Sotto alcuni punti di vista, potrei essere considerato un retrogamer. Nel senso che arrivo ai giochi con anni di ritardo. Un po' perché sono tirchio, quindi tendo ad aspettare che sia software che hardware scendano drammaticamente di prezzo. Un po' perché mi piace conoscere la storia dei media che amo, per imparare l'origine degli elementi migliori, gli errori da non ripetere, i vecchi modi di pensare, quindi passo molto tempo su opere che "mi sono perso" negli anni. Sono abbastanza rigoroso, su questo: uno che si dice, ad esempio, amante del metal, non può prescindere dall'ascolto di Black Sabbath, Judas Priest, Jimi Hendrix, e direi pure Beethoven e Čajkovskij; favolosi i Protest the Hero, belli i Fleshgod Apocalypse, ma building the future and keeping the past alive are one and the same thing. Un po' perché ho questa fisima mentale che devo godermi le cose in rigoroso ordine cronologico (capite bene che quindi entrare in robe come Final Fantasy o Doctor Who per me è proibitivo). Un po' perché si avvicinano i trent'anni e la nostalgia, ipsi dixerunt, è canaglia.
Insomma, ovviamente ho acquistato sia il NES Mini che lo SNES Mini. Anche se per me, in realtà, sono territorio totalmente inesplorato: la mia prima console fu la PS1, i miei primi giochi furono i classici LucasArts e i primi FPS su PC. L'intento era quindi di farne un'esperienza istruttiva, un archivio storico da tenere in casa per la mia collezione.
Da questo punto di vista, il NES Mini mi ha già insegnato una cosa importante: che quelli che parlano
della generazione NES come "i bei vecchi tempi, quelli sì che erano bei
giochi" probabilmente dicono stronzate.
Mi rendo perfettamente conto di essere cascato in una mossa commerciale ignobile, grazie. Insultatemi pure, me lo merito. |
Ok, facciamo un passo indietro. Come detto, non vengo da Super Mario e dalle macchinette, vengo da Monkey Island e da Wolfenstein. Credo di non aver mai frequentato le sale giochi, da piccolo, diversamente dalla maggior parte della mia generazione. In parte perché per i primi 18 anni della mia vita non ho mai avuto più di due amici contemporaneamente, e in parte perché... la prima volta che lo feci, dopo aver pregato mille volte i miei di darmi una monetina per farlo (Liguria, ricordate?), mi resi conto subito del loro modus operandi: oh mì mì, ci ho messo una moneta e poi è così difficile che sono morto subito e mi ha rimandato all'inizio? E ci devo pure mettere un'altra moneta?!? Ma ti m'ae piou pe' Berlusconi?, a l'è a mae paghetta de n'a shmann-a, loasso che t'ei nen atro!
Fu così che misi una pietra tombale sull'intero mondo delle sale giochi e degli arcade: da ligure e da persona abituata al quicksave-quickload continuo, quel tipo di design mi faceva ribrezzo. E, lo ammetto, me lo fa tutt'ora.
Avrete già intuito, dunque, che io abbia avuto problemi con i titoli del NES Mini, in larga parte figli di quella filosofia di design. Titoli in cui i limiti tecnici da una parte (il poco spazio sulls cartucce, l'impossibilità di avere veri e propri salvataggi ecc.) e l'ingenuità dei primi pionieri di un mondo nuovo dall'altra facevano concepire il gioco quasi come un endurance test di puro trial and error, che in pochi dovevano arrivare a finire e ancora meno a completare, se non scambiandosi trucchi e scoperte con gli amici (o comprando le guide ufficiali, ché le pratiche imprenditoriali ignobili mica le hanno inventate ieri). Mi saltano alla mente Ghost And Goblins, Super Mario, Donkey Kong, Gradius (in una dozzina di tentativi non ho ancora superato il primo livello), Contra, ovviamente Pac Man, insomma tutti quei giochi che persino uno dei film più stupidi di Adam Sandler riassunse come "imparare degli schemi a memoria".
Ma vorrei soffermarmi, in particolare, su Metroid, perché è il primo che mi sono sforzato di completare.
1986 |
Inutile negare che abbia avuto un impatto difficilmente quantificabile nell'industria, introducendo uno dei primi sistemi ad esplorazione libera (dopo The Legend of Zelda e altri precursori su vari sistemi home computer) e contribuendo a creare un genere, il Metroidvania appunto, in cui un mondo di gioco non-lineare e semi-aperto si espande gradualmente tramite upgrade che aprono nuove vie e facilitano il combattimento. Da non sottovalutare anche il fatto che contenesse forse una delle prime protagoniste femminili in un ambiente (allora sì) in gran parte dominato dagli uomini, e da lodare l'attenzione data alla creazione di un'atmosfera davvero immersiva e oscura, opprimente, aliena. Si trattò indubbiamente di una pietra miliare.
Allo stesso tempo, però, è anche un po' una ciofeca ingiocabile, con occhi moderni ma anche con nostalgia goggles molto generosi.
