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23 dic 2018

[Angolo del Mugugno] A.d.M. 4 - Di manovre economiche e di favole elettorali

Bentornati all'Angolo del Mugugno, la rubrica occasionale in cui mi rendo conto che parlare approfonditamente di ogni cosa di cui vorrei parlare è un casino e ogni tanto c'è solo bisogno di mugugnare e imitare malamente Bill Maher.

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1) Il RdC è una misura con numerosi punti deboli che può essere criticata su molti aspetti: la generale debolezza dei centri per l'impiego (in grave carenza di personale, di sedi, di comunicazione con le imprese, senza nemmeno un database centralizzato per cui un centro a Novara non sa che offerte di lavoro ci siano a Vercelli); la generale mancanza di posti, per cui impostare un sistema sulle offerte di lavoro è abbastanza utopistico se queste semplicemente non ci sono; il fatto che da molte parti manchino lavoratori specializzati, e in assenza di piani di formazione quei posti non saranno occupati mai; la mancanza di investimenti statali che potrebbero occupare migliaia di persone risolvendo al contempo problemi endemici del Paese (ad esempio, la manutenzione idrogeologica la cui assenza ogni anno uccide persone, qui in Liguria); il fatto che si tratti comunque di un tapullo, che male non fa ma nemmeno risolve le cause sistemiche del problema.
Però (l'ho già detto ma lo ripeto perché Renzi non sembra averlo ancora capito): chi ne parla esclusivamente in termini di assistenzialismo e di "dar soldi alla gente per stare sul divano" o non capisce un cazzo o mente sapendo di mentire. Nel caso di Renzi, probabilmente entrambe.

2) Gli ultimi sviluppi di questa manovra economica sanciscono il più grande fallimento del governo gialloverde
In primis, perché si sono piegati alle pressioni europee e dei mercati. In secundis, perché non l'hanno fatto tagliando sprechi o aumentando la pressione fiscale sui grandi capitali (es. i giganti dell'hi-tech che continuano a pagare un'aliquota inferiore a quella di un fabbro), ma al contrario aumentando le tasse e tagliando gli investimenti, ottenendo, nel complesso, una manovra peggiore di quella precedente (che già era discutibile, ma qualche passo nella direzione giusta lo faceva). In tertiis, perché stanno cercando di farla passare forzatamente a colpi di fiducia senza nemmeno averla fatta leggere e discutere ai parlamentari. Questo è veramente l'atto massimo di tradimento. Loro, che hanno sempre (e più che giustamente!) rivendicato la centralità del Parlamento contro l'abuso di voti di fiducia, canguri e decreti legge.

2bis) La cosa più tragica in tutto questo è che, nonostante questo orrore democratico, le opposizioni (+Europa, PD, FI) non hanno la credibilità per opporsi, per criticare queste scelte indegne, perché non sono che la naturale progressione di ciò che hanno fatto loro negli ultimi vent'anni.
2ter) Insomma: la Bonino ha ragione, ma così, a istinto, a sentire queste frasi proprio da lei, è più la voglia di mandarla a cagare che quella di darle retta.

Foto: Repubblica


3) NEW RULE: è il momento, come elettorato, di crescere e di smettere di credere alla favola che in politica esistano questioni esclusivamente tecniche. Sia prima, che durante, che dopo qualsiasi valutazione tecnica o (per usare un'espressione molto in voga) "analisi costi-benefici", sono incluse o sottese valutazioni politiche. 

Attenzione, questo non significa che i tecnici, gli specialisti, le analisi strettamente scientifiche alla fredda evidenza dei dati non siano fondamentali, anzi, semmai abbiamo il problema che non ce ne sono abbastanza. Né significa che non ci siano posizioni fattualmente e oggettivamente sbagliate (ad esempio, i no-vax, i negazionisti dell'Olocausto, i negazionisti del cambiamento climatico, quelli che dicono che il RdC è un "dare soldi alla gente per stare sul divano" ecc.). Intendo solo dire che dobbiamo smettere di credere che anche nella scienza, anche nella tecnica, non ci siano ampi spazi per interpretazioni (storiografia, sociologia), per previsioni ricche di bias impliciti (economia, sociologia), per scelte di priorità (economia, medicina), o per scelte dei dati o dei risultati su cui concentrarsi (nutrizione, medicina, economia); insomma, per elementi che nulla hanno di oggettivo e tutto hanno di politico-etico-ideologico, anche solo a livello implicito, anche solo a livello di bias sociale.
Anche dopo la più fredda e razionale analisi costi-benefici, decidere se quei costi valgano la pena per quei benefici non è un automatismo matematico: è una scelta politica.



4) NEW RULE: è il momento, come elettorato, di crescere e smettere di credere alla favola della post-ideologia. La post-ideologia non esiste; o meglio, esiste, ma è essa stessa un'ideologia. Non esiste il "buon senso" evocato da alcuni come qualcosa di puro e prescindente da qualsivoglia ideologia o bias. Indipendentemente da qualunque schieramento politico esistente, i provvedimenti concreti, le scelte di priorità, la scelta degli obbiettivi ecc. cadono necessariamente da qualche parte nel grafico cartesiano che ha su un asse l'economia\i diritti sociali e sull'altro la società\i diritti civili

Si possono sostenere contemporaneamente idee che stanno in punti diversi di questo grafico, così come si può ovviamente esulare da quelle che sono le ideologie "tradizionali" novecentesche. Ma quello non significa essere post-ideologici, significa avere un'ideologia di cui non si conosce il nome; l'assenza totale di ideologia è culturalmente e neurologicamente impossibile per un homo sapiens sapiens. Oserei dire che definirsi "né di destra né di sinistra" significa solo non essere abbastanza istruiti da saper sistematizzare e dare un nome al proprio pensiero.  

4bis) Quello che, in questo preciso momento, il M5S sta promuovendo e sostenendo è di centro-sinistra populista; quello che, in questo preciso momento, la Lega sta promuovendo e sostenendo è di destra conservatrice-populista; il PD, di centro-destra liberista-progressista; FI, di destra liberista-conservatrice; PaP, di sinistra progressista con sbandate occasionalmente anarchiche e occasionalmente comuniste; CPI, di destra fascista; PC, di sinistra comunista stalinista; PCI, di sinistra comunista trotskista. Le cose hanno un nome, e i nomi hanno un significato. 


5) È il momento, come elettorato, di abbandonare il concetto di analfabetismo funzionale. Si tratta di un problema serissimo, che ha puntato le luci su un preoccupante buco nel nostro sistema di istruzione, che effettivamente spiega numerosi problemi della sfera pubblica mondiale, e che ha dato origine a discussioni interessanti sulle criticità che il suffragio universale può porre in una democrazia che abbia tale "falla" in tali proporzioni. Ma ormai l'uso che si fa di questo termine è andato assolutamente fuori controllo. Tanto alcune figure pubbliche (penso a Augias, Burioni, Meli) quanto una discreta fascia di elettori (molti dei quali di area liberale e, mi spiace dirlo, di sinistra) hanno usato la scusa dell'analfabetismo funzionale come giustificazione della propria crescente irrilevanza politica, come rinforzo al proprio smisurato, borioso elitismo: "non siamo noi che abbiamo sbagliato qualcosa nei contenuti o almeno nella comunicazione, sono loro che sono letteralmente analfabeti". Ormai, per molte persone (*coffcoff*moltedellequalialorovoltaanalfabetifunzionali*coffcoff*) è diventato sinonimo di "persona che non la pensa esattamente come me". A questo punto, meglio lasciare questo concetto alle discussioni specialistiche, e ignorarlo nei comuni dibattiti giornalieri. Per questo scopo, introduco una nuova regola analoga alla Godwin's Law
5bis) NEW RULE: Durante una discussione politica online, il primo che nomina l'analfabetismo funzionale per attaccare le posizioni dell'avversario ha automaticamente e irrevocabilmente perso il dibattito. 

6) Più imparo del mondo del lavoro nel settore privato, più mi rendo conto che Fantozzi (col suo esercito di Cavalieri Conti Catellani e Duca Conti Semerzana) non è un film comico: è un documentario
6bis) Più imparo del mondo del lavoro nel settore privato, più rivaluto il concetto di gulag.





30 nov 2018

[Angolo del Mugugno] A.d.M. 3 - di Natale, boriosi e mercati

Bentornati all'Angolo del Mugugno, la rubrica occasionale in cui il laureato che desidera argomentare e esprimersi in modo il più possibile equilibrato si prende una pausa per portare giù a pisciare il campagnolo ligure che ha bisogno di sfogarsi e di mandare a quel paese le cose.

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1) Più passa il tempo, prima comincia il Natale. A ottobre già vendevano i pandori, a inizio novembre già iniziavano a comparire in giro illuminazioni natalizie che poi, fisso, dureranno fino a febbraio, appena passato Halloween ho iniziato a sentire quella stramaledetta All I want for Christmas. Ho capito che dovete disperatamente vendere, ma un minimo di dignità, maledizione. Una volta il periodo natalizio non era 8 dicembre-6 gennaio? Non dovrebbero esserci decorazioni in giro prima dell'Immacolata, belin, se no arrivo alla Vigilia che reagisco alle canzoni di Natale con subitanei scatti di furia bavosa ed omicida.
1bis) All I want for Christmas e Jingle Bells si avvicinano sempre di più ad essere considerabili crimini contro l'umanità. 

