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21 apr 2018

[Rant/About Me] La palestra dei forum e l'importanza di una sana retorica

Chiunque frequenti la cloaca a cielo aperto che sono le sezioni commenti sui social, specialmente sotto qualunque cosa anche solo sfiori politica, immigrazione o questioni di genere, sa quanto basso sia il livello medio delle conversazioni. Non mi riferisco solo alla semplice presenza di razzisti, insulti ecc. ma proprio alla qualità delle argomentazioni, fin da quello che nei temi scolastici si chiamava "rispettare la consegna". 
 
Conosciamo tutti il variopinto fiorire di questi esemplari: quelli che riescono a tirare fuori gli immigrati/il sessismo/il fascismo/i centri sociali/le scie chimiche/i congiuntivi di Di Maio/Renzi/Salvini/Raggi/Berlusconi/Trump anche sotto un video di gattini pucciosi; quelli che riescono a sostenere due idee in contraddizione; quelli che fanno generalizzazioni indebite o erigono strawmen colossali per poter sventolare slogan; quelli per cui un personaggio con un minimo di megafono pubblico che esprime un'opinione significa che quel personaggio è pagato da PD/Casaleggio/i massoni/Putin/i PoteriFortiTM/la Chiesa/tua madre per fare propaganda.

Non riesco a non chiedermelo: perché sono così? O meglio: perché io non sono così? Perché io ci tengo alle sfumature di grigio, ad essere preciso nell'esposizione? Forse perché sono di sinistra mentre divampa il populismo becero di destra? Perché ho fatto lo scientifico invece dell'IPSIA? Perché sono cresciuto col prog invece che con la techno o il rap? Perché sono un perfezionista con debilitanti problemi di ansia e insicurezza? Sono ipotesi che posso escludere categoricamente, perché ho abbondanti evidenze di esempi opposti.[1] Mi sono allora chiesto se un certo ruolo non possa averlo avuto l'esperienza nei forum.

Non questo, maledizione.
Avete mai fatto caso che il logo di Forum assomiglia un po' a quello degli Angra?

Negli anni cruciali della mia formazione, internet non era ancora un mezzo di massa disponibile in ogni momento nella tasca anche della più annoiata casalinga sessantenne di Voghera. Era l'epoca dei primi “pionieri”, ancora additati come nerd. I social muovevano i primi timidi passettini, e l'ambiente d'incontro per eccellenza erano ancora i forum. Ah, l'epoca d'oro dei forum monotematici! Era tutto un fiorire di community più o meno piccole i cui membri, a prescindere da qualunque altra differenza, sapevano di partire da almeno un punto di vista comune. Nelle più piccole, si arrivava a chiamarsi per nome nonostante il nickname. Persino il forum dei Blind Guardian, che pure piccoli non sono, era diventato una specie di famiglia.

MetalGearWeb era una board di questo tipo. Non era goffa o erratica come un Twitter; era elegante, invece, per tempi più civilizzati. L'ho frequentata stabilmente per più di undici anni, e mi ci sono fatto molti amici. Si postava perché si aveva qualcosa da dire, non per i like. Esisteva il concetto di "off topic", per cui sotto ogni thread si restava rigorosamente in tema (più o meno). Esisteva il concetto di non insultare non solo i presenti, ma anche gli assenti, perché chiunque sarebbe potuto capitare su quelle pagine, leggere e sentirsi malvoluto. Esistevano i moderatori, che camminavano in mezzo a noi e avevano il potere di sanzionare chi violava le regole di convivenza civile; che erano chiare e applicate, perché mica ci dovevamo guadagnare, non ci importava perdere utenti se significava liberarci delle teste di cazzo[2].

E quando si dibatteva, oh boy come si dibatteva! Ci si rispondeva punto su punto con il potere dei quote. Ci si faceva le pulci su ogni incongruenza, ogni incoerenza, ogni dettaglio sbagliato, persino per la grammatica e l'ortografia (OK, quello ero soprattutto io). Ci si abituava ad argomentare in modo articolato e civile, perché ogni generalizzazione, ogni insulto anche velato, ogni sparata senza basi veniva ripresa e attaccata da avversari (dialettici) pronti ad appigliarsi a qualunque falla per smontare la tua logica. Ci si abituava al fatto che la gente ti conosceva, anche se solo tramite nickname. Ci si abituava a non chiudersi in bolle e ad affinare sempre di più la propria retorica.

Vi presento un reperto archeologico di quei tempi: la faccina animata asd.gif.
La sua sparizione è inspiegabile e imperdonabile. Il mondo ha bisogno dell'asd!

