Argomenti

17 giu 2018

[Recensione] Enola


Se è vero che l'accumularsi di tanti piccoli difetti e di tanti piccoli fastidi può compromettere irrimediabilmente la godibilità di un videogioco, è altrettanto vero che se questo riesce ad essere immersivo e a centrare quell'unico bersaglio principale, il proprio punto focale, allora diventa sorprendentemente facile perdonargli tutto; soprattutto se si tratta di un prodotto indie con poco budget, e se la scelta del punto focale in questione rivela un discreto coraggio da parte dei suoi sviluppatori. Ed Enola, un horror psicologico situato all'ipotetica intersezione fra Silent Hill, Amnesia: The Dark Descent e Gone Home, è proprio uno di quei casi.

La storia segue una ragazza, l'eponima Enola, alla ricerca della propria amata, Angelica, attraverso un mondo terrificante evocato dai ricordi traumatici del suo passato. È una storia di violenza, vendetta, odio, ma anche amore e perdono. Ha il coraggio di prendere come tema cardine un argomento molto spinoso, ovvero lo stupro, e l'abilità di trattarlo in un modo sia delicato che emotivamente potente, senza cadere né nello shock value fine a sé stesso né in becere retoriche vittimiste "acchiappalike". 

Semplicemente, mette il giocatore di fronte alle vive immagini e alla viva voce della vittima, dei suoi ricordi, delle persone a lei vicine, dei suoi conflitti, del suo trauma, del suo dolore. Ci sentiamo noi stessi Enola mentre mettiamo assieme pezzo dopo pezzo, scena dopo scena, lettera dopo lettera la storia di questa ragazza "dal volto d'angelo", e cerchiamo di comprendere il terrore e il dolore che ha subito... così come quello che ha desiderato infliggere.


Sì, perché se molti elementi chiave sanno essere shockanti e "in your face" (soprattutto nella modalità\espansione Nightmare, una sorta di versione 1.5 del gioco più approfondita e più completa; suggerisco comunque di giocare prima la versione "base"!), buona parte degli eventi "secondari" sono raccontati con un intreccio di intelligenti simbolismi, di parole dei comprimari, di oggetti sparsi nel mondo di gioco (e non mi riferisco solo a quelli con cui il giocatore può interagire!). Anche se la trama è un po' oscura, a tratti e soprattutto all'inizio, se il giocatore è disposto a esplorare e a fare attenzione ai dettagli i pezzi del puzzle vanno tutti a posto dopo un paio di giocate, pur lasciando quel po' di mistero e di apertura all'interpretazione che rendono il tutto ancora più interessante.

Ovviamente, però, non è un gioco privo di difetti, molti dei quali dovuti all'inesperienza o alla mancanza di budget degli autori. Nel suo complesso è molto buggoso, con ambienti dalla direzione artistica confusa e animazioni tendenti al derpy; e anche il gameplay lascia parecchio a desiderare. Paradossalmente,
funziona meglio quando il gameplay si limita a farci camminare nell'ambiente, lasciando che il mondo faccia "respirare" la storia e le sue sensazioni (gli stage Midnight Heaven e The Tower, in particolare, sono magistrali), che quando cerca di inserire enigmi, azione, o, Dio ce ne scampi e liberi, del platforming in prima persona
L'atmosfera, infatti, è molto solida, e con giusto quel paio di ben dosati jumpscare riesce a trasmettere quella sensazione di essere costantemente in pericolo, vulnerabili, chiusi in un angolo, che è fondamentale in un horror (se poi questo viene usato per rinforzare il tema dello stupro, tanto meglio!).
Le mappe alternano monotonia senza particolare direzione artistica ad interessanti giustapposizioni simboliche.