2) Riguardo la questione inceneritori: anni fa ho sostenuto le battaglie contro la loro costruzione, perché sapevo della pericolosità delle loro emissioni. Non so se oggi la tecnologia sia tale da contenerle in modo tale da ridurre o addirittura azzerare l'impatto sulla salute; davvero, non lo so, qualcuno mi illumini. Ma anche ben così non fosse: Di Maio, carissimo, che i primi tempi mi piacevi pure mortacci tua mentre adesso viene anche a me da chiamarti "Giggino" come un De Luca qualsiasi, sei proprio sicuro che, in una terra come la Campania, dove c'è la camorra, dove il problema rifiuti è endemico, dove c'è una, diciamo così, "disabitudine" alla raccolta differenziata, degli inceneritori non siano preferibili quantomeno ai roghi incontrollati di rumenta in giro per la regione? Di nuovo, legit question here. 
2bis) Certo, questo solo se tali inceneritori fossero statali e controllati da mano pubblica, non certo se lasciati in mano ai capitalisti privati che li gestirebbero esclusivamente per trarne il maggior profitto personale possibile

3) NEW RULE: Per contrastare la pirateria, la via legale deve essere più semplice, più comoda e più affidabile della via illegale. Non è possibile che i giochi craccati funzionino sempre benissimo mentre per quelli acquistati spesso devo tapullare delle mezz'ore. Non è accettabile che io paghi un abbonamento mensile a un servizio di streaming e poi mezzo catalogo del sito non sia accessibile per via di boiate con le licenze regionali. Non è accettabile che iLok sia così difficile da far andare e così inaffidabile che molti sound engineer professionisti siano costretti a prendersi una versione craccata di programmi regolarmente acquistati per essere sicuri di non venir bloccati fuori durante un lavoro importante.

4) Un nuovo studio rivela che mettere la freccia e rispettare le distanze di sicurezza NON vi fa accorciare il pene. Quindi non preoccupatevi, non siete meno uomini se mettete la freccia. Dunque mettetela giudamerda. Lo stesso studio rivela che mettere la freccia e rispettare le distanze di sicurezza  NON vi fa crescere la barba. Quindi non preoccupatevi, non siete meno donne se mettete la freccia. Dunque mettetela giudaboia. 

5) La pausa caffè sul lavoro dovrebbe essere un diritto sancito dalla Costituzione. Anzi, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Tipo cinque minuti ogni quattro ore o qualcosa del genere.

Careful not to cut yourself on that edge, mate.
6) La vicenda dell'intervento di Corallo al congresso del PD ci insegna una cosa, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno: che anche i fan dell'immunologo, che pur si credono quelli competenti, scientifici e seri, non sono che tifosi di un'altra squadra di calcio, abitanti di un'altra echo chamber rispetto a quella dei no-vax. La reazione pavloviana ed il fervore religioso con cui è stato attaccato Corallo, per il solo aver osato nominare Sua Onniscienza Burioni il Blastatore Diggente (sempre sia lodato) per un motivo che non fosse il lodare la Sua Santa Sapienza e la Sua Santa Crociata contro gli infedeli, pardon, gli analfabeti funzionali, sono meravigliosamente significativi; dimostrano quanto avesse ragione Corallo.
6bis) Quello di Burioni è un case study estremamente interessante: dimostra come ci si possa comportare in modo così becero da passare dalla parte del torto anche quando, nel merito delle proprie argomentazioni, si ha totalmente ragione.
6ter) Avevo già scritto qualcosa su quest'ambito.

7) NEW RULE: Qualcuno mi deve spiegare perché, per giudicare la bontà di politiche economiche di uno Stato, pendiamo tutti dalle labbra delle agenzie di rating, che sono agenzie private (=il cui unico interesse è il profitto e la cui unica responsabilità è verso proprietario e azionisti), americane, partecipate dalle multinazionali (=non esenti da bias e conflitti di interesse), la cui inaffidabilità e non-neutralità è stata già ampiamente provata dalla crisi del 2008 e confermata persino da Mario Draghi.

Ahhhh, Vicaretti. <3 Ormai ti seguo solo per avere qualcosa di cui incazzarmi già a colazione.<3
8) L'altra mattina (29 novembre), a RaiNews 24, c'era un economista che raccontava come una sua vicina di casa di cui gestisce i risparmi, che "non ha cultura né particolare istruzione" (parafraso, ma parole sue), gli avesse chiesto di non investire più i suoi soldi in BTP italiani, perché "con tutto quello che leggo sui giornali non mi fido, non sono sicuri", e come questo fosse esempio di sfiducia dei mercati e quindi indice della dannosità delle politiche del governo. Se la stessa persona (casalinga anzianotta senza cultura) avesse parlato, citando le stesse fonti ("quello che leggo sui giornali"), di invasione di immigrati-terroristi che ci rubano il lavoro e stuprano le nostre donne mentre i comunisti buonisti gli danno 35 euro al giorno, e avesse usato questa percezione per giustificare non una scelta di investimento ma di voto (ad esempio, Lega), avremmo sentito parlare di lei come di analfabeta funzionale con una visione della realtà distorta dalle fake news putiniane, dai giornali faziosi e dal razzismo di Salvini, cui si dovrebbe togliere il diritto di voto tramite patentino e test di cultura generale. 

Intendiamoci: il fatto che molte persone votino in base a falsificazioni della realtà è un problema enorme, che in qualche modo va affrontato; cose come il patentino di voto, per quanto non ideali e delicatissime da gestire, sono ipotesi di cui sono teoricamente disposto a discutere. Trovo però pateticamente significativo come, quando le scelte fatte in base a percezioni non necessariamente corrispondenti a verità sono investimenti finanziari invece di crocette su una scheda, quelle scelte e quelle percezioni vengano fatte passare per il Sacro Verbo dei Mercati (sempre siano lodati, amen), al quale gli Stati debbono cedere autonomia politica e le libere decisioni democratiche debbono prostrarsi devotamente se no arriva a punirci Gesù, pardon, la Troika. 

Quasi come se non fosse un sistema serio.

Quasi come se il problema non fosse che la gente crede alle balle, ma che crede alle balle sbagliate.

24 nov 2018

[Recensione] Scappa - Get Out



Il debutto alla regia di Jordan Peele ha costituito una sorta di film-evento negli Stati Uniti del 2017, ovvero in un Paese e in un momento storico in cui la "questione razziale" è tornata ad essere di importanza centrale nel dibattito politico, fra il trumpismo e la police brutality da un lato e BlackLivesMatter e il movimento SJW dall'altro.

La trama del film segue Chris, un giovane fotografo (nero) che si trova a dover conoscere per la prima volta i ricchi genitori (bianchi) della fidanzata: una psicologa e un neurochirurgo. Questi sembrano accoglierlo con calore, anzi, sembrano sforzarsi persin troppo di apparire ai suoi occhi "liberali" e non razzisti, spesso esagerando e mettendolo in imbarazzo; ma presto la presenza e gli strani comportamenti dei due domestici della famiglia, un uomo e una donna di colore, gli faranno sospettare che ci sia qualcosa di sinistro sotto la superficie...

Cominciamo subito dal dire che, come horror\thriller semi-psicologico, è semplicemente magistrale: per la maggior parte del film, la tensione e la paura si accumulano traspirando dalle inquadrature (il primo incontro coi genitori!), dai dettagli della recitazione (Georgina! Rose!), dalla colonna sonora, dai dialoghi che puntano a creare un senso di imbarazzo e disagio. C'è persino qualche momento comico o quasi comico, in cui una risatina nervosa aiuta a scaricare un po' della tensione. Certo, il senso del colpo di scena che viene preparato letteralmente fin dall'inizio del film (se non i suoi dettagli) è ovvio già dopo dieci-quindici minuti, quindi la tensione nasce più dal sapere che il protagonista è in pericolo e dal mistero di cosa esattamente stia succedendo, che non da un vero senso di incertezza; ma la progressione da una fase di awkwardness, a una di paura creata interamente nella mente (l'idea dell'orrore, più che la vista dell'orrore), a un apex quasi d'azione è efficace e intensa. In particolare trovo lodevolissimo come il film sia riuscito a farmi percepire il senso di disagio che prova Chris in mezzo a tutti questi bianchi borghesi.

Ma non è certo per questo che il film è stato un evento: è per il suo strato di commentario politico-sociale. In particolare, per il modo in cui denuncia un razzismo raramente messo alle luci della ribalta: quello dei liberal. E da qui in avanti, ci saranno spoiler. GROSSI spoiler.