C'era un utente, in particolare. Oggi fa il game designer. Era diventato una sorta di eterno rivale: battibeccavamo come bestie per ore, degli argomenti più disparati, dalla politica a Death Note, dalla pena di morte ad Avatar, dall’11 Settembre a chi fosse più gnocca fra Quiet e Eva. Nella maggior parte delle occasioni eravamo di opinioni diverse, se non opposte, e negli anni è maturato una specie di insano gusto del dibattito. Andavamo avanti per giorni. Ci facevamo le pulci su ogni generalizzazione, ogni affermazione senza fonte, ogni frase grammaticalmente ambigua, persino sull'uso dell'unità di misura («50 cosa? Patate? 50°, OK, ma che gradi? Celsius? Kelvin? Fahrenheit? Citi fonti americane, sii chiaro!»). La gente prendeva i popcorn, per leggerci. Inutile dirlo, lui era lo scienziato, io il filosofo; lui il liberista cinico, io il comunista idealista.

Ma anche se tante volte avremmo voluto saltarci alla gola a vicenda, non è mai mancato un profondo rispetto fra noi. Principalmente perché riconoscevamo l’intelligenza dell’altro, ma anche perché, semplicemente, ci limavamo a vicenda. Spesso partivamo da punti di vista radicalmente opposti, per poi addentrarci a spirale nei dettagli e scoprire che erano meno lontani di quel che pensassimo (magari guardavamo in direzioni diverse ma dallo stesso punto di partenza, o al contrario guardavamo nella stessa direzione ma da punti di partenza opposti), oppure smussare i rispettivi estremismi, facendoci notare dettagli che non avevamo mai considerato, che ci aprivano nuove strade di pensiero. Da quelle discussioni, raramente uscivamo fuori con opinioni completamente immutate. Insomma, era vera dialettica, quasi in senso hegeliano.[3]

E mi ha abituato, cazzo. Mi ha abituato non solo a scrivere, ma anche a ragionare in un certo modo: esprimendomi così scoprirei il fianco ad attacchi o pignolerie? Se sì, posso smontarli preventivamente? Con questa frase un po’ provocatoria darei il pungolo, o mi farei dare dello stronzo? Stimolerei il dibattito, o semplicemente il banhammer? Se do ragione a quell’altro tizio, che è dalla mia stessa parte ma ha fatto delle affermazioni totalmente sbagliate, sembra che pensi anch’io quelle cose?

Eravamo un po' così.
Ecco, non so se questa sia una spiegazione "universalizzabile", se quello che ho descritto fosse comune o solo la mia personale esperienza. Però è un dato di fatto che a tanti utenti dell'epoca social, sia fra i più giovani che fra i più anziani, manca la palestra dei forum. Palestra che per me è stata inestimabile per capire quanto peso abbia la forma del discorso, la retorica che si usa e, ancora di più, quella che si evita; quanto sia importante essere precisi ed articolati nelle proprie argomentazioni, anche nell'epoca in cui si predilige indegnamente la semplicità viralizzabile.

La prossima volta che dibatterete con un qualche buongiornista su Facebook, provate a far finta di essere su un forum. Siate pungenti, ma non aggressivi. Niente benaltrismi. Niente blast infantili e acchiappa-like. Argomentate senza slogan e senza generalizzazioni. Non scrivete per voi stessi, ma per gli altri, sia gli interlocutori che i possibili lettori che potrebbero capitare su quella pagina fra sei mesi. E spingete il vostro interlocutore a fare altrettanto. Chissà che così la dialettica, il confronto, non tornino ad avere un senso e un'utilità.


[1] Per dire: vedo anche persone di sinistra cadere in queste trappole (i tifosi del PD, da dopo il 4 marzo, sono esilaranti), laddove invece una volta sono riuscito ad avere una conversazione produttiva persino con uno di Casa Pound. Io, che rido ancora al meme della foto girata "a testa in giù".
[2] Ivi compresi gli edgelord, i memelord e i troll; ché lo so che oggi essere edgy provocatori a muzzo va di moda, ma non dimentichiamoci che, prima che la cultura di 4chan si diffondesse, li chiamavamo semplicemente "teste di cazzo".
[3] Peraltro, quando ci capitava di essere totalmente d’accordo contro un terzo, io mi sentivo come quando Goku e Vegeta combattono insieme, non so se mi spiego. Diventavamo una forza inarrestabile. Come quando difendevamo Metal Gear Solid: Peace Walker per il capolavoro che è.

27 mar 2018

[Recensione] Star Wars: The Clone Wars - Eroi della Repubblica

Uscito per PC, PS3, XBox, oltre che per PSP, Wii e DS, ma queste ultime sono versioni sensibilmente diverse. Io ho giocato la versione PS3.
Beh, è... un gioco, immagino.

The Clone Wars: Eroi della Repubblica è un tie-in basato sulle prime stagioni dell'eccellente serie animata The Clone Wars, che prende la forma di un action in terza persona in cui il giocatore veste i panni sia di alcuni degli Jedi protagonisti della serie (Anakin, Ahsoka Tano, Obi-Wan, Windu, Kit Fisto, Plo Koon, Luminara Unduli e Aayla Secura) sia di alcuni dei più famosi cloni dell'Esercito della Repubblica (Rex, Cody, Ponds, Bly, Gree e altri) mentre, su fronti di battaglia diversi, si trovano coinvolti in un vasto piano separatista per utilizzare una nuova, ennesima superarma.

