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23 nov 2016

[Recensione] System Shock

Prima di quel System Shock 2 di cui l'apprezzatissima serie BioShock si dichiara successore spirituale, c'era un videogioco per PC, una reliquia dei tempi in cui l'archetipo della figaggine era per qualche motivo incarnato dallo hacker, che per primo inaugurò quella tradizione stilistica che avrebbe definito un sottogenere a parte del First Person Shooter: System Shock.

Il giocatore prende il ruolo di un non meglio identificato hacker che, dopo aver tentato di penetrare nel complesso dati di Citadel Station, una stazione spaziale di proprietà della mega-corporation TriOptimum, viene arrestato dalle forze private della compagnia e condotto dal suo amministratore, Edward Diego. Questi gli offre un patto: hackerare per conto suo SHODAN, la IA che controlla la stazione, e in cambio ottenere un'avanzatissima interfaccia neurale bionica e la caduta di tutte le accuse contro di lui. Al risveglio dal sonno criogenico, sei mesi dopo, alla fine del 2072, la stazione è caduta completamente sotto il controllo di SHODAN, e tutti gli impiegati che non sono stati uccisi sono stati trasformati in cyborg o in mutanti dall'IA impazzita.


Nonostante la prospettiva in prima persona, System Shock è molto più affine a un RPG, o persino a un Souls o un Metroidvania, rispetto a un FPS. Se contiamo che è uscito nel 1994, nel pieno dell'hype per l'uscita di Doom II, non è cosa da poco. Il combattimento non è il focus centrale del gioco: sì, sarà necessario affrontare grandi numeri di minacce, ma nella maggior parte dei casi sarà possibile approcciarle una a una, abbattendole velocemente magari sporgendosi da dietro un angolo, quindi il tipo di azione frenetica che caratterizzava gli FPS all'epoca è quasi del tutto assente (salvo, forse, le ultimissime sezioni). Il vero focus del gioco sta nell'esplorazione e nella narrativa ambientale: l'atmosfera è inizialmente inquietante e oscura, mentre si fruga ogni cadavere, ogni angolo, ogni cassa alla ricerca di armi, munizioni, cure, upgrade cybernetici, e mentre si raccolgono i primi pezzi di storia attraverso e-mail e audio log. I quali, peraltro, forniscono organicamente informazioni necessarie a proseguire, come codici o direzioni, e quindi devono spesso essere consultati ripetutamente. Gli occasionali messaggi di SHODAN, la cui inquietantissima voce cambia continuamente tono e sembra balbettare come un disco difettoso, danno una sensazione di minaccia costante da parte di questo nemico apparentemente onnipotente e onnipresente, dando vita al primo incontro con uno dei villain più memorabili della storia dei videogiochi. I livelli della stazione, vasti e complessi ma realisticamente elaborati intorno all'hub centrale, non sono completamente disponibili fin dall'inizio, ma si aprono progressivamente trovando chiavi o codici, riducendo il controllo elettronico di SHODAN, risolvendo piccoli puzzle per forzare le porte, hackerando tramite cyberspace, o trovando potenziamenti che permettono di affrontare sezioni prima insuperabili; fare backtracking fra gli ascensori e tornare a livelli già visitati per recuperare oggetti necessari ai livelli superiori è cosa tutt'altro che rara, e altrettanto lo è tornare sui propri passi per recuperare un oggetto che precedentemente si era deciso di lasciare a terra, o per usare una stazione di cura. Il tutto contribuisce a creare un'immersione molto intensa e molto particolare, oserei dire al limite del survival horror. Quantomeno all'inizio: molti livelli hanno un macchinario che, una volta attivato, resuscita automaticamente il giocatore ogni volta che muore, e andando avanti munizioni e oggetti sono abbastanza abbondanti da non essere più una preoccupazione, quindi la difficoltà va paradossalmente a calare man mano che si prosegue nella storia.