La famiglia Armitage è presentata come fatta da gente che fa dell'apertura mentale la propria bandiera. Fin troppo. La figlia che non vede il motivo di dire ai suoi che il suo ragazzo è nero; il padre che ripete ogni tre per due come avrebbe votato per Obama una terza volta se avesse potuto, che si vanta di quanto ritiene importante lo scambio fra culture, che si ostina a chiamare "fratello" il protagonista; il figlio che ne elogia il fisico e il "corredo genetico"; tutto il parentame che tira fuori nomi di celebrità di colore che adora o che fa battutine alla ragazza sullo stereotipo della dotazione fallica dei neri... questa fase è estremamente efficace, perché mostra quel tipo di over-compensazione antirazzista che fa il giro e torna di nuovo razzista, fatta più ad uso e consumo dei bianchi per sentirsi a posto con la coscienza piuttosto che per l'effettiva emancipazione degli afroamericani. Anche queste persone, che a parole si dicono così diverse dallo stereotipo del trumpiano medio, oggettificano e mercificano i neri a proprio uso e consumo (this just in: persino al 75% dei neri in America sta sulle balle il movimento PC).

Incidentalmente, Chris è una delle cinque persone rimaste al mondo a usare Windows Phone oltre a me, quindi istintivamente tifo per lui.
Ci sono anche due scene che fanno riferimento a quel tipo di "razzismo sistemico" che viene così tante volte citato, entrambe molto efficaci. La prima è quando, a seguito di un piccolo incidente, un poliziotto chiede i documenti anche a Chris nonostante lui fosse il passeggero. Ora, questa è, ovviamente, una procedura standard che non ha nulla di razzista: a tutti noi sarà capitato almeno una volta di essere fermati in macchina per un controllo di routine, e in quei casi è normale chiedere i documenti anche di tutti i passeggeri. Il poliziotto aveva oggettivamente ragione, e infatti Chris non si fa il minimo problema a consegnare i propri documenti; è la ragazza che protesta per questo fatto. Scopriremo più tardi che non l'ha fatto per combattere il (fin troppo frequente) razzismo iplicito dei poliziotti, ma per evitare che Chris lasciasse tracce quando lo avrebbe fatto sparire.

La seconda è quando Chris ha appena finito di scappare e di sterminare gli Armitage (sempre in legittima difesa, peraltro), e mentre è chino su una Rose morente, sentiamo arrivare una volante della polizia. Lei sorride maligna: sappiamo benissimo cosa sta per succedere. Un nero insanguinato chino su una ragazza bianca in mezzo a una serie di cadaveri? Tutti i testimoni degli orrori di quella casa sono morti, quasi tutte le prove sono state distrutte; nessuno crederà al ragazzo, che sarà fortunato se il poliziotto non gli sparerà addosso a vista o non lo soffocherà tenendogli le ginocchia sulla schiena. Già ci aspettiamo che diventi l'ennesimo ragazzo di colore disarmato freddato dalla polizia in barba a qualunque regola di ingaggio. Poi scopriamo che la volante è guidata da un suo amico e abbiamo l'happy ending, ma già solo la tensione del momento, il non-detto di quella scena messo in relazione ai fatti di cronaca recenti, è ESTREMAMENTE efficace.

Altri elementi, però, sono meno efficaci in quello che sembra essere il loro significato satirico inteso. Il fatto che Chris inizialmente sospetti non degli Armitage ma dei due domestici di colore, così come il fatto che Rod non venga creduto quando cerca di denunciare la sparizione di Chris anche se ad ascoltarlo sono tre poliziotti neri, non sembra una coincidenza: la scena crea "diffidenza" e sospetto fra personaggi di colore, come a voler evidenziare una ipotetica mancanza di "solidarietà di razza" o, ancora peggio, una sorta di "razzismo interiorizzato"; non sono certo che sia quella l'intenzione, ma se lo fosse, sarebbe un modo abbastanza ridicolo di trasmettere un messaggio ancora più ridicolo.

In entrambi i casi specifici, infatti, la situazione è tale per cui tale diffidenza sarebbe la reazione naturale: è ovvio che, trovandosi una persona in camera e il proprio telefono manipolato, si sospetti di quella persona, che sia bianca, nera, gialla o di etnia Lethan; è naturale che un poliziotto, sentendo un tizio concitato che parla di una cospirazione per ipnotizzare dei neri per farli diventare schiavi sessuali (questa la teoria iniziale di Rod), si metta a ridere, che le persone coinvolte siano bianche, nere, romulane o di stirpe Noldor. Affermare il contrario solo in nome di una fumosa "solidarietà di razza" sarebbe semplicemente demenziale.

C'è, infine, un personaggio in particolare. Jim Hudson, critico fotografico diventato ormai completamente cieco. Rappresenta un simbolo a mio avviso interessante: persino lui, che si dice "cieco alla razza" (letteralmente!), partecipa attivamente all'oppressione dei neri. Sarà lui a "vincere all'asta" Chris, diventando il destinatario del suo corpo. Ed è qui che il resto del commentario sociale del film cade a pezzi. Perché se le azioni di Jim Hudson sono, letteralmente, "racially blind", allora parlare di oppressione razzista del bianco sul nero diventa un po' forzato: è "solo" la solita, secolare, onnipresente, sistematica oppressione del ricco sul povero. A ulteriore dimostrazione di come cercare di attaccare il razzismo senza intaccare il sistema capitalista è come cercare di asciugare un fiume con uno scolapasta, ma tralasciamo.


Sì, la satira di questi bianchi apparentemente liberal che opprimono i neri letteralmente sostituendosi a loro, controllandoli, è molto intelligente, ed è un messaggio perfetto da mandare a quella branca della sinistra intersezionalista che si fa bella a parole con futili battaglie sociali di facciata che per nulla incidono su un'oppressione sistemica. Ma si ferma a quello: una satira, che cessa di essere funzionante e inizia ad essere pretenziosa nel momento in cui si scopre la natura del piano degli Armitage.

Se la macchina degli Armitage colpisce prevalentemente i neri per scelta o per considerazioni genetiche, allora il razzismo c'è, e l'antirazzismo di facciata di questi bianchi è solo quello: una facciata, una menzogna, una trappola, che manda a farsi benedire qualunque pretesa di critica a quello strato di liberal che, invece, sono sinceramente convinti di essere antirazzisti, e proprio non si rendono conto di star invece ancora ragionando secondo categorie di razza; pretendere di accostare il "razzismo soft" della retorica "avrei votato di nuovo Obama", o anche il solo trarre vantaggio da un sistema che opprime sistematicamente i neri,  al far parte di una setta che letteralmente acquista corpi di neri imprigionati con l'inganno a proprio uso e consumo è una forzatura che sta fra il demenziale e l'offensivo. Se, altrimenti, i ricchi che vogliono potersi comprare persino un nuovo corpo usano gli afroamericani per moda, perché più facili da far sparire, per invidia fisica o, nel caso di Hudson, per pura incidentalità, il quadro che emerge è quello di un'oppressione non di razza, ma di classe.

Incidentalmente, trovo molto ironico come, dei due principali personaggi di colore, uno sia uno stereotipo ambulante (per quanto divertentissimo e, lodevolmente, ben lontano dall'essere solo un comic relief) e l'altro (il protagonista interpretato meravigliosamente da Daniel Kaluuya), pur essendo ben caratterizzato, abbia il ruolo di "self-insert character" dell'intera classe media afroamericana. Classe media, ovviamente. Perché criticare un certo tipo di sinistra imborghesita non significa che non si possa anche esserne parte, nevvero mr. Peele?

In definitiva, insomma, è un horror\thriller psicologico eccellente, ma una satira un po' confusa... certamente coraggiosa, certamente unica nel clima hollywoodiano attuale, ma un po' traballante.



19 nov 2018

[Rant] Il volto del tempo

C'è quel momento, nella vita, in cui inizi a vedere tutti i tuoi amici maschi (e anche alcune celebrità o semi-celebrità, una volta erano quelle gggiovani che piacevano ai gggiovani) che perdono i capelli, o si sposano, o fanno figli, o una qualche combinazione delle tre. Ed è un momento un po' traumatico, perché tu sei lì che, certo, lavori, risparmi, pianifichi un futuro e tutto, però stai ancora pensando al disco nuovo con la band e a platinare Tekken 7 e a prendere l'edizione Bluray limited edition nuova di La tomba delle lucciole, e improvvisamente la realtà sfonda la porta ed entra a gamba tesa sullo stinco delle tue fantasie da ventenne; e non più sotto forma di moniti dei tuoi genitori o profezie dei tuoi conoscenti, ma proprio lì, fisicamente, impossiibile da ignorare, con in mano la testa mozzata di ciò che conosci che sta cambiando. Se il tempo avesse un volto, sarebbe quello. 

E dietro di lei, un figuro incappucciato che assomiglia al tizio sulle copertine dei Children of Bodom ti indica insistentemente l'orologio, tipo il meme di Mazzarri.