Se il concetto alla base del progetto è indubbiamente buono (un titolo Star Wars in cui posso giocare come Ahsoka e come Rex? Ditemi solo dove devo firmare!), tutto nell'esecuzione di questa idea sa di "scusate, avevamo fretta e non è che ce ne fregasse così tanto". Eppure, per qualche oscura ragione, riesco a passare sopra tutti i moltissimi difetti di questo titolo. Non so se sia perché sono uno di quei fanboy di Star Wars che si ingoia tutto (Episodio VIII a parte, s'intende, a tutto c'è un limite) o se perché, in fin dei conti, mi abbia comunque divertito.

Posso perdonare la grafica degna al massimo di un titolo PS2: in fondo lo stile risulta molto fedele a quello (delle due stagioni graficamente peggiori) della serie, ed era comunque un multipiattaforma dei primi anni della settima generazione! Posso perdonare la difficoltà pressoché inesistente (morire durante le battaglie non è cosa tanto comune, e anche quando succede si respawna immediatamente al checkpoint più vicino, che non è mai a più di pochi secondi di cammino, senza alcuna penalità a parte la sottrazione di 100 punti. Praticamente, si può morire contro l'ultimo nemico di un gruppo o l'ultimo HP di un boss, respawnare immediatamente, e finire il lavoro), perché è chiaramente un gioco con un target molto giovane e la sfida viene semplicemente "spostata" sul cercare di fare punteggi alti. Il target giovane, peraltro, è rivelato anche dal negozio in-game dal quale comprare, coi punti ottenuti nel gioco, potenziamenti, trucchi, e costumi buffi per il PG; un rimasuglio dell'epoca PS2 che sinceramente un po' mi manca. Posso perdonare l'adattamento italiano francamente imbarazzante, perché almeno il cast è lo stesso della serie, e ormai a traduzioni videoludiche fatte col culo sono, ahimè, abituato (certo, mi si poteva anche lasciare la possibilità di scegliere la lingua nelle opzioni, eh!). Posso perdonare l'estrema ripetitività, ché dopo quaranta minuti hai già visto tutto quello che c'era da vedere, perché titoli molto più blasonati di questo hanno sofferto dello stesso difetto, e se il gameplay è solido e divertente ci si passa sopra senza problemi. Posso concedere il beneficio del dubbio riguardo la miriade di bug e rallentamenti e il continuo bloccarsi per qualche secondo, perché in fondo l'ho comprato usato, magari è colpa della mia copia.

Fatico molto di più a perdonare la telecamera, odiosamente messa in posizioni fisse e quasi mai ottimali, soprattutto se abbinata a dei controlli abbastanza discutibili: quando si controllano i cloni non esiste il "mirare", esiste lo sparare a caso finché i tuoi colpi non sembrano raggiungere qualcosa, e se avessi un centesimo per ogni volta che, nelle fasi di platforming con i Jedi, ho mancato un salto perché ingannato dalla prospettiva di una telecamera piazzata con precisione chirurgica nel punto peggiore possibile, mi sarei ampiamente ripagato il prezzo d'acquisto. In compenso, però, immagino di poter capire il motivo di questa scelta: lodevolmente, il titolo è molto incentrato sul couch co-op, cosa indegnamente rara di questi tempi, e quando hai due giocatori da accomodare una telecamera di questo tipo è probabilmente l'unica alternativa allo split screen. Fatico anche a perdonare il fatto che, con tutti i personaggi giocabili che ci vengono forniti, fra di loro non c'è nessuna differenza dal punto di vista del gameplay, e questa cosa che comandare Ahsoka e comandare Mace Windu sia del tutto identico è un po' un'occasione sprecata.

Però capisco perfettamente perché qualcuno potrebbe non riuscire a passare sopra a tutti questi problemi di un titolo chiaramente buttato in pasto al pubblico giusto per mungere un po' il franchise. In fondo, a me è stato regalato, da una fidanzata sempre alla ricerca di giochi co-op da fare insieme e che l'ha avuto per pochi spiccioli da un cestone dell'usato. E poi, quando si tratta di Star Wars sono una persona semplice: fammi maneggiare una spada laser e sono contento; dammi un episodio in più di Clone Wars e sono contento; fammi vedere Ahsoka Tano e sono contento, soprattutto anche nella sua epoca jailbait. Però c'è chi l'ha comprato a prezzo pieno, o ci ha investito venti euro su Steam, e per un prezzo del genere voleva qualcosa di più di un gioco buggoso, ripetitivo, macchinoso, e inferiore sia ludicamente che narrativamente che tecnicamente a titoli PS2 quali Prince of Persia, Devil May Cry o, ovviamente, Jedi Outcast.

Ma immagino che chiedere qualcosa al livello di Republic Commando o di Jedi Outcast ma ambientato nel canon della serie The Clone Wars sia chiedere troppo, eh?

19 mar 2018

[Recensione] Papers, Please


Può un gioco basato interamente su un lavoro noioso, ripetitivo e ingrato essere non solo divertente, ma anche una delle cose più uniche, immersive, geniali e immancabili degli ultimi anni?

