Credo che uno dei "cultural divide" più significativi fra coloro che sono più legati a una visione del mondo "di destra" e coloro che sono più legati a una visione "di sinistra" stia nel rapporto con il pauperismo e la beneficenza.
Una persona di destra, tipicamente, è più legata a una morale di tipo giudeo-cristiano tradizionale; mi rendo conto che è una semplificazione e che esistono sia la destra secolare che quella libertaria, e in generale destre che rifiutano apertamente quel tipo di tradizionalismo morale, ma sto volutamente ragionando sulle dinamiche maggioritarie, nelle quali la destra è legata a un forte conservatorismo morale, quindi vi chiedo di passarmi il termine. In quella visione del mondo, aiutare i poveri e i bisognosi è visto come positivo e necessario, ma non si mette mai in discussione il fatto che di poveri e di bisognosi ce ne sarà sempre, ce ne debbano sempre essere. Se non sbaglio è anche una frase di Gesù Cristo stesso in qualche Vangelo, anche adattata nel musical Jesus Christ Superstar nel brano Everything's Alright.
Negli Stati Uniti, dove questo dibattito è molto vissuto e molto polarizzato, diversi studi affermano che i conservatori tendano a donare molti più soldi, in proporzione al proprio reddito, rispetto ai liberal. |
Fare beneficenza, quindi, è un modo per arginare un problema, tamponarlo, senza però chiedersene l'origine o magari considerandolo ineluttabile. Da un lato, questo permette di fare qualcosa di indubbiamente utile e "buono" nel piccolo, nell'immediato, pulendosi nel mentre la coscienza; è innegabile che le iniziative umanitarie di persone come Bill Gates abbiano fatto qualcosa di concreto, di tangibile, per migliaia di persone. Dall'altro, finisce col tramutare un problema generale in uno individuale, ne rifiuta il carattere sistemico e lo ascrive invece interamente a una questione di buon cuore e impegno del singolo (individuo vs collettività: anche questo uno dei cultural divide classici fra diverse filosofie politiche), così che non sia necessario mettere in discussione lo status quo economico e sociale e anzi ci si senta pure giustificati a continuare quelle azioni, quelle dinamiche, che quelle situazioni di povertà le creano.
"Non sono razzista, dono 9€ al mese a Save the Children. Non sono classista, do tutti i miei vecchi vestiti alla Caritas e do il 5x1000 a un'associazione per i malati. Se tutti donassero quanto me i poveri starebbero meglio. Il mercato funziona, perché i miliardari fanno tanta beneficienza."
Una persona di sinistra, invece, tende a stare nel macrocosmo dei massimi sistemi, in cui gli individui sono anche prodotti di un determinato contesto socioeconomico. Una persona di sinistra non vuole semplicemente dare un pasto caldo a un povero, o mollare un centone a un senzatetto, o far arrivare un pacco di riso ai bambini poveri del Burundi: vuole che nessuno sia mai più povero, affamato, senza una casa. Vede chiaramente che il problema è troppo grande per essere affrontato a furia di donazioni di questo o quel singolo, magari spinto più da un'emozione passeggera o da un qualche tipo di tornaconto che da una convinzione morale organica, e ne cerca invece una radice sistemica, cerca le falle strutturali eliminate le quali il problema possa non esserci mai più.
D'altra parte, la maggioranza di questi studi si basa sulla beneficenza registrata e misurabile (e detraibile), e fatica a calcolare altri fattori (il campo di lavoro dei donatori, il volontariato, l'uso effettivo dei fondi ricevuti dalle associazioni benefiche ecc.), di conseguenza non possono che essere considerati estremamente parziali. |
Questo però lo spinge a ignorare completamente l'individuo, il contingente, il senzatetto disoccupato che certo non può aspettare né la rivoluzione xenocomunistintersezionale né gli effetti generazionali di una riforma moderata frutto di larghe convergenze istituzionale. Inoltre, può finire coll'ignorare quelle organizzazioni che magari la pensano esattamente allo stesso modo e, mentre si occupano di arginare il contingente, lavorano anche per creare condizioni di maggiore benessere e autonomia. Infine, può essere tacciato di parlare, parlare, parlare, fare tanto l'intellettuale, ma poi non fare nulla di concreto per "i poveri che dice di amare tanto". Di nuovo, mi rendo conto di star semplificando e "appiattendo" sui numeri maggioritari, e che esiste invece una vasta rete di associazionismo di sinistra lodevolmente attivissimo su tutta una serie di iniziative concrete e immediate.
La mia opinione, come immaginerete se mi leggete da abbastanza tempo, tende di più verso la sinistra. Ma leggermente, proprio. Però vedo la questione esattamente come vedo quella dell'ambientalismo: è cosa buona e giusta donare a Greenpeace, usare di più la bicicletta, fare accuratamente la differenziata, prendersi borracce riutilizzabili per anni invece che continuare a comprare quelle stramaledette bottiglie di plastica mannaggialamaialanfame, ma senza un'attenzione alla matrice sistemica ed economica del problema si sta solo asciugando l'acqua per terra senza far nulla per tappare la perdita nelle tubature (solo che la tubatura è la Diga delle Tre Gole e lo strumento per asciugare è un rotolo di carta Scottex ai suoi ultimi dieci strappi e la perdita è una crepa di tre metri); al tempo stesso, però, intanto che cerchi la perdita e trovi un modo per tapparla o magari per rifare totalmente l'impianto, una manata di mocio andrebbe data se no ti marciscono i mobili.
Ogni qual volta viene tirato fuori questo dibattito, a me piace sempre ricordare quel caro vecchio adagio di Hélder Camara:
When I give food to the poor, they call me a saint. When I ask why they are poor, they call me a communist.
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