-"Mi stai suggerendo di mettere su i Pink Floyd? Time la sapevo anche suonare sul basso, una volta."
-"No."
-"Mi stai ricordando che è il 2018 e non ho ancora finito di vedere Gurren Lagann? Guarda, lo so che è imprescindibile, ma mi fa cagare, non ci posso far…"
-"No." 
-"Mi stai ricordando che è il 2018 e non ho ancora giocato al nuovo Metal Gear Solid?" 
-"No." 
-"Quindi…" 
-"Hai presente quel dolorino alla schiena quando smonti da lavoro?" 
-"…sì?" 
-"Hai presente quel sonno che ti viene sempre prima?" 
-"…sì?" 
-"Hai presente tua madre che zoppica sempre di più e tuo padre che ci sente sempre meno?" 
-"…sì?" 
-"Ecco." 
-"Ecco." 
-"Mh." 
-"Quindi?" 
-"Niente, trai le tue conclusioni. Oh, comunque giocalo, 'sto MGSV, porcogiuda, tra un po' esce Death Stranding e tu sei ancora lì. Ho capito che tutti i tuoi amici dicono che la trama fa cagare ma belin ti sei pure preso l'edizione steelbook che costa di più!" 
-"Eh, c'hai ragione, c'hai ragione." 
-"…" 
-"Certo che Ligabue coi capelli corti e bianchi è traumatico, eh?"
-"Vero, vero." 
-"E il Nostalgia Critic pelato sta proprio male."
-"Già, già."
-"A me non succederà, vero?" 
-"Heh. Chi lo sa? Devo ancora giocarmela a dadi con Vita-in-morte, 'sta cosa." 
-"Eddai, lo sai che c'ho la paranoia per 'sta cos... aspé, dadi con Vita-in-morte? Cosa fai, mi citi Coleridge?"
-"Però hai visto che carino Shooter Hates You con il suo bimbo?" 
-"Sì, amore lui!" 
-"E anche il tuo ex compagno d'università, ricordati di andare a trovarlo per conoscere sua figlia!"
-"Giusto, giusto, che teneri che sono anche loro!" 
-"Ecco." 
-"Ecco." 
-"...va beh. Ho capito. Ci rivediamo l'anno prossimo, quando si sposa il tuo cantante?" 
-"Eh, va'. Ché ho da scrivere una roba sul M5S che svende altri asset nazionali al capitale privato e…" 
-"Lo sai, vero, che la rivoluzione comunista non si fa sui blog?" 
-"LO SO CRISANTEMOMMERDA LO SO" 



A proposito, siamo a novembre, avete già organizzato per capodanno?

29 ott 2018

[Angolo del Mugugno] A.d.M. 2 - Di grilli, venti di destra e giovani d'oggi

Bentornati all'Angolo del Mugugno, in cui butto giù sfoghi e lamentele su argomenti su cui non intendo scrivere post completi, perché a volte si ha voglia semplicemente di fare una battuta o una considerazione senza necessariamente doverla argomentare con equilibrio citando fonti. Una sorta di incrocio fra il Ten Talking Fava di Andrea Scanzi e le New Rules di Bill Maher (con più nerdaggine e battute meno divertenti).

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1) Credo che uno dei tradimenti principali del M5S rispetto a quello che molti (me compreso) si aspettavano sia il mancato recupero della centralità del Parlamento. Anche loro stanno andando avanti a decreti legge governativi anche su temi che dovrebbero essere trattati in leggi ordinarie. Continua, insomma, l'impropria invasione di campo da parte del potere esecutivo sul potere legislativo. Esattamente come con Berlusconi, con Monti, con Renzi, con Gentiloni.

2) NEW RULE: Amazon e gli altri negozi di musica digitale devono dare la possibilità di comprare in lossless. Non è possibile che Amazon ti venda gli album solo in MP3 a 256kpbs quando con quindici secondi di googlaggio mi trovo lo stesso album in FLAC su un sito torrent russo. Ho capito che siamo rimasti in pochi a essere interessati alla qualità audio e che l'acquirente medio ascolta sugli speaker del cellulare, ma datemi la possibilità di comprare il formato lossless, piuttosto ve lo pago di più ma belin se Bandcamp ci riesce perché voialtri no? 
2bis) Incidentalmente: ascoltare musica sulle casse del cellulare è come gustarsi una carbonara guardando un altro che la mangia.

3) Ci sono alcune polemiche che sono talmente insulse e insignificanti da fare il giro e tornare di nuovo importanti. Non per il loro contenuto, ma proprio per il fatto che se ne parli, e per il moral high ground che si cerca di ricavare per sé stessi nell'atto del polemizzare. Un esempio perfetto sono la questione dell'acqua Uliveto, con quelle accuse random di sessismo e di razzismo che ormai sono come il prezzemolo, e delle battute di un Beppe Grillo sempre più confuso sugli Asperger nell'ambito di Italia 5 Stelle. Trovo molto significativo dei tempi in cui viviamo il fatto che adulti intelligenti, alcuni dei quali persino nell'esercizio di un serissimo mestiere all'interno di serissime associazioni o serissime fonti d'informazione, abbiano dedicato anche un solo istante del loro prezioso, limitat tempo su questa Terra a queste cose.

4) In Brasile, pur di non riavere quella sinistra invischiata in scandali di corruzione, hanno eletto uno che parla apertamente della possibilità di invadere il Venezuela e che sventola bandiere USA ai suoi comizi. È solo l'ultimo di una lunga serie di mulini che si mettono a girare sotto il vento anti-establishment che percorre tutto il mondo. Questo vento soffia drammaticamente a destra non solo per il fallimento della sinistra istituzionale, ma anche perché una sinistra che faccia la sinistra non c'è; dove c'è, vedi i Verdi in Germania (che pur sono tutt'altro che radicali comunisti, eh!) e Corbyn in UK, il consenso lo prendono. Nel resto d'Europa e del mondo, però, siamo impantanati con figure a malapena considerabili "di sinistra", patetiche tanto nella loro miopia quanto nella loro catarrosa ipocrisia: Clinton, Macron, Renzi, Moscovici ecc.; cui si aggiungono le loro varie voci mediatiche di riferimento (soprattutto giornalisti), con la loro insopportabile, detestabile spocchia: Scalfari, Augias, Saviano, Vicaretti, Gramellini ecc. 
Paradossalmente, noi in Italia siamo fortunati ad avere Lega e M5S invece di AFD o Bolsonaro o Alba Dorata: anche se la Lega è un partito di destra reazionaria (e quindi fa ciò che è la ragione sociale della destra reazionaria: aiutare i ricchi e far arretrare i diritti civili), e il M5S è certamente dilettantistico e schizofrenico, almeno intercettano la disaffezione popolare verso certi aspetti del capitalismo moderno, e la dirigono, almeno in parte, verso le istituzioni e le politiche che di quegli aspetti sono il baluardo, impedendo che fluisca verso movimenti apertamente neofascisti, razzisti e nazionalisti. Se poi i gialloverdi andranno effettivamente allo scontro di sistema sarà tutto da vedere
4bis) Consiglio spassionato all'opposizione, e in particolare alle figure intellettuali-mediatiche di cui sopra: "Viva i mercati finanziari, viva l'immigrazione, e loro sono tutti una massa di analfabeti che non capiscono un cazzo" non è una linea che funziona. Anzi, diciamo pure che ogni volta che aprite bocca Lega e M5S prendono un voto in più. 

5) NEW RULE: Qualcuno deve dire agli americani che le sitcom con le risate finte non fanno ridere. 

Foto ANSA
6) Riguardo TAP e TAV. Ammetto di non essere per nulla informato sulla questione del TAP, quindi non mi esprimo in termini di contrarietà o favore (mentre invece anni fa mi informai molto sul TAV, e infatti vi sono ferocemente contrario). Non riesco nemmeno a capire se la penale per l'annullamento del progetto ci sia o meno: c'è chi dice di sì (di Di Maio non mi fido, ma se lo dice un avvocato come Conte...), c'è chi dice di no (fra cui persone e organizzazioni di cui tendenzialmente mi fido). Se ci fosse, il tradimento della promessa elettorale sarebbe grave ma comprensibile (ma non potevano pensarci prima?), altrimenti sarebbe semplicemente inaccettabile. 
6bis) In entrambi i casi, e anche per il caso TAV in realtà, penso che la proposta Emiliano sia la più sensata: ma farlo, 'sto TAP, però un po' più in là? Possibile che queste grandi opere debbano/possano passare per uno e un solo punto, anche se quel punto è una montagna piena di uranio e falde acquifere? Legit question here, qualcuno mi illumini. 

7) Non voglio dire che i giovani d'oggi mangiano tantissimo. Dico solo che se sommassi la quantità annuale di patatine, Goleador, focaccia, panini e bevande zuccherate che gli alunni della scuola dove lavoro consumano durante la mattinata, penso che ne uscirebbe fuori un costo equivalente più o meno al PIL del Burkina Faso.

8) Non voglio dire che i giovani d'oggi sono incivili e che cercare di insegnare a molti di loro è una tela di Penelope. Dico solo che nella scuola dove lavoro stiamo cercando di insegnare matematica avanzata, pneumatica, letteratura e meccanica a ragazzi che, trovandosi con un fazzoletto sporco in mano dopo essersi soffiati il naso, lo buttano nella plastica; che comprano una bottiglietta di thé alla pesca per giocarci a calcio durante l'intervallo e poi la buttano ancora piena nella spazzatura; che chiedono a un bidello se si può fumare nei bagni stando dritti davanti a un cartello "vietato fumare".

9) Alessandro Barbero > Alberto Angela. Anche nella sua versione poopata. Anzi: soprattutto nella sua versione poopata.