Ambientato nella fittizia (e distopica) Arstotzka, un Paese di stampo sovietico-orwelliano, il giocatore prende i panni di un comune cittadino che viene scelto per essere ispettore di frontiera al confine con Greistlin Est. Il suo compito è molto semplice: esaminare i documenti di una lunghissima fila di entranti, verificare che siano in regola, senza falsificazioni o incongruenze, e apporre il timbro per negare o approvare il loro accesso al Paese. Insomma, il sogno erotico di un leghisNO! Niente battute politiche fino a maggio, ho detto!

A un livello superficiale, c'è il semplice aspetto di sfida. Man mano vengono aggiunti più e più livelli di burocrazia, le regole di accesso si complicano in base agli eventi della storia, si dovranno gestire attentati, si potranno eseguire perquisizioni o ordinare arresti di persone sospette. E anche quando il poveraccio davanti a voi vi presenterà quattro o cinque documenti diversi da esaminare, basterà una cifra sbagliata sotto "numero di passaporto", una sola volta, e si dovrà rifiutare l'entrante, o mandarlo a fare due chiacchiere con i signori gentili coi fucili in quell'edificio in cui vedi la gente entrare ma non la vedi uscire tanto spesso (cit. Yahtzee).


A un livello profondo, però, c'è molto di più. C'è un continuo mettere il giocatore di fronte a scelte morali difficilissime: dal suo piccolo, insignificante posto di ispettore di frontiera, il protagonista ha il potere di influenzare decine, centinaia di vite, è un minuscolo ma fondamentale tassello nelle storie che incrocia tangenzialmente ogni giorno. Ogni entrante rifiutato per un errore nelle carte è un disperato che non troverà asilo politico, è un lavoratore che perderà il posto, è una mamma che non rivedrà il figlio, una moglie che non potrà riunirsi al marito, un ambasciatore che provocherà un incidente diplomatico... ma ogni ammesso per errore potrebbe essere un terrorista che ucciderà delle guardie innocenti, o uno spacciatore, o un criminale ricercato in fuga dalla giustizia, un trafficante di prostitute. E quando questo spacciatore, questo terrorista, questo trafficante di prostitute, invece, ha i documenti perfettamente in regola?

Ma non finisce qui: il protagonista viene pagato in base a quanti entranti smista correttamente. E con un affitto da pagare, un gelido inverno da affrontare, e quattro bocche in famiglia da sfamare, i 5$ che si perdono per un singolo errore (o per un singolo gesto di filantropia!) possono fare la differenza fra riuscire e non riuscire a comprare le medicine per il figlio malato.

Vi sono alcuni eventi scriptati che costituiscono le pietre miliari di questo aspetto: momenti in cui si dovrà scegliere se rompere le regole per uno scopo più nobile (riunire una coppia, aiutare un gruppo rivoluzionario, fermare un assassino, aiutare un lavoratore...) a spese della propria famiglia, o rispettarle pedissequamente per la propria sopravvivenza; oppure, al contrario, momenti in cui si dovrà scegliere se romperle per il proprio beneficio (tangenti, favoritismi ordinati dal capo, preparativi di fuga...), o rispettarle da buon cittadino anche quando significa andare contro i propri interessi.

Man mano che i bisogni della famiglia crescono, man mano che il lavoro si fa più complesso eppure più frenetico e stancante, diventa sempre più difficile essere una brava persona. Si viene progressivamente alienati e si perde la capacità di empatizzare con le decine di facce che si vedono ogni giorno, perché sì, questo sul passaporto è chiaramente un errore di stampa, ma quel bonus sullo stipendio in base a quante persone faccio arrestare mi fa una gola terribile visto che ho la bolletta del riscaldamento. 


AIUTO
Ogni aspetto della direzione artistica rinforza questa alienazione: i colori smorti e innaturali, le poche musiche marziali e cupe, i dialoghi scritti con uno stile secco, sintetico ed inespressivo (nonché a tratti quasi sgrammaticato, come se venissero pronunciati con un accento est-europeo), le voci sostituite da una manciata di effetti sonori sintetici che sembrano vagamente voci umane ma che si percepiscono solo come un farfugliare generico. Non so se queste caratteristiche siano dovute a una scelta precisa da parte dello sviluppatore, Lucas Pope, o alla semplice mancanza di fondi, ma fatto sta che funzionano benissimo.

Papers, Please è un gioco geniale e straordinariamente immersivo, da giocare assolutamente, che vi sottoporrà a scelte continue e difficili, e non solo se, come me, vorrete sbloccare ognuno dei 20 finali (di cui molti sono praticamente dei "game over" molto specifici, però...). Ma soprattutto, un'opera che pur nella sua semplicità tecnica si può ergere fra gli esempi principe del videogioco come forma d'arte complessa e significativa, e che pur a ormai quasi cinque anni dall'uscita ha ancora molto da dire. 

