Nonostante sia la mia passione più
viva e che più occupa il mio tempo (fra ascolto, composizione, arrangiamento,
prove, esercizio, concerti da spettatore o da esecutore, e sbavare su
thomann.de), in queste pagine non ho parlato molto di musica. Forse perché fatico
a parlarne in maniera sufficientemente articolata, forse perché non
leggo più recensioni di album e quindi non mi viene voglia di scriverne, o forse perché semplicemente non penso che ai miei venticinque lettori
interessi sentirmi parlare dei Blind Guardian come Emilio Fede parlava di
Berlusconi, o sproloquiare del perché i Nine Inch Nails mi
facciano cagare e perché consideri Tool e Radiohead inspiegabilmente
sopravvalutati.
Ultimamente, però, ho notato che c'è
un topos musicale che su di me fa particolarmente presa, e che considero molto
efficace in quanto a resa emotiva: la ripetizione e ripresa di temi. Una stessa
idea melodica presentata, ripresa, accennata, riproposta con
variazioni di contenuto o di contesto. Nella sua forma più semplice, è il
concetto alla base del ritornello o della ripresa di un riff, ma questo device
è al suo apice quando i temi si trovano in momenti separati e lontani. L'ascoltatore,
riconoscendo una melodia nota, la associa istintivamente ai contesti precedenti
in cui l'ha sentita, ne ricorda le emozioni, e mette il
tutto in relazione al momento attuale. Questo può servire a introdurre e
successivamente "richiamare" una certa idea, una certa atmosfera, oppure a crearvi un contrasto, oppure a evidenziare il "viaggio" fra
le ripetizioni di un tema che funge da punto di partenza e di arrivo. È un
concetto ovviamente tutt'altro che esoterico, essendo alla base di qualunque
colonna sonora degna di questo nome: basti pensare alla Imperial March di John
Williams, indissolubilmente associata all'immagine di Darth Vader e delle Star
Destroyer, e a quanto potente sia il momento in cui se ne sente un leggero
accenno quando l'Anakin Skywalker dell'Episodio II stermina la tribù di Tusken, o mentre Palpatine racconta l’ormai memetica
Tragedia di Darth Plagueis il Saggio. Ottimi esempi in ambito videoludico sono
le colonne sonore dei Metal Gear Solid
o di To the Moon, ed è anche quello
che, con l'ingenuità e l’enciclopedica incompetenza di un compositore alle
prime armi, tentai di fare io stesso quando, anni fa, un amico mi coinvolse nel
suo Project Chronos: Episode 1. Qui vorrei però concentrarmi
nell'ambito della musica "pura", quella che cioè non si
appoggia a una componente estrinseca ma racconta la propria "storia"
da sola.
La ripetizione di temi distingue i concept album davvero di livello in quanto
tali dalle semplici raccolte di canzoni legate da un filo lirico comune. In quest'ultima categoria rientrano album anche ottimi, come A Thousand Suns dei Linkin Park, o Earthless degli Straight to Pain (*coff
coff*), o Nightfall in Middle-Earth
dei Blind Guardian (che considero uno dei punti più alti mai raggiunti dalla
musica metal), ma privi di un elemento musicale che li faccia percepire come un
tutt'uno coeso, un qualcosa di più della sola somma delle loro
canzoni. Per la prima categoria potrei invece citare capolavori come The Wall dei Pink Floyd o Storia
di un impiegato di Fabrizio De André, ma vorrei invece sviscerare due album
meno noti e più recenti che reputo perfetti esempi del discorso che sto
facendo.
Il primo è Under the Force of Courage (iTunes, CDJapan), del gruppo progressive-power metal Galneryus. La storia è una sorta di epica incentrata su uno schiavo
che, quando due grandi nazioni si dichiarano guerra, viene costretto a prendere
in mano le armi e lanciato sul campo insieme ad altri coscritti come lui, dove
combatterà con vigore mosso non dal patriottismo ma dal desiderio di
proteggere la propria famiglia presa in ostaggio.
L'album si apre con due tracce che costituiscono una sorta di ouverture: dopo un arpeggio dal mood introspettivo, un assolo armonizzato
di chitarre pulite conduce fluidamente alla splendida melodia che funge da main theme dell'album, quello che nel video ho chiamato Pray to the Sky theme. Lo scoppio della
guerra è presentato da un riff in 5/4
quasi marziale che crea tensione, la arricchisce con sincopi e accenti
inaspettati, e la fa esplodere nella traccia più progressive dell'album, alla
fine della quale un'
improvvisa apertura ripropone il tema Pray
to the Sky, accompagnato da una linea di basso semplicemente adorabile. Un
momento che seriamente,
se sentendo la traccia completa non vi venite nelle mutande non avete
un'anima. Vorrei attirare l'attenzione in particolare sulla cadenza finale di questo tema, perché si ripresenterà più volte. Ad esempio, il ritornello della
canzone successiva, Raise My Sword, già presenta la stessa cadenza finale, com'è evidente soprattutto in chiusura dell'ultimo
ritornello, dove viene ripetuta qualche volta di più. In sé
è diversa rispetto al tema suonato dalla chitarra nella traccia precedente, ma
ne è chiaramente derivata, e sarà questa cadenza a ritornare più spesso
nel corso dell'album. Infatti è la stessa che chiude il ritornello di
Chain of Distress e di Under the Force of
Courage.