16 ott 2018

[Angolo del Mugugno] A.d.M. 1 - Di spread e redditi di cittadinanza

Con questo post inauguro una nuova "rubrica" occasionale, l'Angolo del Mugugno, in cui butterò giù in ordine sparso piccoli sfoghi e lamentele, ad esempio riguardo argomenti su cui non ho tempo o voglia di scrivere post completi, oppure che semplicemente non penso li meritino. Una sorta di incrocio fra il Ten Talking Fava di Andrea Scanzi e le New Rules di Bill Maher (due figure di cui apprezzo stile, retorica e umorismo anche nei molti casi in cui mi trovo in disaccordo con loro). 

1) Trovo estremamente significativo il fatto che questo terrorismo dello spread, dei mercati che ci puniscono, delle agenzie di rating ecc. sia iniziato ben prima che il DEF venisse anche solo scritto. Quasi come se i mercati e il mondo finanziario agissero basandosi su percezioni, paure, impressioni e dicerie piuttosto che su fatti concreti e reali. 
1bis) Trovo estremamente significativo il fatto che si dia così tanta importanza allo spread, che senza dubbio importante lo è ma è anche qualcosa che può essere attivamente e consciamente manipolato dall'azione di speculatori. Quasi come se non fosse un sistema serio.
1ter) Trovo estremamente significativo il fatto che si parli di "rassicurare" i mercati per avere la loro "fiducia" perché se no potrebbero "spaventarsi" e "non capire". Quasi come se i mercati e il mondo finanziario agissero mossi da emozioni, paure, sentimenti e sensazioni piuttosto che da una logica e razionale comprensione di fatti accertati. 

2) Decidere emotivamente, di pancia, in base esclusivamente al proprio interesse contingente; basandosi su percezioni, proiezioni, paure, dicerie, promesse; in barba, anzi, a prescindere da qualunque dato reale, dimostrabile e concreto; anche se è ben noto come quelle percezioni possano venire scientemente e abilmente manipolate da persone che ne hanno un ritorno economico e/o politico. Quando lo fanno gli elettori, parliamo (giustamente) di analfabetismo funzionale, e paventiamo (discutibilmente) fallimenti di suffragi universali, patentini di voto, ecc. Quando lo fanno gli investitori, parliamo di  ( ノ ゚ー゚)ノi mercatiヽ(゚ー゚ヽ), e paragoniamo le loro opinioni a quelle dei medici (gente che parla in base a fatti verificati dal metodo scientifico) nell'ambito di elegantissime metafore da imbecilli (inesplicabilmente riportate in talk show che dovrebbero essere seri). 

3) Trovatevi qualcuno che vi guardi come il tizio che fa la rassegna stampa al mattino su RaiNews24 guarda gli editoriali che parlano male del governo giallo-verde. Nulla da dire sulla sua professionalità, ma c'è una palpitazione quasi erotica nel modo in cui cerchia e sottolinea le parole più forti (DEMOCRAZIA ILLIBERALE! DEFAULT!). Mangio colazione ogni giorno con la paura che si metta da un momento all'altro a segarsi furiosamente. 

4) Ho molti motivi per unirmi al coro di dissenso contro questa manovra economica, da quel vergognoso condono fiscale in giù. Ma trovo ridicolo come la parte maggioritaria delle critiche da sinistra (DA SINISTRA) venga rivolta al Reddito di Cittadinanza; non alla possibilità o all'efficienza della sua applicazione, beninteso, quello sarebbe sensato, ma proprio all'idea; a una manovra, cioè, che, ben lontana dall'essere una rivoluzione o una salvezza provvidenziale, sembra essere più che altro un ultimo, disperato tentativo di far entrare l'Italia nel XX Secolo, insieme alle altre potenze europee. Sì, ho scritto XX, non XXI. 
4bis) Incidentalmente, riguardo il RdC: dopo tutte le volte che è stato spiegato e rispiegato, è ormai evidente che chi ancora ne parla in termini di "assistenzialismo" o di "dare i soldi alla gente per stare sul divano", o non ha idea di quello di cui parla, o non capisce un cazzo, o mente sapendo di mentire.

5) Il primo Hitman ("Codename 47", quello del 2000) fa cagare. Un casino ingiocabile e stocastico fatto di puro trial and error. 

6) NEW RULE: Sparare con un lanciarazzi a chi non mette la freccia in rotonda o a chi non rispetta le distanze di sicurezza standoti attaccato al culo deve essere considerato legittima difesa. 

7) NEW RULE: Qualcuno deve dire a Gene Gnocchi che non fa ridere e non ha mai fatto ridere. 

8) NEW RULE: Toninelli is the new Gelmini. Speriamo che faccia meno danni. 

9) Non menatemi il belino se il formato di questa rubrica è palesemente copiato da Scanzi, io scrivevo post in forma di elenco numerato di osservazioni dagli anni '00. Ho dei testimoni.

9 ott 2018

[Commenti/About me] La danza della luna immobile

Edizioni A & B, 2011

La danza della luna immobile è il primo romanzo di Emanuele Ciccarella, docente di lingua e letteratura giapponesi all'Università di Torino, già saggista e traduttore e, più modestamente, relatore della mia tesi di laurea. Se sapesse che dopo i 30L e il 110L che mi ha fatto avere faccio il bidello mi crocifiggerebbe. がっかりさせてしまいました、先生。

Lo si può classificare come un Bildungsroman (o un Künstlerroman?), dalle evidentissime influenze mishimiane (in particolare La foresta in fiore, da cui viene ripresa la presenza tematica del mare, e Confessioni di una maschera, da cui viene ripreso il tema della distruzione della bellezza) e, oserei dire, wildiane. 

La storia è incentrata sulla figura di Zenon, la cui vita viene seguita letteralmente dalla nascita. Dal rapporto con la famiglia alla sua vita da direttore d'orchestra, passando per gli anni universitari all'Istituto d'Arte di Napoli, le conoscenze di numerosi docenti e intellettuali, e una breve ma molto significativa permanenza a Tōkyō, Zenon si troverà a cercare di far convivere il mondo onirico e introverso della sua spiritualità con quello volgare e spesso mediocre della materialità. 

Nel personaggio di Zenon ci sono molti aspetti certamente autobiografici: Napoli, la passione per la musica classica e l'alta letteratura, la chitarra, il Giappone, e chissà quanti altri che non conosciamo. Ma il romanzo, di per sé, ha tutt'altre mire. Dovessi identificarne un tema centrale, lo individuerei proprio in questa sorta di dualismo conflittuale fra spirito e materia: arte vs. quotidianità, conoscenza vs. vanità, idealizzazione (da parte di Zenon) del mondo accademico-musicale vs. realtà, astrattezza vs. concretezza, il cui rapporto spesso incoerente e imprevedibile è messo in evidenza dalla miriade di personaggi e di esperienze che costellano la vita del protagonista.

Alcuni di questi personaggi si fanno per lo più "simboli" di uno o dell'altro aspetto: ad esempio, un professore dal carattere difficile che tutti reputano un massimo esperto ma che in realtà non sa leggere una nota, secondo cui la musica è fondamentalmente pura materia («La vita è concretezza»); oppure, un giovane intellettuale un po' Oscar Wilde e un po' De Andrè, dal ricercato estetismo e dall'ostentata critica alla mondanità "borghese" e alle costrizioni teoriche («E chi ti ha detto che la devi studiare?... la devi suonare. Questi musicisti, tutti uguali, per loro la musica è sempre un lavoro»). 

I più, però, costituiscono un incontro-scontro dei due aspetti, in un modo o nell'altro: ad esempio, un funzionario d'ufficio che si scopre essere uomo di cultura artistica straordinaria, portata e trasmessa costantemente con ammirevole e sincera umiltà, ma che per questo vede i suoi risultati "rubati" e pubblicati da altri che se ne prendono i meriti; oppure dei colleghi musicisti di grande talento che si lasciano andare a serate di trasgressione sessuale estrema. 

L'eccellente saggio biografico su Mishima scritto da Ciccarella
A questo proposito, proprio il tema della sessualità gioca un ruolo cruciale nella costruzione di questo dualismo. Trovo particolarmente interessante quanto significativamente cambi il tono delle (sorprendentemente numerose!) scene di sesso nel libro: delicata, romantica e ricca di analogie ricercate quella vissuta da Zenon "all'interno" delle sue categorie idealistiche; più voyeuristica, distante e pornografica quella che "rompe" queste sue categorie (e che costituisce una mezza citazione a Il tempio dell'alba, eh?, vecchio Cicca, lei mi ha insegnato troppo bene perché io non me ne accorga!); imprevedibili e squallide quelle nella seconda metà del romanzo. 
L'ultima, in particolare, si colloca con la sua grottesca volgarità a profanare un luogo storico, un luogo di bellezza che Zenon considerava quasi "sacro", e insieme all'evento tragico che la precede è il momento definitivo in cui la sua sensibilità sbatte la faccia sulla realtà nei suoi aspetti più insensati e mediocri, è la definitiva "profanazione" e "dominazione" (parole scelte non a caso, if you know what I mean) della materialità sulla spiritualità.

