'altra.

Una contrapposizione come questa si inserisce nel più ampio scontro fra femminismo (che nasce dal dare pari diritti alle donne e dal pretendere la fine di certe segregazioni di genere e arriva a parlare di "manspreading" e "stare-rape" chiedendo la censura di fumetti con personaggi con le tette grosse) e anti-femminismo (che parte da ragionevoli critiche agli eccessi del primo e, attraverso una enorme comunità auto-referenziale su YouTube, arriva a MGTOW, "women want to be put in their place, "quelli di sinistra sono ritardati", e Trump), ma esempi di questo tipo sono ovunque: la preoccupazione per il dato sull'analfabetismo funzionale in Italia diventa prima la giustissima rabbia contro i commentatori deliranti o razzisti, o contro chi condivide acriticamente le bufale, e poi degenera in quel patetico onanismo nazional-popolare del nozionismo fine a sé stesso che si esprime nel dare dell'analfabeta a tutti coloro che seguono un politico che confonde il 1950 col 1948 o il Cile con il Venezuela. La critica agli eccessi del veganesimo e dintorni (auguri di morte a destra e a manca, bufale tipo "la dieta naturale dell'uomo è fruttariana" o "la carne fa male" o "cuocere i cibi rovina le proprietà nutritive", dare cibo vegano ai gatti, eresie come la "carbonara vegana" ecc.) diventa sbandierare foto di bistecche con la stessa infantilità di un esibizionista con l'impermeabile, oppure dare dei ritardati a tutti i vegetariani. La sacrosanta critica alle semplificazioni populiste del tipo "presidente del consiglio non eletto dal popolo" diventa un comodo slogan da condividere con un click per insultare uno strawman di questo o quel partito, ignorando le (discutibili ma legittime) questioni di legittimità politica, slegate dall'aspetto legale-costituzionale, comunque presenti in quel tipo di argomento. Luigi Di Maio che accampa una scusa dubbia sul non aver capito la natura delle accuse alla Muraro diventa "dima e di ballista non sanno usare le mail lol grullini idioti": un meme, una fesseria da asilo nido.

Political discussion in a nutshell.

Non c'è discussione, c'è tifo calcistico. Non c'è dialogo, c'è il soscrivere un'intera categoria di persone ad argomenti-fantoccio da bruciare, per poi andare trionfanti davanti allo spechio a fare l'elicottero col belino. Non c'è l'argomentazione, c'è la condivisione di un'immagine con scritte in colori sgargianti. I social non sono la causa, ma danno il mezzo per vedere con la chiarezza del sole a cosa si riduce la dialettica quando ogni fazione si auto-estremizza in camere ad eco di self-righteousness: un remescio di insulti e slogan della stessa (infima) qualità retorica, che fanno sovrapporre e sfumare le parti in causa in un indistinguibile Pollock di idiozia e disonestà intellettuale. Complottisti e anti-complottisti i cui commenti sono altrettanto pieni di bile, arroganza, superficialità, stereotipi/meme ("posa il vino e torna al gombloddo delli scii kimici"), e fallacie ab auctoritate. Fanatici religiosi che "i gay sono la rovina della famiglia, il terremoto è una punizione divina per le unioni civili, le donne devono essere pure" e fanatici anti-religiosi che "lol amici immaginari, la chiesa c'ha i soldi, Easter deriva da Ishtar, bestemmie random" che si sfidano a chi riesce a essere più ignorante, incivile e pregiudiziale. Quelli che accusano un giornalista di essere renziano pagato dal PD, e quelli che accusano LO STESSO articolo dello STESSO giornalista di essere l'house organ del M5S pagato dalla Casaleggio. Giornalisti di opposte idee che titolano le proprie prime pagine con espressioni degne solo di un bambino delle elementari, magari pure con virgolettati palesemente inesatti. Potrei andare avanti per ore.

Dove voglio andare a parare con tutto questo? Da nessuna parte. Questo non vuole essere un "articolo" o un testo argomentativo, ma solo uno sfogo estemporaneo di una persona che passa troppo tempo a farsi del male leggendo le sezioni commenti su internet. Un mugugno fine a sé stesso. Un rant, appunto.

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