Di
giochi basati sulla Seconda Guerra Mondiale ce ne sono probabilmente abbastanza
da totalizzare più morti virtuali di quanti il conflitto ne abbia visti di
reali. Forse perché è l'ultimo conflitto della Storia umana che i vincitori
hanno potuto raccontare realisticamente come una guerra del bene contro il
male, degli eroi che si sacrificano per fermare un nemico così
chiaramente malvagio e pericoloso per il mondo intero. E in effetti, quando il nemico è un nazista è facile per
chiunque di noi razionalizzare qualunque atto di violenza (virtuale) compiuto
contro di lui: perché dovrei sentirmi in colpa per aver appena ucciso un altro
essere umano?, era un nazista! Questa narrativa così eticamente semplice è
talmente comune che è raro vedere un'opera, figuriamoci un videogioco, che
cerca di rappresentare la crudezza di quel conflitto in maniera moralmente
grigia, se non altro perché farlo è difficilissimo. Per questo,
però, ho sempre avuto un punto debole per quelli che cercano di ricordare che anche
l'esercito tedesco, probabilmente, era composto in buona parte da giovanotti
reclutati a forza in una guerra voluta da un branco di maniaci nei loro palazzi
del potere, mandati a morire per cause di cui poco capivano, lasciando a casa
dei genitori malati, una fidanzata incinta, e un cagnolino che ogni giorno
aspettava inutilmente il suo ritorno guaendo davanti alla porta.[1]
Per
questo, e per altri motivi, non riesco a odiare Velvet Assassin, nonostante sia
un titolo così narrativamente pretenzioso e ludicamente mediocre. Ispirato
(liberamente) alla vita della combattente anglo-francese Violette Szabo, il
gioco segue la storia di Violette Summers, un'assassina con una pettinatura
semplicemente favolosa operante dietro le linee nemiche nell'Europa occupata,
che mentre si trova in stato comatoso in un ospedale francese ricorda le
missioni che l'hanno portata lì. L'atmosfera del gioco è cruda e sporca come un panino del McDonald's: gli ambienti che si visitano sono sozzi e bui, le
animazioni delle uccisioni violente e spesso inutilmente sadiche, il gioco si
premura di farci trovare lettere e dialoghi che danno un tocco di umanità ai
soldati nazisti (lettere alle fidanzate, sollievo per l'essere assegnati
lontano dal fronte, certezza di aver ormai perso una guerra continuata inutilmente solo
dalla pazzia del Führer ecc.), ma al tempo stesso non si trattiene dallo
sbatterci in faccia le loro atrocità (esecuzioni sommarie di donne e bambini
nei ghetti ebraici, dialoghi razzisti, rappresaglie contro la popolazione
civile, ecc.*[2]),
né dal presentare Violette stessa come una mezza psicopatica. Ha personalità,
insomma, e nonostante alla fine della fiera sia la trama che i personaggi non
vadano a parare da nessuna parte, con un finale inutilmente opaco e
pretenziosamente "artsy", ha la capacità di lasciare il segno. Se non
altro, per il fascino della protagonista e del suo delizioso accento inglese.
Il
gameplay è uno stealth abbastanza tipico, reso un po' macchinoso forse
dall'inesperienza dello studio o forse dalla mancanza di fondi, ma semplice e
funzionale: nell'ombra sei invisibile, alla luce sei visibile, le guardie si
muovono lungo percorsi di pattuglia prestabiliti, e tu hai un coltello molto
affilato. La meccanica "unica" di Velvet Assassin è data dalla
morfina: nelle mappe si possono raccogliere delle siringhe di morfina, che una
volta inniettate danno qualche secondo di bullet-time nei quali è possibile
spostarsi senza essere visti oppure compiere un'uccisione silenziosa, anche dal
davanti, su un nemico immobile; ha un suo senso dal punto di vista narrativo
(usandola, Violette appare nella camicia da notte che veste in ospedale,
suggerendo che si tratti di una sorta di "allucinazione" o di
"corruzione dei ricordi" dovuta al suo trovarsi ferita, delirante, sotto morfina), e non può essere abusata perché si disattiva automaticamente
dopo un'uccisione, quindi risulta un'utile e interessante carta "Esci
gratis di prigione" in caso di emergenza.
Una
volta scoperti c'è la possibilità di fuggire o combattere, ma le munizioni sono
scarse, le armi rare, la salute poca, e i controlli della mira appiccicosi e
imprecisi, quindi tanto vale ricaricare al primo "Töt die Schlampe!".
Ma ci sta: apprezzo che un gioco stealth COSTRINGA ad agire di soppiatto, invece
di adeguarsi alla scuola dei vari Assassin's Creed o Thief (2013) di pensare
che "libertà del giocatore" significhi dire "fuck it, do whatever
you want, we don't even have a point anymore". O meglio... lo apprezzerei,
se l'ultima missione non diventasse un'insipida sequela di sparatorie obbligate
che culminano in un'interminabile difesa contro ondate di nazisti col
lanciafiamme che spawnano letteralmente dal nulla. Purtroppo però è così, e
questo significa che la mira imprecisa e scattosa sarà il tramite fra voi e la
violazione del comandamento "Non nominare il nome di Dio in vano". Ed
è davvero, davvero un peccato, perché quel finale aveva almeno il pregio di
essere il momento più crudo e tragico del gioco, ma impostato così, come uno showcase dei suoi peggiori difetti, come se Star Wars finisse con mezz'ora di
dialoghi d'amore fra Anakin e Padmé, trasforma quello che dovrebbe essere
l'apex dell'esperienza nel suo momento più forzato e infuriante.
In alcune sezioni ci si può travestire da ufficiale delle SS, ma basta avvicinarsi troppo a un soldato per essere scoperti. |
In definitiva, Velvet Assassin è un
gioco che, nonostante molti difetti sia dal punto di vista ludico (lineare, ripetitivo, interfaccia un po' macchinosa, dialoghi casuali delle guardie troppo fastidiosi) che dal punto
di vista narrativo, non riesco a odiare, sia perché ha un'atmosfera e un tono
tutt'altro che comuni per un titolo ambientato nella Seconda Guerra Mondiale,
sia perché lo stealth, di per sé, funziona bene. Tuttavia, in tutta sincerità,
non mi sento di consigliarlo: ci sono giochi migliori sia che cerchiate un buon
stealth, sia che cerchiate una storia di guerra cruda e matura, sia che
cerchiate un personaggio femminile a cui guardare il sedere. Per quanto, a essere onesti, è difficile trovarne che abbiano tutte e tre queste caratteristiche. Se vi capita di
trovarlo scontatissimo su Steam potete farci un pensierino per il suo stile
"artsy", ma non aspettatevi il capolavoro della vita.
[1] Capiamoci: chi sposa
consciamente quell'ideologia, anche oggi, non merita alcuna compassione umana,
ma
non ci sto a demonizzare aprioristicamente un intero popolo, né un intero esercito che so essere
stato composto prevalentemente da proletari coscritti a forza.
[2] Apprezzabile il fatto che
molti dei soldati cantino a loop gli stessi due-tre motivetti irritanti,
facendo quindi tornare al giocatore il desiderio irrefrenabile di piantargli un
coltello in gola nonostante la loro riscoperta umanità. Almeno, credo fosse
quello lo scopo... o no?
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