Questo mi conduce a parlare della qualità della scrittura. Lo stile descrittivo di Ciccarella è indubbiamente molto raffinato, ricco di immagini poetiche, termini ricercati fra i campi semantici artistici e musicali, e arditi accostamenti; talvolta di difficile lettura e a tratti manieristico, ma nei suoi momenti più alti assolutamente degno delle sue ispirazioni mishimiane e kawabatiane. L'ho trovato però molto freddo, intento a trasmettere più la propria elevatezza che le emozioni dei personaggi e delle situazioni; questa però potrebbe essere una scelta stilistica deliberata, atta a lasciare un po' di "headroom" per permettere al lettore di identificarsi (almeno in parte) in Zenon e di riempire quello spazio con le proprie emozioni. 

Ad esempio, nella mia testa Zenon passa molte scene a nascondere dietro sorrisi di circostanza pensieri quali "MA PORCO IL DEMONIO MA COSA CAZZO TI ACCENDI LA SIGARETTA IN UNA STANZA CHIUSA CON ALTRA GENTE MA CHE RITARDO MENTALE HAI PORCODDUE SE NON RESISTI TRENTA SECONDI SENZA FUMARE VATTI A FAR CURARE MA NON IMPESTAREMI I POLMONI MANNAGGIA AL TUO ALITO CHE SA DI CIMITERO". Almeno, così è come reagirei io in molte scene, ecco.
L'abbondanza di citazioni e riferimenti colti (autori, pittori rinascimentali e moderni, compositori minori del barocco e del Novecento, che la maggior parte dei lettori difficilmente riuscirà a cogliere ogni volta; me compreso, ovviamente) sembra talvolta sottendere il desiderio di autoreferenzialità, di crogiolarsi nella propria cultura, ma in un contesto narrativo in cui si muovono principalmente degli intellettuali, in fondo, ha assolutamente senso (oltre ad essere tematicamente significativo, in modo quasi meta-letterario). E poi Ciccarella se lo può permettere.



Per quanto mi riguarda... comprai questo romanzo quand'era appena uscito, da giovane virgulto dell'ambiente universitario torinese desideroso di conoscere e di ergersi alto nel mondo colto della yamatologia letteraria; prima, cioè, che la disorganizzazione dell'università, alcune delusioni personali, la dispersione improduttiva dei miei molteplici interessi, la debilitante presenza della mia insicurezza, insomma prima che la realtà facesse rattrappire i miei sogni di allora in una pigrizia provinciale e in un ostentato rifiuto del mondo capitalista-borghese; uno stato che pur giustifico intellettualmente, in parte con il pessimismo esistenziale e in parte col mio sempre più accentuato marxismo. Potete quindi immaginare quanto sia riuscito a trovare qualcosa di mio nei temi di questo libro, quanto con cui identificarmi in Zenon e in altri personaggi, e quanto su cui riflettere e su cui confrontarmi. 

Io mi sono rifugiato in un lavoro umile ma tranquillo, dal quale perseguire con calma i miei programmi, i miei interessi, la mia ricerca culturale (personale: checché ne direbbe il sensei, non accetto la separazione categorica fra opere colte e opere basse, quantomeno non su basi che non siano strettamente contenutistiche e case-by-case); il tutto però senza rinunciare ai miei ideali intransigenti, senza abbandonare del tutto quei sogni irrealizzabili che mi vorrebbero contemporaneamente musicista, traduttore, linguista, videogiocatore e possessore di un'immensa collezione di action figure giapponesi. 

Insomma, non ho ancora avuto quell'epifania onirica con cui Zenon, nell'ultimo capitolo del libro, trova la propria sintesi a questo dualismo. 

Mi vanto della mia tesi etnomusicologica e dei tempi dispari nelle mie composizioni più ricercate, ma non conosco il circolo delle quinte; mi vanto della mia ecletticità, facendo finta di non vedere quanto sia mediocre e derivativo tutto ciò che faccio; faccio il grezzone capellone che impreca in valbormidese, mentre filosofeggio e studio il dialetto cairese in termini di trascrizioni IPA di "t' reshteisi sec"; mi atteggio a intellettuale, mentre passo delle mezz'ore a guardare YouTube Poop canticchiando le canzoncine di K-On!; mi vanto di questo libro con queste analisi oblunghe, ma ho finito di leggerlo sette anni dopo averlo comprato. 

Ah già, il libro. 

Sì boh è parecchio bello, ricco di bei spunti di riflessione, un po' difficile e decisamente non per tutti ma è roba buona. Pur essendo ambientato in un mondo "elevato" con cui la maggior parte di noi senz'altro non può identificarsi, presenta situazioni e emozioni assolutamente universali. Leggetelo, tipo.

29 set 2018

[Recensione] Machinarium


Machinarium, gemma indie del 2009 prodotta dai cechi Amanita Design nel genere morente degli adventure game punta-e-clicca, è un perfetto esempio di come, anche con un gameplay tutt'altro che innovativo e con una trama minima, una direzione artistica peculiare e ben curata possa fare la differenza fra il dimenticatoio e il "cult status". Per lo stesso principio per cui Sky Doll, pur avendo una trama confusa e insulsa, viene adorato in tutto il mondo perché è disegnato da uno che sulla carta ci mette La Bellezza Divina.

La storia segue un piccolo robot che viene scaricato in una vasta discarica di rottami. Il suo scopo è ritornare nella città di Machinarium, salvare la sua ragazza dalle grinfie dei cattivi, e fuggire di nuovo insieme a lei. Una trama molto semplice e basilare, quindi, quasi favolistica. 


Il giocatore viene gettato in medias res, e molti dettagli vengono rivelati progressivamente tramite flashback e interazioni con gli NPC, arrivando a formare il quadro completo solo verso la fine pur dando quanto basta per tenere interessati. La narrazione avviene totalmente senza dialoghi parlati, bensì solo tramite delle vignette, dei veri e propri baloon fumettistici in cui si animano scenette disegnate, mentre i personaggi emettono solo versi, risate e simili. 

Screenshot dal sito ufficiale di Amanita Design.

L'atmosfera molto leggera, quasi cartoonesca pur senza andare mai del tutto nel comico, è efficacissima nel catapultarci in questo mondo meccanico: un mondo in qualche modo decadente, con un che di sporco, grezzo e povero, ma comunque affascinante, costituito da fondali disegnati magnificamente. Le animazioni, poi, sembrano ispirate alle animazioni cut-out, e insieme al character design buffo ma efficace (il protagonista, in particolare, ha un che di "derpy" che lo rende istantaneamente adorabile) va a rinforzare quest'atmosfera con un aspetto leggermente surreale. Anche la particolarissima musica merita una nota di merito.

Dal punto di vista del gameplay, si tratta ovviamente di un tipico insieme di enigmi da risolvere con puzzle d'inventario, ma presenta una feature che credo di non aver mai visto prima in un adventure game, e che nonostante un'iniziale perplessità ho finito per approvare vivamente: una guida interna. "Se tanto quasi tutti i giocatori andranno a cercarsi le soluzioni su internet", avranno pensato, "tanto vale dargliela noi, così possono usarla senza uscire dal gioco e dal suo mondo". All'interno del menu inventario, il giocatore può accedere sia a dei suggerimenti (uno per mappa, anch'essi presentato sotto forma di un fumetto in una nuvoletta di pensiero del protagonista) che a una vera e propria soluzione; quest'ultima, però, si trova in una specie di "libro", per accedere al quale bisogna battere un semplice mini-gioco (uno shooter a scorrimento laterale simile ad alcuni giochi sui vecchi Nokia), che comunque dà accesso solo alla pagina per la schermata in cui ci si trova, e quindi non copre eventuali fasi dello stesso enigma che si svolgono altrove. Inoltre, anche questa soluzione è presentata sotto forma di "fumetto", di indicazioni grafiche stilizzate che vanno interpretate. Insomma, perché siano davvero utili è necessario avere già una vaga idea del da farsi, o di quale sia il problema da risolvere. Entrambe queste caratteristiche impediscono che la feature venga abusata.


Un esempio dei fumetti che sostituiscono cutscene e dialoghi. Screenshot dal sito ufficiale di Amanita Design.

Un'idea originale che si è anche rivelata molto utile, perché i puzzle sono spesso molto impegnativi. Richiedono attenta esplorazione dell'ambiente, abitudine a riconoscere in dettagli apparentemente insignificanti degli indizi e una discreta dose di puro trial-and-error,
e spesso dei salti logici tutt'altro che... beh, logici. Ciò nonostante li ho trovati molto più ragionevoli rispetto, ad esempio, a un Broken Sword, o a un I Have No Mouth And I Must Scream, persino a un Syberia. Anche quando ricorrevo alla soluzione interna, nella quasi totalità dei casi mi rendevo conto che avevo semplicemente perso un oggetto, o non avevo notato un particolare che però effettivamente c'era. L'unico problema che mi sento di criticare davvero è che talvolta non è chiaro quello che si deve fare, quale sia l'ostacolo da superare o l'obbiettivo verso cui lavorare, lasciando il giocatore un po' con la stessa sensazione di quando in un'interrogazione cerchi di rispondere all'insegnante ma non hai capito la domanda.