Gli enigmi, in particolare, sono francamente ottusi. Se dovessi fare un paragone con Silent HIll, li direi più vicini al puzzle del pianoforte che a quello dello zodiaco. Soprattutto a causa del fatto che, in molti casi, gli indizi che vengono forniti fanno più male che bene. Ricordo un esempio: avevo intuito immediatamente una chiave d'interpretazione, ma l'indizio drammaticamente mal espresso mi aveva spedito su percorsi mentali totalmente diversi; dopo più di mezz'ora passata a cercare di fare sistemi di equazioni a due incognite alla ricerca di una soluzione, mi sono arreso, ho guardato una guida su internet, e mi sono reso conto che la mia prima intuizione era quella giusta. Non fa molto piacere, diciamo.

Scoprire il passato e il futuro della storia d'amore fra le due ragazze è
una delle principali leve emotive della modalità Nightmare.
Ci sono, infine ed ovviamente, dei finali multipli, ognuno dei quali sensato e soddisfacente. Purtroppo, però, le condizioni per ottenerli sono a dir poco esoteriche. Per dire, uno dei tre finali della modalità normale non è ancora stato scoperto dalla community!
La sidequest della modalità Nightmare, poi, è particolarmente anti-intuitiva, ed è un peccato considerando che i due finali da essa dipendenti sono i più belli del gioco. Non è affatto una cattiva idea legarli a una scelta fra due tipi di cristalli da trovare esplorando l'ambiente (ognuno dei quali, peraltro, sblocca un flashback: quelli bianchi a tema romantico a quelli rossi a tema erotico!), ma chiedere che, dei sette cristalli ottenibili, se ne scelgano solo cinque, non uno di più, non uno di meno, tutti rigorosamente dello stesso tipo, ecco, un po' un'idiozia lo è. 

Ah: per l'amor del cielo, cambiate la doppiatrice di Enola. Col doppiaggio di Astrid, Angelica e del Mostro così solido, intenso, agghiacciante, arrivare al finale e sentire la voce di Enola è un calo di qualità abbastanza estraniante.

Ma come dicevo, la qualità di storia, atmosfera e personaggi è tale da farmi perdonare tutti questi difetti. È un gioco crudele, disturbante, visceralmente emozionante e commuovente, coraggioso, e certamente non per tutti data la natura pesante e spinosa del suo tema centrale, ma lo consiglio vivamente.

Aggiungo un paio di commenti ulteriori e mie analisi personali, sotto spoiler:


10 giu 2018

[Rant] Piccola difesa del whataboutism

Non penso di rivelare chissà quale scoperta o sibillino oracolo se faccio notare quanto il whataboutism, o benaltrismo (due concetti in realtà leggermente diversi, ma spesso usati intercambiabilmente), stia diventando diffusissimo nel discorso politico moderno, soprattutto su internet e sulle bocche dei leader che si potrebbero definire populisti (Salvini, Trump, Putin, Renzi, Grillo e una popolata fascia di grillini fra cui oserei far spiccare Di Battista, ecc....).

«Il M5S ha fatto questo? E allora il PD? La Fedeli? Le banche? LABOLDRINI?»
«Il PD ha fatto questo? E allora Grillo? Le buche a Roma? I bonifici? I congiuntivi di Di Maio?»

«Trump ha fatto questo? E allora la Clinton? L'Iraq? Pizzagate? Benghasi?»
«Putin potrebbe aver ucciso un oppositore? E allora gli Stati Uniti?»
«Oggi è il 25 Aprile? E i millemila milioni di morti del comunismo? E le zecche da centro sociale che mi hanno sfasciato il parabrezza? E ALLORA LE FOIBE


Related meme
Spesso i benaltrismi citati sono delle cose che non c'entrano proprio niente, o dei luoghi comuni, quando non proprio delle falsità o delle astruse teorie del complotto. Non giriamoci attorno: è una fallacia logica, tipicamente un tu quoque o un altro tipo di ad hominem. Perché non si affronta l'argomento, non si contrastano dialetticamente le critiche per dimostrarle false o non valide, ma semplicemente si butta la palla in tribuna, si cerca di parlare d'altro. Così come è una fallacia logica contrastare una critica alla propria fazione accusando "gli altri" di aver fatto di peggio, perché si abbandona il tentativo di difendere la propria posizione. John Oliver faceva notare che si tratta di una vecchia arma propagandistica sovietica, atta a dare l'idea che, se per ogni critica a sé se ne può esprimere una analoga contro l'avversario, allora tutti sono ipocriti, tutti sono cattivi, e quindi tutto è lecito. 

