Non penso di rivelare chissà quale scoperta o sibillino oracolo se faccio notare quanto il whataboutism, o benaltrismo (due concetti in realtà leggermente diversi, ma spesso usati intercambiabilmente), stia diventando diffusissimo nel discorso politico moderno, soprattutto su internet e sulle bocche dei leader che si potrebbero definire populisti (Salvini, Trump, Putin, Renzi, Grillo e una popolata fascia di grillini fra cui oserei far spiccare Di Battista, ecc....).
«Il M5S ha fatto questo? E allora il PD? La Fedeli? Le banche? LABOLDRINI?»
«Il PD ha fatto questo? E allora Grillo? Le buche a Roma? I bonifici? I congiuntivi di Di Maio?»
«Trump ha fatto questo? E allora la Clinton? L'Iraq? Pizzagate? Benghasi?»
«Putin potrebbe aver ucciso un oppositore? E allora gli Stati Uniti?»
«Oggi è il 25 Aprile? E i millemila milioni di morti del comunismo? E le zecche da centro sociale che mi hanno sfasciato il parabrezza? E ALLORA LE FOIBE?»
Spesso i benaltrismi citati sono delle cose che non c'entrano proprio niente, o dei luoghi comuni, quando non proprio delle falsità o delle astruse teorie del complotto. Non giriamoci attorno: è una fallacia logica, tipicamente un tu quoque o un altro tipo di ad hominem. Perché non si affronta l'argomento, non si contrastano dialetticamente le critiche per dimostrarle false o non valide, ma semplicemente si butta la palla in tribuna, si cerca di parlare d'altro. Così come è una fallacia logica contrastare una critica alla propria fazione accusando "gli altri" di aver fatto di peggio, perché si abbandona il tentativo di difendere la propria posizione. John Oliver faceva notare che si tratta di una vecchia arma propagandistica sovietica, atta a dare l'idea che, se per ogni critica a sé se ne può esprimere una analoga contro l'avversario, allora tutti sono ipocriti, tutti sono cattivi, e quindi tutto è lecito.
In effetti, però, è ovvio: per quanto sia vero che una parte aveva i colpi di stato in Mesoamerica e in Medio Oriente e l'Operazione Northwoods e tutt'un po', l'altra parte i prigionieri politici e le carestie ce li aveva comunque. Altrettanto ovvio è che non tutte le azioni sbagliate sono moralmente equivalenti, e che la semplice condizione binaria "ha fatto / non ha fatto cose cattive" non implica che, ad esempio, far morire un certo numero di persone di fame per negligenza o cattiva pianificazione sia moralmente equivalente a ucciderne un pari o anche minor numero nell'ambito di un conscio e organizzato piano di deumanizzazione e genocidio su base etnico-religiosa. C'è un motivo se anche in giurisprudenza si distingue l'omicidio preterintenzionale da quello premeditato. Similmente, se un imputato per furto con scasso provasse a difendersi tirando in ballo quella volta che il giudice ha rubato un pacchetto di Tic-Tac, o lamentandosi che con tutti gli assassini che ci sono il suo furtarello è poca cosa, magari ha pure ragione, ma in galera ci va lo stesso.
Tuttavia, ferma restando la qualità logicamente fallace di questo stile di argomentazioni, voglio osare farne una piccola, timida difesa.
Spesso, chi ricorre al whataboutism, non vuole difendere la propria posizione dalle critiche, perché non ne è in grado o perché sa di non poterlo fare, ma nemmeno vuole semplicemente buttare il confronto in caciara. Anzi: vuole anticipare il passo successivo del discorso.
In una qualunque conversazione politica, lo scopo è spesso quello di convincere l'avversario delle proprie posizioni. Che sia conscio o no, nella maggior parte dei dibattiti politici c'è un sottotesto di "il partito X ha fatto o detto questo, quindi tu interlocutore e voi ascoltatori o lettori dovete smettere di votarlo (e invece votare il partito Y)". Sia ben chiaro, è perfettamente legittimo: lo scopo del dibattito dovrebbe essere proprio quello, limare le rispettive posizioni e convincersi l'un l'altro a convergere sull'idea più solida e sensata; stiamo parlando di politica, mica di fede calcistica o di chi sia la best waifu fra Yui e Mio. Anche laddove quell'intento non ci sia, è spesso comprensibile presumerlo o credere di vederlo, soprattutto in un'epoca di "paranoici della propaganda" che vedono anche in una constatazione o in una semplice scelta narrativa una conscia e attiva intenzione di fare propaganda politica.
Ebbene, chi usa la tecnica del whataboutism sta semplicemente anticipando e contrattaccando quel discorso, quel sottotesto, quell'obbiettivo secondario, conscio o meno che sia. Sta dicendo al proprio interlocutore che, ammesso che questo abbia ragione nelle proprie critiche o affermazioni, comunque non basta a fargli cambiare idea, perché le altre parti in gioco sono (viste come) peggiori, o (si considerano) colpevoli di cose (viste come) più gravi. Contemporaneamente, sta suggerendo agli astanti di non far condizionare la propria opinione solo da quella critica o da quelle affermazioni senza tenere in considerazione anche queste altre critiche e affermazioni relative all'altra parte.