Molti enigmi prendono la forma di impegnativi mini-giochi che possono richiedere delle mezz'ore per essere risolti.

In generale, comunque, è un gioco breve e semplice ma che lascia il segno: è immersivo, artisticamente originale (unico, oserei dire), impegnativo quanto basta, un po' opaco ma carino e endearing quanto basta da tenere il giocatore incollato.

18 set 2018

[About me\Recensione] Aria: lettera d'amore a un capolavoro unico

Devo iniziare questo post con una premessa, anzi, un avvertimento: questa non sarà una recensione. O meglio, non sarà il solito sbrodolio di parole in cui spendo un paio di paragrafi a soppesare pregi e difetti, usando parole inutilmente roboanti (come, ad esempio, "roboante"), e poi passo il resto a mugugnare dicendo una quantità francamente eccessiva di parolacce, battute politiche e analogie copiate da Zero Punctuation. Non sono in grado di parlare di Aria in questi termini. Questa non sarà niente di meno che una lettera d'amore. Una lettera d'amore ad una serie che, oltre ad essersi presa di prepotenza un posto fra le mie opere preferite in assoluto (non solo anime/manga: in assoluto), ha accompagnato e contribuito a definire un periodo fra i più importanti della mia vita.


Aria è un manga di Kozue Amano (iniziato nel 2001 sotto il nome Aqua, rinominato l'anno successivo a seguito di un cambio di testata), poi adattato in tre serie animate più alcuni OVA dirette dal geniale Jun'ichi Satō. Sul pianeta Aqua, risultato della terraformazione di Marte, è stata costruita Neo-Venezia, una copia esatta della città italiana costruita dopo che l'originale è stata sommersa dai cambiamenti climatici. Qui vivono e lavorano le Undine, rispettate gondoliere e amate guide turistiche. Akari Mizunashi è una ragazza terrestre che si trasferisce su Aqua per diventare un'Undine, e si unisce alla Aria Company sotto la guida della celebre "Fata dell'Acqua" Alicia Florence. Farà presto amicizia con altre due praticanti (Aika e Alice) e le loro senpai. 

Da lì in avanti semplicemente… succedono cose. O meglio, è più corretto dire che non succede nulla. Le ragazze aiutano un postino a fare le consegne, o puliscono le loro gondole; Akari e Alicia fanno una gita fuori porta e scoprono un posto con un bel panorama, oppure Akari passa la giornata al caffè Florian a godersi Piazza San Marco. Banale vita quotidiana, insomma. È lento. Lentissimo. Quasi contemplativo, quasi meditativo.

Potrei citare alcuni "aspetti tecnici" che contribuiscono alla magia di Aria: lo splendido disegno di Kozue Amano, ad esempio, coi suoi ambienti dettagliatissimi e le sue vignette inquadrate in modo da evocare un senso di meraviglia e pace; l'eccellente doppiaggio dell'anime, con in particolare Erino Hazuki (Akari), Sayaka Ohara (Alicia) o Ryou Mizunashi (Alice) che rappresentano perfettamente i vari quirk vocali dei personaggi permettendo allo spettatore di affezionarsi e famigliarizzarsi; i personaggi stessi, privi se non di qualche piccolo arco ma adorabili e ben definiti fin dall'inizio; la colonna sonora ricca di brani semplici ma atmosferici, dolcissimi, basati principalmente su arpeggi di chitarra acustica e pianoforte; le particolari espressioni chibi che assumono i personaggi nei momenti comici o buffi, che incapsulano così perfettamente le loro personalità. Ma tutti questi elementi sono solo rinforzi, armonici che danno efficacia a ciò che è il vero cuore dell'anime. 

Ogni personaggio ha una e una sola espressione chibi che lo caratterizza;
il contrasto fra queste e il normale stile realistico spesso basta da solo a trasmettere un senso di buffo e surreale

 

Quella meraviglia ordinaria...


Aria non è solo uno slice of life che segue personaggi buffi e kawaii, come un K-On!, né solo un anime comico che usa sapientemente il super deformed, come un Nichijou (anime tragicamente sottovalutato). È soprattutto una glorificazione della bellezza dell'ordinario, della magia dei piccoli miracoli di ogni giorno, un inno al trovare la gioia nascosta dentro ogni momento e ogni cosa, persino nei luoghi e negli incontri della propria vita quotidiana

A Neo-Venezia, il mondo è bello, sempre: le persone sorridono e sono sempre gentili, i gatti sono sempre affettuosi, la neve e la pioggia sono belle come la miglior giornata di sole, ogni lavoratore è un professionista che ama sinceramente ciò che fa, ogni festa (tra cui molte feste veneziane, spiegate per l'inesauribile meraviglia di Akari) è un'occasione per stare insieme e rinnovare l'amore fra la città e i suoi abitanti. Le situazioni, le battute, le inquadrature si ripetono frequentemente, come le stagioni, eppure ogni evento è unico. 

Il tutto con un velo sottile ma decisivo di malinconia, perché è comunque un'opera giapponese e il mono no aware è una caratteristica estetico-culturale cruciale, ma una malinconia che rafforza la gioia, invece di opprimerla. Il mono no aware che ci dà la consapevolezza che questi momenti meravigliosi sono fugaci, destinati a cambiare e a finire, ce li fa anche apprezzare ancora di più, e ci aiuta a trovare la bellezza anche là dove saremmo tentati di vedere solo tragicità e tristezza; ci aiuta a renderci conto che ogni fine è anche un nuovo inizio, e che possiamo fare tesoro dei ricordi della bellezza passata, che saranno con noi per sempre, senza per questo chiuderci dal farne di nuovi con la bellezza futura. È un tipo di narrazione in cui i giapponesi eccellono, fin dal Genji Monogatari e da Neve sottile di Tanizaki.

Un mondo irrealistico, certo, utopico, di pura fantasia, totalmente privo anche dei normali conflitti della vita normale; ma che risulta tale solo dalla nostra prospettiva esterna, non da quella di Akari e Alicia, vere voci soliste di questo cast corale. Akari, soprattutto, che con il suo perenne sorriso, la sua capacità incredibile di trovare meraviglia e bellezza in ogni cosa e di esprimerla ad alta voce, la sua dolcezza, il suo fare amicizia con tutti, la calma e la serenità con cui pure non smette mai di impegnarsi e lavorare duro, è la chiave che eleva il nulla quotidiano che ci viene mostrato a un tutto quasi edenico. Amano ci invita a guardare il nostro mondo con gli stessi occhi con cui la giovane Undine guarda la sua Neo-Venezia, perché anche se noi non abitiamo in un'utopia senza turisti fastidiosi, senza veneti che bestemmiano, senza i tramezzini in Piazza San Marco che costano dai 179,99€ in su, senza kami felini che proteggono la città con un esercito di gatti, e senza l'immondizia e boh credo pure le radiazioni nelle acque dei canali, i miracoli quotidiani ci sono anche qui. 
Da sinistra: Alice, Akira, Alicia, Akari, Aika, Athena. Sullo sfondo i personaggi secondari.

Identikit di un Ariafan


Ora, questo è il momento in cui forse dovrei provare a spiegare perché questo manga e questo anime hanno un effetto così potente su di me. Dovete sapere che io sono una persona molto ansiosa e molto nervosa, e allo stesso tempo molto pigra. Mi faccio piani costantemente, e qualsiasi deviazione da essi, anche solo una piccola perdita di tempo o un impegno imprevisto, mi fa innervosire o infuriare; anche se quelle deviazioni sono talvolta dovute al sottoscritto che perde tempo a guardare YouTube Poop. 

La mia testa è sempre, perennemente in attività: penso cose, penso storie, penso considerazioni politiche, penso invettive contro questo o quello, penso i problemi che mi possono capitare, pianifico il mio terzo album mentre sono ancora lì che sto scrivendo il primo, faccio continui salti e collegamenti mentali. Sono sempre rivolto o verso un futuro immaginato per il quale cerco di prepararmi (mentre viaggio penso a quando arriverò, quando arrivo penso a quando ripartirò, mentre torno penso a cosa succederebbe ai miei cari se morissi in un incidente, quando sono a casa penso al giorno dopo), o verso un passato visto come più bello e sereno fatto di momenti che non torneranno più, oppure come luogo di tutti i miei rimpianti e i miei errori; tutto questo rafforza quel costante senso di "la vita fugge et non s'arresta una hora" che alimenta la mia malinconia, la mia paura della morte, la mia sensazione di non avere tempo e capacità di fare tutto ciò che vorrei, e paradossalmente contribuisce a farmi sprecare parte del mio presente. 

Aria evoca in me esattamente tutto questo, e lo distrugge. Prende la mia malinconia, e la tramuta in una spinta positiva verso il presente. Mi permette di disattivare quei processi mentali continui del mio cervello e di godermi una sensazione di serenità spensierata (cosa che no, non mi succede spesso nemmeno guardando altri slice of life!). Quando mi fa commuovere per una gondola che va in demolizione, evoca lo stesso sentimento che provai io quando dovemmo dar via la nostra vecchia macchina, ma tramutandolo in qualcosa di positivo e di commuovente, magico. Trasmette molti messaggi tutt'altro che complessi ed esoterici, ma che risultano molto rilevanti e molto vicini per la persona che sono io. Quando finisco un episodio di Aria mi sento sereno, in pace col mondo, mi sembra di volere bene a tutti, riesco persino a guidare senza augurare una morte orribile a quelli che non mettono la freccia in rotonda ('rtacci loro). 