La sesta traccia, Reward for Betrayal,
si apre con lo stesso riff in 5/4 di
The Time Before the Dawn, solo traslato su una tonalità più alta, di nuovo a
creare una forte tensione in un momento chiave della storia per poi farla esplodere repentinamente. Nella traccia successiva, Soul of the
Field, il tema principale fa di
nuovo la sua comparsa all'apice di una lunga sezione di assoli, armonizzato fra
chitarra e tastiera su un tappeto di doppio pedale. Nonostante la
melodia sia la stessa, l'armonizzazione una terza sotto, l'arrangiamento, e il
contesto in cui si trova le fanno trasmettere una sensazione radicalmente
diversa: è un momento epico e concitato, ma con un tocco di tragedia. Non serve
neanche leggere il testo o la storyline per capire che questo è il momento
focale della storia. Sa un po', se vogliamo riferirci alla tipica struttura
narrativa in tre atti, di "fine del secondo atto", cioè il momento di conflitto che termina su una situazione critica. In effetti, la tracklist
stessa sul retro dell’album è divisa in tre “movimenti”.
Il terzo atto può dirsi costituito da
Chain of Distress, un lento di cui ho già parlato, e dalla meravigliosa, straordinaria suite di metal neoclassico Under the Force of Courage. Quest'ultima inizia con un'intro
orchestrale che, al suo apice, ricorda vagamente il ritornello di Raise My Sword, compresa la sua cadenza finale, che costituisce, come già detto, anche la chiusura di ogni ritornello di questo brano (anche
liricamente, le parole "raise my sword" compaiono più volte; questi due pezzi son il punto di partenza e d'arrivo dell'album, e quindi vengono legati melodicamente e liricamente). Il Praise
to the Sky theme entra in scena a sorpresa dopo uno dei bridge, e per
la prima volta è presentato anche vocalmente in un canto corale che
interviene come un ampio rilascio di tensione dopo un momento di build-up. Evoca il momento in cui sorge la speranza nel
bel mezzo del terzo atto: la battaglia volge verso il positivo, la ribellione
del protagonista e dei suoi seguaci è pronta a compiersi. Ma il cantante
solista ancora non si sente in questo coro, ancora viene trattenuto. La suite si conclude con una serie di
tre diverse code corali. La prima (che contiene anche la
chiusura terzinata già comparsa in The Voice of Grievous Cry) continua il ritmo
del ritornello, e quindi mantiene alta la tensione con un ostinato tappeto di doppio
pedale. La seconda rallenta il ritmo, con una melodia e un testo che
trasmettono decisione e speranza, ma il ruolo di rilascio della tensione è affidato
solo alla terza coda, che esplode ripresentando, per l'ultima volta, il Pray to the Sky theme; questa volta
cantato, con un testo, anche dal lead vocalist.
Il ritmo aperto, il coro, e il modo in cui viene introdotto rendono questo punto l'apice dell'album e della storia: è il finale, il momento in cui tutto viene a compimento, è la speranza e la positività alla fine del terzo atto. La melodia che è stata ammantata prima di malinconia e poi di tragicità è ora la celebrazione per la vittoria imminente. Se in questo stesso momento, con questo stesso feel, avessero messo un'altra melodia, anche migliore, non avrebbe avuto lo stesso effetto, perché il senso di risoluzione è dato anche dal fatto che l'ascoltatore la riconosce come tema portante non solo di questa canzone ma dell'album intero, e capisce che è qui per tirare e chiudere tutte le fila di un'opera. Opera che così riesce a essere percepita non solo come una collezione di brani, ma, anche musicalmente, come un tutt'uno indiviso.
Il ritmo aperto, il coro, e il modo in cui viene introdotto rendono questo punto l'apice dell'album e della storia: è il finale, il momento in cui tutto viene a compimento, è la speranza e la positività alla fine del terzo atto. La melodia che è stata ammantata prima di malinconia e poi di tragicità è ora la celebrazione per la vittoria imminente. Se in questo stesso momento, con questo stesso feel, avessero messo un'altra melodia, anche migliore, non avrebbe avuto lo stesso effetto, perché il senso di risoluzione è dato anche dal fatto che l'ascoltatore la riconosce come tema portante non solo di questa canzone ma dell'album intero, e capisce che è qui per tirare e chiudere tutte le fila di un'opera. Opera che così riesce a essere percepita non solo come una collezione di brani, ma, anche musicalmente, come un tutt'uno indiviso.
Del secondo album parlerò in un
articolo successivo, che pubblicherò a breve, perché ho già sbavato senza ritegno scritto abbastanza.
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