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7 mar 2022

[Recensione] Harmony - La trilogia di Project Itoh, pt. 3

(<harmony/> ハーモニー, 2015)
 

A chiudere il trittico di opere animate ispirate ai romanzi di Project Itoh, dopo L'Impero dei Cadaveri e L'Organo Genocida, parlo di <harmony/>,  il secondo in ordine di pubblicazione sia come film che come libro. Del resto, in un trittico non è forse la parte centrale quella più importante, quella che lega e arricchisce di senso le due ali? 

Mezzo secolo dopo il Grande Cataclisma nucleare che ha sconvolto il mondo, le civiltà avanzate stanno cercando di costruire una società totalmente sanitizzata, in cui ogni essere umano sia costantemente monitorato da un impianto cibernetico iperconnesso che ne segue lo stato psicofisico per garantirne la salute. Come risultato, la malattia e persino la vecchiaia sono stati quasi sradicati dal Giappone, ma insieme a loro è sparita l'autonomia dell'individuo sul proprio corpo e sul proprio egoismo.
Kirie Tuan è un'ispettrice dell'OMS (che l'adattamento italiano si ostina a tradurre come Daboliù Eic Oh, come se non fosse un'organo realmente esistente, ma tralasciamo), reduce di un tentativo di suicidio di gruppo in gioventù nel quale morì la sua """""""""""""""amica
""""""""""""""" Miach Mihie. Tuan, come Miach prima di lei, si oppone a questo mondo e cerca di ritagliacisi degli spazi di autonomia. Un giorno, però, richiamata nel suo odiato Giappone, assiste a un evento traumatico: migliaia di persone, di punto in bianco, si suicidano tutte insieme. L'OMS si prende in carico l'indagine su quale falla del sistema informatico sia stata usata per commettere questo atto, ma per Tuan essa altro non è che un modo per risalire alla verità su Miach e sul misterioso progetto "Harmony".

Fra cospirazioni e gruppi segreti, quello che emerge è un curioso misto fra Demolition Man, Evangelion, Psycho-Pass e Deus Ex che riesce ad essere intrigante da morire pur non avendo una sola idea originale in corpo. Innanzitutto perché la regia è ottima: nonostante un'animazione a tratti martoriata da un abuso di CGI, riesce a trasmettere un senso di malinconia opprimente ed onnipresente che ben rispecchia lo stato d'animo della protagonista, e a rendere la storia fra Miach e Tuan tanto inquietante quanto sorprendentemente dolce. Una nota di merito, qui, va anche al doppiaggio italiano, che sulle due protagoniste è perfettamente on point. In secondo luogo, grazie al setting, che dietro all'apparenza di essere semplicemente una versione sanitaria del surveillance state americano delinea invece una critica spietata della società giapponese: gentilezza e cortesia come ragione d'essere, completa dedizione all'umano come essere comunitario a totale scapito dell'individuo, alto tasso di suicidi da parte di giovani che, piuttosto che vedersi sottratte la propria individualità e il proprio stesso corpo da una società "iper-gentile", si tolgono la vita appena prima di raggiungere l'età adulta, fintanto cioè che «il nostro corpo è solo nostro, e noi siamo solo noi».

L'avanzare della trama non è privo di forzature e accelerazioni indebite, si sente in molti punti un tragico bisogno di approfondimento della psicologia dei personaggi (dovuto, chissà, più all'adattamento che al materiale di partenza?), ma ciò nonostante proprio le due protagoniste riescono a reggere la storia con il loro carisma e con il mistero sulle loro motivazioni. C'è molta creatività nel design del mondo (scelta interessante il fatto che sia tutto rosa e fatto di forme arrotondate, dando agli edifici un'aria un po' a metà fra casa delle Barbie e dei dildo giganti) e dei personaggi, anche laddove non ce n'è nella trama. A quest'ultima, però, devo dar credito per il coraggio di essere andata fino in fondo con il decadimento apocalittico del mondo, fino a un finale che, dopo un momento prevedibile nella sua tragicità ma perfettamente sensato dal punto di vista emotivo, oserei definire "uno Human Instrumentality Project che non ha smesso di crederci".

Il motivo per cui ho trattato il film "di mezzo" come conclusione della trilogia di Project Itoh è che, curiosamente, secondo me funziona perfettamente come terza visione della trilogia, in quanto costituisce un punto d'incontro e di raccordo fra i nuclei tematici degli altri due:

  • Come Cadaveri, ha come motore dell'azione dei protagonisti un amore omosessuale (più esplicito qui). 
  • Come Organo, è ambientato in un mondo che ha elaborato una soluzione estrema come reazione a un periodo di terrore e morte.
  • Come Cadaveri, ha come fulcro della cospirazione dietro le quinte un progetto per  
  • Come Organo, ha come aspetto fantascientifico del suddetto piano un meccanismo di manipolazione del cervello che si basa sul potere del linguaggio e di altri meccanismi neurologici innati. 
  • Come Cadaveri, ragiona su dove sia l'essenza naturale dell'uomo in un mondo in cui la tecnologia progredisce sempre più in profondità nel suo stesso corpo. 
  • Come Organo, presenta una estremizzazione trans-umana di un aspetto di una società avanzata (individualismo, consumismo e sorveglianza negli Stati Uniti; comunitarismo, salute e dedizione al dovere in Giappone) e la mette in contrasto con la situazione in società meno ricche. 
  • Come entrambi, si chiede quale prezzo si sia disposti a pagare per la pace della propria società, quali libertà si sia disposti a sacrificare per averne in cambio altre. 
  • Come entrambi, ha Akio Ootsuka in una particina di poche battute, e qualcuno 'sta cosa me la dovrà spiegare prima o poi. 
  • Come entrambi, ha il character design di Redjuice (qui lasciato totalmente a briglia sciolta) e la canzone finale melensa degli Egoist MALEDETTI SUPERCELL QUESTI ERANO GLI ULTIMI ANNI DEL VOSTRO REGNO DI TERRORE

OK, adesso che il discorso sui film è concluso, forse è il momento di spiegare questo mio rapporto di odio-amore con i supercell e gli Egoist in particolare. Vedete, i supercell sono un gruppo originariamente indie di vari artisti, che da un certo punto della loro carriera sono esplosi avendo trovato la propria nicchia di successo nel mettere mano in anime pretenziosi che si credono di essere molto più di quanto sono in realtà, a partire da Bakemonogatari. (Ché se il genere "anime pretenziosi che nascondono un contenuto di fanservice insignificante dietro una facciata di dialoghi verbosi e regia ultra-ricercata" fosse una pagina Facebook, Bakemonogatari ne sarebbe l'immagine di profilo e di copertina.) Poi, in Guilty Crown: l'anime che a un certo punto ha conquistato il mondo degli otaku zuenotti dei primi anni '10, pubblicizzato e glorificato ovunque anche se era un collage raffazzonato di idee copiate male da Evangelion e da Code Geass, prima di sparire nell'abisso del dimenticatoio della storia da cui non sarebbe mai dovuto uscire. Anime che io all'epoca fui costretto a guardare fino alla fine anche se mi faceva cagare perché scrivevo recensioni per un sito (poi, fortunatamente, defunto). 

Ebbene, gli Egoist erano un gruppo musicale fittizio all'interno del suddetto collage raffazzonato di idee copiate male. Un gruppo che, chiariamoci, non aveva la minima ragione di esistere all'interno di quella storia (Inori, la cantante, data la sua backstory, non avrebbe avuto alcun motivo di farne parte), e che viene giusto nominato tipo tre volte nella prima puntata e basta. Eppure, Ryo dei supercell e 'sta cazzo di cantante ragazzina giovanissima che piagnucola nel microfono, con le loro canzoni tutte uguali, hanno continuato a usare quel nome lì come "progetto parallelo" da quel momento in avanti, specializzato in sigle di animepretenziosichecredonodiesseremoltodipiùdiquantosiano, continuando così a ricordare al mondo e a me in particolare dell'esistenza di Guilty Crown in quello che, per circa mezzo decennio, sembrò al sottoscritto un onnipresente impero del male, che mi trovavo davanti in continuazione.

E questo era l'odio.

L'amore è che quelle canzoni mi piacciono. Mi piacciono pure parecchio. Kimi no shiranai monogatari mi ha accompagnato tanto in un brutto periodo della mia vita, e se dicessi che non mi ha fatto piangere mentirei spudoratamente.. La cantante (sia Koeda, che si unì al gruppo quando aveva solo 15 anni, sia Chelly, la seconda metà degli Egoist) ha un range e un'espressività emotiva davvero incredibili. Ryo, il compositore principale, ha uno stile immediatamente riconoscibile anche se molto ripetitivo. Il character design di redjuice, anche se è tipo la cosa più anime-in-senso-cattivo che abbia mai visto (come cazzo si vestono Inori e Tuan, seriamente?), è almeno uno dei pochi rivoli sprizzanti in un periodo di siccità creativa. In nuce, rappresentano per me quello che l'universo cinematografico Marvel rappresenta per il cinema: il trionfo di una banalità assoluta, ripetitiva, commerciale, confusionaria eppure con un'identità ben precisa, che permea tutto ciò che una volta amavi con una versione esagerata e sintetica di quelle stesse emozioni che una volta ti dava, che si prende e si fa prendere decisamente troppo sul serio, ma che pur è fatta talmente bene, dal punto di vista tecnico e del talento che vi è coinvolto, che non riesce a non prenderti; che puoi parlarne male quanto vuoi, ma ti piace, e ti continuerà a piacere.

Quindi sì, lo ammetto. Tutte e tre le canzoni di chiusura della trilogia di Project Itoh sono molto belle. Anche se sono perfettamente identiche a qualunque altra canzone degli Egoist.

 
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. 
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
 

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