In teoria, il cuore del gioco sarebbe nell'esplorazione di un ambiente pieno di insidie e pericoli. L'assenza di una mappa per esplorare l'ambiente non sarebbe un problema, se non fosse che le stanze sono TUTTE UGUALI, e che non viene fornita nemmeno la più minuscola informazione, il più minuscolo indizio su cosa si debba fare e dove si debba andare, per cui "esplorare" diventa "girare completamente a caso finché qualcosa non funziona". Ci sono poi porte speciali che si aprono solo con CINQUE missili, il numero massimo trasportabile con il primo upgrade, ovvero quanto basta per farti pensare che sia l'idea sbagliata. Prima di leggere una guida e scoprire che il gioco ti stava attivamente prendendo per i fondelli. Aggiungete, a questo, passaggi segreti individuabili solo tentando cose a caso contro muri identici a tutti gli altri, e il quadro è abbastanza desolante.
Il resto del gameplay è dato da quel modello di combattimento a piattaforme molto comune all'epoca. Anche questo però non brilla per perfezione esecutiva: i salti sono imprecisissimi e ingestibili; il 90% dei nemici attacca ad angolo o dal basso, e Samus può solo sparare in tre direzioni senza nemmeno potersi accucciare (non si tiri fuori la scusa dei limiti tecnici: Contra faceva sparare in otto direzioni!); il respawn continuo dei nemici rende impossibile qualunque ritirata strategica, e a ogni morte si ricomincia con 30HP indipendentemente dal numero di potenziamenti sbloccati, così che si perdono delle mezz'ore a farmare energia. Elemento che risulta ancora più insopportabile quando si sta riprovando uno dei tre osceni, indecenti boss (due dei quali si possono affrontare solo tankando, in una misera dps race).
In teoria, il cuore del gioco sarebbe nell'esplorazione di un ambiente pieno di insidie e pericoli. L'assenza di una mappa per esplorare l'ambiente non sarebbe un problema, se non fosse che le stanze sono TUTTE UGUALI, e che non viene fornita nemmeno la più minuscola informazione, il più minuscolo indizio su cosa si debba fare e dove si debba andare, per cui "esplorare" diventa "girare completamente a caso finché qualcosa non funziona". Ci sono poi porte speciali che si aprono solo con CINQUE missili, il numero massimo trasportabile con il primo upgrade, ovvero quanto basta per farti pensare che sia l'idea sbagliata. Prima di leggere una guida e scoprire che il gioco ti stava attivamente prendendo per i fondelli. Aggiungete, a questo, passaggi segreti individuabili solo tentando cose a caso contro muri identici a tutti gli altri, e il quadro è abbastanza desolante.
Il resto del gameplay è dato da quel modello di combattimento a piattaforme molto comune all'epoca. Anche questo però non brilla per perfezione esecutiva: i salti sono imprecisissimi e ingestibili; il 90% dei nemici attacca ad angolo o dal basso, e Samus può solo sparare in tre direzioni senza nemmeno potersi accucciare (non si tiri fuori la scusa dei limiti tecnici: Contra faceva sparare in otto direzioni!); il respawn continuo dei nemici rende impossibile qualunque ritirata strategica, e a ogni morte si ricomincia con 30HP indipendentemente dal numero di potenziamenti sbloccati, così che si perdono delle mezz'ore a farmare energia. Elemento che risulta ancora più insopportabile quando si sta riprovando uno dei tre osceni, indecenti boss (due dei quali si possono affrontare solo tankando, in una misera dps race).
CORRIDOI VERTICALI INFINITI |
Non dubito che, senza i savestate permessi dall'emulatore e senza una mappa perennemente aperta sul tablet, non sarei mai riuscito a farcela. Non ne avrei avuto la pazienza allora, figurarsi adesso. Non solo perché, come ovvio, ciò che Metroid aveva da offrire è stato raffinato esponenzialmente nei successivi trent'anni (Dark Souls e System Shock sono i primi esempi che mi vengono in mente): difenderò fino alla morte il valore intrinseco dell'esplorare la storia di un medium, soprattutto per i giovani, quindi il semplice fatto di essere "acerbo" non basta come spiegazione. Sto proprio dicendo che, al netto delle già fatte considerazioni su come io non sia più il gamer di una volta, Metroid probabilmente non era granché nemmeno all'epoca.
Ammetto di ammirare chi sia riuscito a completare Metroid o Ghost And Goblins in un'era precedente all'internet e agli emulatori, perché sono abbastanza convinto che quei giochi non fossero stati progettati per gli esseri umani. Così come capisco quelli che, all'epoca, avendo solo quello per giocare e non potendo ovviamente fare il confronto con giochi fatti bene diversi, li ha sviscerati e adorati. Ma quelli che oggi, dopo la grandiosità irraggiunta della generazione PS2, giustificano e anzi glorificano quel design, e se la prendono coi "giovani d'oggi che vogliono essere imboccati e non vogliono impegnarsi", quelli insomma per cui anche oggi la qualità di un gioco è funzione della sua difficoltà esoterica come degli ancap socialdarwinisti... quelli no, non li capisco. Non riesco a interpretare questo loro modo di concepire il videogioco se non come una qualche forma di Sindrome di Stoccolma.
Se invecchiando diventerò così, vi autorizzo fin d'ora a prendermi a ceffoni con cadenza settimanale.
PS: Metroid mi ha anche insegnato che Dark Souls veramente non ha inventato quasi niente.