Anzi, forse ha ancora più da dire oggi, in un'epoca in cui l'immigrazione è percepita da così tante persone come un problema serio, e in cui quindi non si deve sottovalutare l'importanza di un'opera che ci permette di percepire empaticamente e "in prima persona", prima ancora che intellettualmente, tanto le tribolazioni di chi emigra quanto di chi quel flusso di persone lo deve controllare; tanto la difficoltà di sviluppare e applicare regole che siano giuste (umanamente), chiare, accessibili, efficaci, quanto la necessità di impegnarsi per trovarle, quelle regole, e i rischi che si corrono se vengono aggirate, mal applicate, o semplicemente mal pensate. Insomma, che aiuta un po' a capire come il mondo non sia in bianco e nero. Gloria ad Arstotska.


E niente, non ce la faccio proprio a non parlare di politica. Ho bisogno di aiuto.

10 mar 2018

[Risposta] Lo strano snobismo di sinistra verso gli elettori del Cinquestelle - Non avete capito un belino

Prometto, ultimo post politico almeno fino a maggio, dopo torno a parlare di nerdate.

Com'è normale e naturale, le analisi del dopo voto si sprecano, e fra queste mi hanno colpito questi due articoli che trattano un tema a me caro:
Mi è caro perché sono di sinistra, ex elettore del PD (politiche 2008 e regionali 2010) ed ex elettore del M5S (politiche 2013, europee 2014, regionali 2015), quindi vedo le due forze come, in qualche misura, vicine a me, pur se nessuna delle due mi rappresenta più. Dalla mia prospettiva, la débâcle del PD, unita a una totale incapacità di vederne le ragioni, ha un che di tragedia shakespeariana che mi fa temere molto per il futuro della mia parte ideologica. Credo che questi articoli centrino perfettamente tre punti:
  1. Leggo tanta facile ironia sul reddito di cittadinanza, a partire da pagine di meme di bassissima qualità fino ad arrivare alla recente notizia falsa propagata da Repubblica, Gramellini e altri (ovviamente senza poi correggerla, perché figuriamoci). Nella maggior parte dei casi, peraltro, ironia fatta da chi non ha capito un cazzo di com'è il reddito di cittadinanza come inteso dai grillini, perché nella mia esperienza smettono di ridere e ci restano di sasso quando scoprono che il PD di Renzi ha praticamente già messo in piedi una misura quasi identica e che SeL la proponeva dal lontano 2012. Non criticano il RdC: criticano uno strawman, un meme, una rappresentazione mediatica diventata baudrillanamente iperreale.
  2. La vittoria di M5S e Lega dimostra che, nonostante tutti quelli che straparlano di fesserie come la "post-ideologia" (I'm looking at you, Di Maio), la dinamica conflittuale più importante nelle società moderne è e resta quella di classe. Anche quest'ondata di razzismo, populismo e becero nazionalismo che colpisce anche chi non ci si aspetterebbe può essere inquadrata nell'ottica di una dinamica di classe mal rediretta.

  3. Il fatto che il PD e buona parte del suo elettorato non solo non se ne accorgano, ma addirittura se ne facciano beffe ("lol i giovani disoccupati e ignoranti che vogliono i soldi senza lavorare"), certifica il loro fallimento e la loro incapacità di vedere e comprendere una realtà che non sia quella di Confindustria, di Farinetti e dei salotti snob dei socialdemocratici all'italiana (che si credono versioni hip hop di Togliatti ma non si qualificano nemmeno come versioni lounge di Sanders). Non solo: significa che il loro 18% alle ultime elezioni è quasi un miracolo, probabilmente dovuto a chi (comprensibilmente!) ha avuto paura del M5S quanto della destra e si è turato il naso; perché per come stanno parlando e si stanno comportando ora, si dimostrano indegni persino della doppia cifra.

Qualcosa che il PD non sta facendo: "Practice What You Preach"


Perché sì, io sono d'accordo quanto volete sul rischio rappresentato dall'analfabetismo funzionale, dal continuo scadere di livello della retorica politica, dal reflusso di fascismo, dall'impresentabilità delle destre italiane, dalle fake news confezionate ad arte. Ne ho parlato anche su queste pagine. Posso anche essere d'accordo sulla necessità di mettere un qualche tipo di asterisco al suffragio universale, perché gli imbecilli che votano senza sapere cosa fanno ci sono, e sono effettivamente un pericolo, e una qualche "misura tampone" per tutelarci tutti potrebbe non essere una cattiva idea.