In effetti, però, è ovvio: per quanto sia vero che una parte aveva i colpi di stato in Mesoamerica e in Medio Oriente e l'Operazione Northwoods e tutt'un po', l'altra parte i prigionieri politici e le carestie ce li aveva comunque. Altrettanto ovvio è che non tutte le azioni sbagliate sono moralmente equivalenti, e che la semplice condizione binaria "ha fatto / non ha fatto cose cattive" non implica che, ad esempio, far morire un certo numero di persone di fame per negligenza o cattiva pianificazione sia moralmente equivalente a ucciderne un pari o anche minor numero nell'ambito di un conscio e organizzato piano di deumanizzazione e genocidio su base etnico-religiosa. C'è un motivo se anche in giurisprudenza si distingue l'omicidio preterintenzionale da quello premeditato. Similmente, se un imputato per furto con scasso provasse a difendersi tirando in ballo quella volta che il giudice ha rubato un pacchetto di Tic-Tac, o lamentandosi che con tutti gli assassini che ci sono il suo furtarello è poca cosa, magari ha pure ragione, ma in galera ci va lo stesso.
 
Tuttavia, ferma restando la qualità logicamente fallace di questo stile di argomentazioni, voglio osare farne una piccola, timida difesa


Make the Galaxy great again.
Potevo farmi scappare l'occasione di mettere un riferimento a Star Wars anche in questo articolo? Ma certo che no!

Spesso, chi ricorre al whataboutism, non vuole difendere la propria posizione dalle critiche, perché non ne è in grado o perché sa di non poterlo fare, ma nemmeno vuole semplicemente buttare il confronto in caciara. Anzi: vuole anticipare il passo successivo del discorso.

In una qualunque conversazione politica, lo scopo è spesso quello di convincere l'avversario delle proprie posizioni. Che sia conscio o no, nella maggior parte dei dibattiti politici c'è un sottotesto di "il partito X ha fatto o detto questo, quindi tu interlocutore e voi ascoltatori o lettori dovete smettere di votarlo (e invece votare il partito Y)". Sia ben chiaro, è perfettamente legittimo: lo scopo del dibattito dovrebbe essere proprio quello, limare le rispettive posizioni e convincersi l'un l'altro a convergere sull'idea più solida e sensata; stiamo parlando di politica, mica di fede calcistica o di chi sia la best waifu fra Yui e Mio. Anche laddove quell'intento non ci sia, è spesso comprensibile presumerlo o credere di vederlo, soprattutto in un'epoca di "paranoici della propaganda" che vedono anche in una constatazione o in una semplice scelta narrativa una conscia e attiva intenzione di fare propaganda politica.

Ebbene, chi usa la tecnica del whataboutism sta semplicemente anticipando e contrattaccando quel discorso, quel sottotesto, quell'obbiettivo secondario, conscio o meno che sia. Sta dicendo al proprio interlocutore che, ammesso che questo abbia ragione nelle proprie critiche o affermazioni, comunque non basta a fargli cambiare idea, perché le altre parti in gioco sono (viste come) peggiori, o (si considerano) colpevoli di cose
(viste come) più gravi. Contemporaneamente, sta suggerendo agli astanti di non far condizionare la propria opinione solo da quella critica o da quelle affermazioni senza tenere in considerazione anche queste altre critiche e affermazioni relative all'altra parte.

Nell'ambito della "logica stretta", è comunque una fallacia, una stupidaggine, e non ci piove; ma nell'ambito della più ampia logica politica ha un certo qual senso e un certo qual scopo: perché, se la scelta è obbligata fra un numero limitato di opzioni, sostenere che "gli altri sono peggio" è logicamente equivalente a sostenere che "noi siamo meglio".






Comunque: Mio-chan best grill, ma è evidentemente destinata all'amore eterno con Ritsu, e il miglior waifu material è Ui, quindi Ui-chan best waifu.