Nell'ambito della "logica stretta", è comunque una fallacia, una stupidaggine, e non ci piove; ma nell'ambito della più ampia logica politica ha un certo qual senso e un certo qual scopo: perché, se la scelta è obbligata fra un numero limitato di opzioni, sostenere che "gli altri sono peggio" è logicamente equivalente a sostenere che "noi siamo meglio".
Comunque: Mio-chan best grill, ma è evidentemente destinata all'amore eterno con Ritsu, e il miglior waifu material è Ui, quindi Ui-chan best waifu.
«Il M5S ha fatto questo? E allora il PD? La Fedeli? Le banche? LABOLDRINI?»
«Il PD ha fatto questo? E allora Grillo? Le buche a Roma? I bonifici? I congiuntivi di Di Maio?»
«Trump ha fatto questo? E allora la Clinton? L'Iraq? Pizzagate? Benghasi?»
«Putin potrebbe aver ucciso un oppositore? E allora gli Stati Uniti?»
«Oggi è il 25 Aprile? E i millemila milioni di morti del comunismo? E le zecche da centro sociale che mi hanno sfasciato il parabrezza? E ALLORA LE FOIBE?»
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In effetti, però, è ovvio: per quanto sia vero che una parte aveva i colpi di stato in Mesoamerica e in Medio Oriente e l'Operazione Northwoods e tutt'un po', l'altra parte i prigionieri politici e le carestie ce li aveva comunque. Altrettanto ovvio è che non tutte le azioni sbagliate sono moralmente equivalenti, e che la semplice condizione binaria "ha fatto / non ha fatto cose cattive" non implica che, ad esempio, far morire un certo numero di persone di fame per negligenza o cattiva pianificazione sia moralmente equivalente a ucciderne un pari o anche minor numero nell'ambito di un conscio e organizzato piano di deumanizzazione e genocidio su base etnico-religiosa. C'è un motivo se anche in giurisprudenza si distingue l'omicidio preterintenzionale da quello premeditato. Similmente, se un imputato per furto con scasso provasse a difendersi tirando in ballo quella volta che il giudice ha rubato un pacchetto di Tic-Tac, o lamentandosi che con tutti gli assassini che ci sono il suo furtarello è poca cosa, magari ha pure ragione, ma in galera ci va lo stesso.
Tuttavia, ferma restando la qualità logicamente fallace di questo stile di argomentazioni, voglio osare farne una piccola, timida difesa.
Make the Galaxy great again. Potevo farmi scappare l'occasione di mettere un riferimento a Star Wars anche in questo articolo? Ma certo che no! |
Spesso, chi ricorre al whataboutism, non vuole difendere la propria posizione dalle critiche, perché non ne è in grado o perché sa di non poterlo fare, ma nemmeno vuole semplicemente buttare il confronto in caciara. Anzi: vuole anticipare il passo successivo del discorso.
In una qualunque conversazione politica, lo scopo è spesso quello di convincere l'avversario delle proprie posizioni. Che sia conscio o no, nella maggior parte dei dibattiti politici c'è un sottotesto di "il partito X ha fatto o detto questo, quindi tu interlocutore e voi ascoltatori o lettori dovete smettere di votarlo (e invece votare il partito Y)". Sia ben chiaro, è perfettamente legittimo: lo scopo del dibattito dovrebbe essere proprio quello, limare le rispettive posizioni e convincersi l'un l'altro a convergere sull'idea più solida e sensata; stiamo parlando di politica, mica di fede calcistica o di chi sia la best waifu fra Yui e Mio. Anche laddove quell'intento non ci sia, è spesso comprensibile presumerlo o credere di vederlo, soprattutto in un'epoca di "paranoici della propaganda" che vedono anche in una constatazione o in una semplice scelta narrativa una conscia e attiva intenzione di fare propaganda politica.
Ebbene, chi usa la tecnica del whataboutism sta semplicemente anticipando e contrattaccando quel discorso, quel sottotesto, quell'obbiettivo secondario, conscio o meno che sia. Sta dicendo al proprio interlocutore che, ammesso che questo abbia ragione nelle proprie critiche o affermazioni, comunque non basta a fargli cambiare idea, perché le altre parti in gioco sono (viste come) peggiori, o (si considerano) colpevoli di cose (viste come) più gravi. Contemporaneamente, sta suggerendo agli astanti di non far condizionare la propria opinione solo da quella critica o da quelle affermazioni senza tenere in considerazione anche queste altre critiche e affermazioni relative all'altra parte.
Nell'ambito della "logica stretta", è comunque una fallacia, una stupidaggine, e non ci piove; ma nell'ambito della più ampia logica politica ha un certo qual senso e un certo qual scopo: perché, se la scelta è obbligata fra un numero limitato di opzioni, sostenere che "gli altri sono peggio" è logicamente equivalente a sostenere che "noi siamo meglio".
Comunque: Mio-chan best grill, ma è evidentemente destinata all'amore eterno con Ritsu, e il miglior waifu material è Ui, quindi Ui-chan best waifu.
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