Ma, cari elettori ed eletti del PD, molti dei quali so di poter chiamare compagni, permettetemi di essere schietto con voi. Non per il gusto di offendervi, ma... ecco, come una ex fidanzata a cui avete fatto tanto male ma che tutto sommato ricorda col sorriso i tempi in cui ci eravamo amati, e che adesso patisce a vedervi lì, sul divano, ubriachi di birra del discount, che mangiate i noodle instantanei del giorno prima riscaldati, mentre guardate in TV le repliche di Don Matteo e vi autoconvincete di essere a posto solo perché voi sapete citare Hegel mentre il vostro collega stronzo una volta ha parlato di Pinochet in Venezuela.
  • Se tutto quello che riuscite a dire su Di Maio è che non ha mai lavorato e sbaglia i congiuntivi, non avete capito un cazzo.
  • Se vi lamentate dell'analfabetismo funzionale e poi introducete l'alternanza scuola-lavoro e il resto della "Buona Scuola", non avete capito un cazzo.
  • Se adottate retoriche e livore comunicativo identici a quelli che tanto criticate (giustamente!) di M5S e Lega, non avete capito un cazzo.
  • Se quando litigate con uno di quei turbogrillini bavosi che infestano la rete non riuscite a dir loro altro che "grullini", "sacroblogghe", "pentadementi", "Grillo pregiudicato", "lol le mancate restituzioni", "lol le buche a Roma", siete esattamente al loro livello, e, di conseguenza, non avete capito un cazzo. E non cominciate col "maestra ma ha iniziato lui" ché se no davvero dobbiamo ripartire dalle elementari!
  • Se combattete contro le fake news delle pagine grilline e leghiste (e il loro fumoso rapporto col partito che non si sforza di stigmatizzarle), ma poi lasciate che Repubblica e altri giornali della vostra area vomitino impuniti una bufala demagogica dopo l'altra contro il Cinquestelle, non avete capito un cazzo.
  • Se combattete (giustamente!) contro "l'uso politico" di approssimazioni e luoghi comuni, ma poi parlate convintamente del M5S come di quelli di scie chimiche e terrapiattismi e "anti-metodo scientifico" che si fanno abbindolare dai meme, siete degli ipocriti oltre a non aver capito un cazzo.
  • Se vi crogiolate nell'appoggio di quelle élite artistiche che sono di centrosinistra a prescindere e di quelle élite economiche che sono "governative per definizione" (cit. Agnelli, e che infatti stanno già saltando sul carro del vincitore), mentre a lavoratori e studenti chiedete sacrifici e flessibilità, avete venduto la vostra storia e la vostra identità al capitale. Oltre a non aver capito un cazzo.
  • Se usate l'etichetta dell'analfabeta funzionale per liquidare la discussione con chiunque sia in disaccordo con voi, evitando di riconoscerne l'umanità, evitando anche solo di prendere in considerazione l'idea che magari tutti i torti potrebbero non averceli, non avete capito un cazzo.
  • Se usate il refrain dell'incompetenza, poi fate ripetutamente leggi che vengono bocciate per incostituzionalità, poi il vostro avversario presenta una proposta di squadra di governo tutta improntata alla scelta di figure tecniche super partes, e voi continuate col refrain dell'incompetenza, state facendo l'equivalente dialettico di mettervi le mani sulle orecchie gridando "la la la la la la la". Ovvero, non avete capito un cazzo.
  • Se, una volta sconfitti da un partito di cui giustamente criticate le idee altalenanti e poco chiare, non vi chiedete come mai così tanti italiani preferiscano comunque quelle alle vostre, non avete capito un cazzo.
  • Se non vi rendete conto che buona parte dei votanti Cinquestelle una volta erano dei vostri, e non ne traete le dovute conclusioni, non avete capito un cazzo.
  • Se combattete, giustamente, gli analfabeti funzionali, ma poi siete convinti che questi siano solo gli altri; anzi, che gli altri siano solo analfabeti funzionali; anzi, che se gli analfabeti funzionali non votassero i partiti a voi avversi sparirebbero mentre voi e solo voi volereste; ecco, non è solo che non avete capito un cazzo: è proprio che, sotto sotto, un po' analfabeti funzionali lo siete anche voi.
Cercate di tirarvene fuori. Se no, non basterà "rifarvi la verginità" (salvinianamente) all'opposizione, fuggendo da qualunque ipotesi di convergenza con un M5S a cui siete più simili di quel che pensiate entrambi (come non avete fatto, invece, con Berlusconi... BERLUSCONI, santoddio!) e quindi consegnando il Paese alla destra, per evitare di sparire alla prossima tornata elettorale.

Oh, per carità, a me va anche bene, eh! Magari con un PD sotto il 10% sarà la volta buona che vedremo crescere un po' di Potere al Popolo e di Partito Comunista! Io lo dico per voi.

8 feb 2018

[Rant] Fake News: non fingete sia solo un problema del web

Si parla tanto di fake news su internet, e sia chiaro, se ne ha ben d'onde: troppi elettori oggi votano in base a notizie false o distorte, troppi sono caduti in truffe di sedicenti guru dell'alimentazione o della sanità, troppi sono gli "avvelenatori di pozzi" (cit. Mentana) che sfruttano l'indignazione facile della gente per far soldi, troppe le entità social legate o anche solo simpatizzanti dei grandi partiti (principalmente Lega e M5S, ma anche PD) che abbassano il discorso politico a un livello da asilo usando meme infimi a scopo propagandistico. 