Dalla mia playthrough, un esempio sia dell'interfaccia che della quantità assurda di roba che avevo verso la fine
Sembrerebbe quindi avere gli ingredienti di un vero capolavoro, immersivo, complesso, atmosferico, e originale. Solo che, come anche la miglior carbonara diventa indigeribile se qualche degenerato ci aggiunge la panna, così System Shock perde punti (oggi come allora) quando se ne prende in considerazione il maggiore difetto: l'interfaccia francamente oscena. Bisogna districarsi fra tre diverse schermate d'inventario, la minimappa, il reader per log e mail, il controllo armi con il numero e il tipo di munizioni, l'analisi del bersaglio, e i potenziamenti. Il tutto con una tragica carenza di hotkey: bisogna fare quasi tutto col mouse, che andrà quindi alternato fra la schermata "d'azione" (sparare, selezionare oggetti, guardare) e le varie schermate di controllo. Ad esempio: per ricaricare l'arma, bisogna sbloccare il puntatore, selezionare la schermata armi, cliccare una volta per estrarre il caricatore attuale pieno o vuoto che sia, quindi cliccare sul tipo di munizione che si vuole inserire. È chiaro come in situazioni frenetiche restare senza munizioni significhi un game over quasi assicurato, perché la procedura per ricaricare può richiedere una decina di secondi anche quando si è presa confidenza con l'interfaccia. Non esistono né si possono impostare comandi per gli slot armi, né per usare rapidamente un medipack, né per ricaricare l'arma, né per aprire un inventario specifico; in compenso però ci sono SEI tasti per gestire la posizione verticale e orizzontale del corpo, per qualche incomprensibile motivo. Direi che è come organizzarsi la schermata in un MMORPG, se non fosse che a confronto persino World of Warcraft è Ico. Permette una profondità di controllo davvero notevole, ma è inutilmente ostico e macchinoso. E tutto questo, ci tengo a dire, avendo io giocato la versione enhanced disponibile su GOG (che include la mod per abilitare il mouselook, all'epoca non presente!) con un mouse da MMO con 28 funzioni impostabili! Non oso immaginare come potesse essere giocarci all'epoca, ma non mi stupisce che abbia venduto poco. Lasciamo poi perdere l'incomprensibile minigioco del cyberspace, bruttissimo da vedere, dimenticabilissimo, e semplicemente ingiocabile.

Cosa cacchio è 'sta merda, seriamente.

Il che è davvero un peccato, perché tolto questo problema è un gioco solidissimo ancora oggi. Immersiva atmosfera a metà fra horror e cyberpunk, una trama semplice ma avvincente, una sfida non indifferente, ambienti vasti e ben strutturati, e un gameplay avanti dieci anni. Oggi, forse, grazie alla versione Enhanced e ai set mouse+tastiera da gaming, è forse più giocabile di quanto non sia mai stato, quindi mi sento di consigliarlo vivamente agli appassionati di retrogaming e agli amanti di Bioshock, perché nonostante tutto è indubbiamente una pietra miliare; armatevi però di tanta pazienza, e partite dal presupposto che dovrete passare la prima ora a bindare comandi e a studiare l'interfaccia.

2 commenti:

  1. Stanno sviluppando un remake di questo titolo perciò non so se aspettare quello(la demo mi era piaciuta)o giocare l'originale. Quant'è obsoleto rispetto al seguito? Perché il seguito lo trovo perfettamente giocabile.

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    1. Rispetto al seguito è abbastanza obsoleto; lo è reso un po' di meno dalla versione Enhanced, che quantomeno ha il mouselook. In queta forma, non è TROPPO più complesso del seguito: rimane il fatto che devi usare il mouse per gestire millemila schermate, a cui si aggiunge il doverlo continuamente bloccare e sbloccare per farlo passare dalla schermata azione ai vari inventari. Insomma, se già conosci il due non è un impatto troppo traumatico. Ci vuole solo un po' per prenderci confidenza.

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