Tre episodi, in particolare, vorrei raccontare, del mio rapporto con Aria



 

Quella signora sul treno...


Credo non ci sia esempio migliore di questo per spiegare ciò che Aria è e vuole essere.

Dunque, Il manga mi fu prestato da un caro amico d'università. Ero al secondo anno, o forse all'inizio del terzo. Stavo leggendo un volume in treno, mentre tornavo in Liguria il venerdì dopo una settimana di lezioni. Era il capitolo della Festa del Redentore, quando Akari e le altre apprendiste organizzano una festicciola in riva alla laguna con le senpai e gli amici. L'episodio è semplicemente questo: la gioia di una cena piacevole e tranquilla fra persone che si vogliono bene. Sul mio volto era stampato un sorriso, per tutto il tempo. Doveva essere molto evidente, perché la signora anziana seduta davanti a me lo notò, e mi fece un qualche commento su quanto fosse bello vedere una persona sorridere così mentre leggeva. Chiacchierammo qualche minuto. Amano, tramite Akari e le altre, aveva trasmesso questa semplice gioia a me, e io, semplicemente provandola ed esternandola, l'avevo a mia volta trasmessa ad un'altra persona, trasformando un incontro banale come ne ho avuti a centinaia nella mia vita in un qualcosa di unico, memorabile e, semplicemente, bello. Quanti momenti del genere ci perdiamo perché ci rifiutiamo di vederli, di cercarli?

-"Vietate frasi imbarazzanti!" -"Eeeeeeee?"

 

Quei giorni spensierati...


Un altro, invece, riguarda l'anime. Una delle prime puntate, fra le più memorabili, racconta una rimpatriata serale fra le tre senpai (Alicia, Akira e Athena), che spiegano alle loro allieve come, da giovani, fossero amiche e si allenassero insieme tutti i giorni, esattamente come Akari, Aika e Alice; oggi, invece, per via delle loro responsabilità lavorative, non avevano più il tempo di vedersi come una volta. Ma proprio mentre stanno per abbandonarsi alla nostalgia dei bei tempi andati, pronunciano una delle frasi più caratteristiche della serie: «Se resteremo prigioniere dei ricordi del passato, non saremo in grado di riconoscere i bei momenti che ci regala il presente. Non diciamo "Com'erano belli quei tempi", diciamo piuttosto "Anche quei tempi erano belli". Ciò che appartiene al passato non dovrebbe essere paragonato né ad altri momenti già trascorsi, né al presente, né ai ricordi che avremo in futuro. Nel corso della vita condividiamo tanti piccoli attimi preziosi con le persone a noi care, attimi che poi scompaiono, ma se solo riuscissimo a trattenere ognuno di quei ricordi, i bei momenti non finirebbero mai e ci accompagnerebbero per sempre, per tutta la vita.»

Poco dopo, Akari riaccompagna a casa le sue amiche, e si salutano prima di un ponte
con un "ci vediamo domani". Mentre le due spariscono dietro il ponte, Akari strabuzza gli occhi, e improvvisamente si mette a correre. Raggiunto un punto in cui le poteva vedere, ricomincia a salutarle, ripetendo, in lacrime, quella frase: ci vediamo domani. Akari si era resa conto che anche per lei quei momenti speciali di quotidiana compagnia erano destinati a finire, e ha deciso, seguendo il consiglio di Alicia, di abbracciare il tempo presente, ancorarvisi, ribadirlo con forza nonostante, anzi, proprio in virtù della sua caducità: "ci vediamo domani". Quel momento è… intensissimo. 

Il doppiaggio, la musica, il contesto, il passaggio alla faccia chibi, rendono quella scena un pugno in faccia che ogni volta, ogni maledetta volta, mi stringe il cuore e riesce a farmi piangere e ridere assieme. La prima volta, in particolare, fu così forte che dovetti fermare tutto per riprendermi. 

Perché, vedete, anch'io all'università avevo un terzetto di amici, che vedevo tutti i giorni. Compagni di corso, di studi, di uscite, di imbarazzanti discussioni fra nerd single e impenitenti, di decisioni improvvise di marinare il lettorato di giapponese per andare a prenderci un gelato, di momenti in cui facevamo inorridire gli astanti mentre discutevamo su chi scrivesse le migliori scene di sesso fra Yukio Mishima e Yasunari Kawabata. E la prima volta che vidi quell'episodio, beh… fu proprio verso la fine del terzo anno, ovvero proprio quando mi stavo rendendo conto che anche per noi quei momenti assieme sarebbero finiti, man mano che i nostri percorsi si separavano. 

Sembrava fossimo tutti sulla stessa strada e procedessimo insieme, ma ognuno di noi aveva la propria, che percorreva alla propria velocità; le nostre strade si erano incrociate quasi per miracolo, donandoci gioia e splendidi ricordi, ma come si erano incontrate così sarebbero andate a divergere. Capii che dovevo abbracciare con tutto me stesso quel piccolo miracolo che è stato l'incontrare quelle persone, e fare del mio meglio per ricordare ciò che quella nostra amicizia ci ha dato, nonché per affermare con forza ciò che sarebbe diventato in futuro.

Esattamente come Akari, Aika e Alicia.

さあ、お手をどうぞ!

 

Quel nuovo inizio...


Il terzo, infine, riguarda nuovamente il manga. Era l'ultimo giorno nella casa di Torino in cui io e il mio migliore amico abitammo nei cinque anni di università. Stavo impacchettando e insacchettando il manga per restituirlo al mio amico (giustappunto un membro del terzetto di cui sopra), e per ogni volume che insacchettavo mi prendevo qualche momento per sfogliarlo. Giunto all'ultimo, mi capitò fra le mani l'ultimo capitolo:
Akari si prende un momento per respirare ancora quelle immagini del passato, conscia che saranno con lei per sempre, e poi, con decisione, alza la tapparella, facendo entrare la luce del nuovo giorno

Tutto questo, ripeto, riletto il giorno prima di abbandonare una casa che per me era stata altrettanto un luogo di crescita e di splendidi ricordi. Ci avevo pianto, riso, composto, affinato la mia visione politica, conosciuto la mia ragazza; mi aveva visto nei miei momenti più bassi, nei più profondi abissi della depressione che ho affrontato nel 2013, e nei momenti più alti, quando con euforia studiavo giapponese o chitarra e pianificavo la mia vita; ci avevo scherzato, giocato e litigato col mio migliore amico.

Posato quel volume, presi la chitarra e scrissi una canzone, consegnando per un'ultima volta tutte quelle storie e tutti quei ricordi alla custodia di quei quattro muri che non avrei rivisto mai più. 

Foto scattata quel giorno

 

Quella attesa conclusione...


Insomma, capite bene come il mio giudizio non sia dettato solo dalle sue (moltissime) qualità oggettive. Aria è entrato nella mia vita nel momento migliore possibile: ha fatto risuonare i suoi temi perfettamente in armonia con le mie paure, le mie fisime, la mia malinconia, e mi ha permesso di sublimarle, comprenderle, vederle da una nuova angolazione. Mi ha accompagnato in un periodo di transizione, emozionandomi come pochissime opere sono riuscite a fare. Quasi ogni suo episodio contiene per me un qualcosa di rilevante, di intenso, di memorabile. Al punto che ho titolato ogni paragrafo di questo post citando il "theme naming" della serie (il titolo di ogni episodio inizia coll'aggettivo dimostrativo その "quel"), come gli altri ariafan che stanno leggendo avranno certamente notato.

Il capolavoro di Kozue Amano non è per tutti. In un certo senso, è proprio come l'aria: leggero, inconsistente, semplice; eppure ti entra dentro, ti riempie il petto. Ma è difficile spiegare o far capire quella sensazione, perché... come puoi spiegare la sensazione di respirare aria buona, aria di un altipiano montano o di un paradiso sul mare? Eppure, quando la conosci, la riconosci. E non puoi più farne a meno. Perché, semplicemente, Aria è Bellezza con la B maiuscola.

Credo dica qualcosa di molto interessante sulla società giapponese (ma anche occidentale, il realtà) il fatto che i manga per ragazzi siano spesso storie con gente che si pesta, poteri sovrannaturali e grandi quest per salvare il mondo, laddove quelli per adulti o comunque per ragazzi più grandi siano spesso slice of life o commedie con ragazze carine che fanno cose carine in storie pacifiche e dolci dove non succede niente; fino all'apoteosi che è proprio Aria. Da piccoli vogliamo essere l'eroe ignorante ma di buon cuore e potentissimo che salva il mondo e si fa piacere da tutti; da grandi, vorremmo solo l'innocenza e la libertà per girare pacificamente in gondola su un pianeta-utopia con una ragazza carina che ci insegna la bellezza del mondo e un gattino che dice "Puinyu!".