Dopo l'ormai acclarato sforzo russo per intorbidire le acque della campagna elettorale americana (principalmente in favore di Trump) a suon di meme e ad su Facebook, e dopo la scoperta di intere reti di pagine dedite alla conscia disinformazione a scopo di lucro, è chiaro che questo è un problema, e che tanto la politica quanto i proprietari dei social devono affrontarlo. Ma. Mi fa un po' ridere, anzi, molto ridere, vedere chi se ne occupa e come.

Vi ricordate quando a novembre, su Giornalettismo, la presidente Laura Boldrini fece un lungo video smontando le dieci bufale più comuni su di lei? Con tanto di hashtag "BASTABUFALE" tutto in maiuscolo? Vi invito a riguardarlo. Perché aveva assolutamente ragione: è diventata uno dei bersagli preferiti delle bufale acchiappa-analfabeti, e si può vedere nelle sezioni commenti di tutto l'internet quanti ci credano e finiscano con l'identificarla con "IL NEMICO!!11" a prescindere. Tuttavia... oso far notare una cosa. 
I titoli seri e affidabili delle fonti serie e affidabili, reperto 1
«Non credete a tutto quello che leggete sulla rete, imparate a riscontrare la fonte», dice alla fine di questo video. Giustissimo. C'è un problema, però. Le prime tre-quattro delle dieci bufale qui presentate erano state scritte su giornali a tiratura nazionale (Libero, Il Giornale, Il Tempo, La Verità), oppure da personaggi politici anch'essi di rilievo nazionale, come Salvini, non da pagine Facebook a caso. 

Allora cosa vogliamo fare? Vogliamo farla passare liscia a giornali e a politici che mentono sapendo di mentire? Vogliamo mettere la museruola a pagine Facebook e blog a caso, e allo stesso tempo limitarci a scuotere contriti la testa mentre gente come Feltri o Berlusconi o Sibilia o Boschi propagano idiozie ad ogni respiro? Napalm51 che fa meme con errori grammaticali e tanti punti esclamativi non va bene, ma Nadia Toffa che parla dei manga come di opere pedopornografiche e dei maid café come di bordelli, La Repubblica e il Corriere della Sera che pubblicano accuratamente solo parte della fonte per far sembrare che Di Maio avesse difeso Marra prima di essere smentiti dall'Ansa stessa, e Quinta Colonna che si inventa una finta intervista a un finto zingaro tutto OK?
I titoli seri delle fonti serie, reperto 2

Torniamo un attimo ai giornali. Vi ricordate quando, due giorni dopo la strage di Berlino del dicembre 2016, Il Giornale titolò «La Merkel sbaglia terrorista»? Come se Angela Merkel fosse una magistrata o una poliziotta, e come se il sospettato preso e poi rilasciato perché innocente fosse un terrorista lo stesso. 
Stesso giorno, Libero: «La migliore difesa è non averli qui»
Stesso giorno, una miriade di altri giornali con disgustosi titoli strappalacrime sulla ragazza in Erasmus, tipo «Il sogno spezzato», anche se all'epoca la ragazza in questione era ancora dichiarata dispersa (ché già lì altro che JeSuisCharlie, io da genitore della ragazza avrei dato di matto e avrei fatto un JeSuisKouachiItalianTour). 
Due giorni dopo, in Italia viene trovato e ucciso uno dei colpevoli. Libero: «Italia 1-Germania 0». Il Giornale: «Una bestia in meno grazie alla polizia» (con tanto di foto del cadavere, naturalmente). L'Opinione: "Italia über alles". Delicatissimi. 
Non visualizzate automaticamente un signore grasso, sulla settantina, licenza elementare conquistata duramente, con un cartone di Tavernello vuoto in mano, che parla in bergamasco facendo ampi gesti in direzione del proprio pacco?

I titoli seri delle fonti serie, reperto 3
Ma non finisce qui. Vi ricordate quando, ad aprile 2017, Il Messaggero pubblicò un grande scoop su Alessandro Di Battista che va allo stadio a vedere la partita mentre alla Camera si discuteva del fine vita, mentre Di Battista invece era in diretta TV su La7 davanti a milioni di persone? A onor del vero, Il Messaggero ha subito avuto l'onestà intellettuale di ammettere l'errore e correggere, però resta il fatto che hanno pubblicato una notizia falsa senza verificarla: l'hanno verificata solo dopo. 

E non è un caso isolato: quella volta che tutti i giornali, i telegiornali e ovviamente le pagine anti-grilline parlarono di Grillo che "dice di non fare le mammografie!!!11" e poi guardando il video con la sua dichiarazione ci siamo chiesti se fossero sordi, deficienti, disonesti, o una combinazione delle tre; quando il TG1 di Minzolini metteva apertamente in atto tecniche di disinformazione e omissione per fare propaganda berlusconiana. Persino il New York Times è stato sorpreso a pubblicare notizie false contro Trump, e non parliamo delle schifezze che trasmette costantemente Fox News ché è come sparare sulla croce rossa.


I titoli seri delle fonti serie, reperto 4
Bambini di cinque anni.
Capite bene che, se i mainstream media sono così screditati, se così tante persone si fidano così poco di loro che basta un'immagine a caso su Facebook a fargli credere che la Boldrini o Hillary Clinton vogliono vietare di dire "Buon Natale", una ragione c'è. 
Una ragione fatta di menzogne, verità parziali, benaltrismi, ma anche semplice cafonaggine; tutte cose di cui non sono gli unici né i peggiori colpevoli, ovviamente, ma che li fanno percepire (ingiustamente) sullo stesso livello di fonti meno autorevoli e meno affidabili. 
Se persino La Repubblica viene beccata così tante volte a mentire spudoratamente e Libero a propagare bufale razziste senza che ci sia alcuna conseguenza, né una multa, né una sanzione interna alla categoria, nemmeno una smentita o una scusa, perché un elettore medio dovrebbe considerarli "a prescindere" più affidabili di renzimassonenwosciechimiche.altervista.org?

I titoli seri delle fonti serie, reperto 5
Ammettiamo di far entrare in testa a tutti che quando sentiamo una notizia proveniente da un sito altervista o da Tze Tze bisogna controllare su Butac.it. Ammettiamo di allenare tutti i naviganti a riconoscere le fake news e i giornali spazzatura, e quindi di far finalmente fallire Libero.  
Ma quando i "fatti alternativi" (cit. Kellyanne Conway) vengono da La Repubblica e dal Corriere della Sera; quando La Stampa (non L'Unità o il Fatto Quotidiano!) dedica articoli interi a Di Maio che sbaglia un congiuntivo su un tweet con toni che ci si aspetterebbe da Libero o da Lercio; cosa ci resta

Come possiamo avere una "healthy media diet" (cit. John Oliver) evitando chiuderci nella bolla delle fonti che ci ripetono le cose che già ci piacciono, se quasi tutte le fonti, ormai, compresi quelli che una volta erano i giornali istituzionali per antonomasia, fanno parte di una qualche bolla che distorce o seleziona i fatti a piacere? Come possono certe figure istituzionali indicare solo i social media come fonti di fake news senza mettersi a ridere? Come possono i giornalisti, anche i moltissimi che sono bravi, seri, competenti, coraggiosi, imparziali, equilibrati nei toni, difendere a prescindere la propria categoria contro chi li attacca, li mette all'indice, minaccia leggi e punizioni ecc. mentre il loro Ordine non si degna di cacciare nemmeno Minzolini e Belpietro, senza rendersi conto della evidente relazione causale fra i due elementi? 

Se dobbiamo controllare su Butac.it anche quello che leggiamo su La Repubblica e sul Corriere, siamo sicuri di esserci resi conto che questo è obbiettivamente un problema serio, anche se a dirlo è Di Maio?
I titoli seri (e per niente falsi o distorti, no no!) delle fonti serie, reperto 6
(foto di Enrico Mentana)
È qui che casca l'asino. Perché quando emeriti monumenti alla demenza come Trump o tutto l'esercito dei cosiddetti "populisti" tuonano che i primi fautori di fake news sono i mainstream media, a dargli torto in toto si riesce nell'impresa titanica di far sembrare loro quelli intelligenti
Ovvio che poi siti spazzatura come Breitbart News possono pretendere, agli occhi di molti, di essere considerati "alla pari". Ovvio che poi i loro seguaci diventano dei talebani acritici convinti che qualunque cosa contro di loro sia un complotto, dei mostri completamente refrattari al concetto di "verità", come un ceppo di batteri che diventa immune agli antibiotici. Ovvio che poi a una forza politica o a un singolo leader carismatico basta parlare male dei giornalisti per guadagnare consensi facili.

I titoli seri delle fonti serie, reperto 7
Mi sto accanendo troppo su Libero, vero? Scusate, non dovrei. Non è giusto prendere in giro quelli più sfortunati di noi.
Il problema delle fake news nasce quando a politici/opinionisti/ecc. è permesso mentire senza essere corretti, ed esplode quando sono le fonti di informazione stesse a mentire, distorcere, occultare senza conseguenze. Invito la presidente Boldrini a uscire da Facebook e a dare un'occhiata in edicola e fra i suoi colleghi del Parlamento, e a investire sforzi legislativi anche lì, perché se pensa di risolvere il problema attaccando esclusivamente la rete pecca di un'ingenuità e una superficialità talmente imbarazzanti da essere quasi adorabili. 
E già che c'è, potrebbe anche spiegare ai suoi colleghi (a Fedeli, a Poletti, a Giannini, a Renzi) che riformare la scuola togliendo anni di superiori e inserendo l'alternanza scuola-lavoro, invece di aggiornare i programmi ministeriali (ad esempio, inserendo più educazione civica e dando più importanza al Novecento nei programmi di storia), non farà che togliere ai futuri adulti ulteriori strumenti di comprensione della realtà, peggiorando quindi la situazione.

Bonus round: i titoli seri (e per niente falsi o distorti, no no!) delle fonti serie, reperto 8
Almeno Corriere e Messaggero hanno avuto la decenza di redarre e correggere, Repubblica manco quella.