Il 25 Aprile, la festa nazionale che unisce tutti gli italiani sotto un'unica bandiera: quella dell'obbligatoria polemica annuale, che si ripete con una ciclicità e una costanza tale che potrei recitare a memoria gli argomenti di entrambe le parti. È l'una di notte al momento in cui sto scrivendo, e ho già letto il primo "E allora le foibe?", regolare come un orologio. Le sapete tutti: c'è chi vuole celebrare i morti di Salò perché i morti sono tutti uguali, c'è chi combatte l'adorazione dei partigiani ricordandone i crimini, c'è chi inevitabilmente cita le vittime del comunismo, e c'è l'inevitabile revisionista che dice "non siamo liberi per un cazzo, siamo sotto la dittatura dei comunisti/dell'Europa/dell'America/di (*inserire presidente del consiglio attuale qui*)".
Facciamo un paio di premesse.
1) A prescindere da qualunque cosa, questa è la commemorazione di un evento storico che ha fatto finire una dittatura (vera, riconosciuta dalla Storia come tale) e una guerra, e dei valori che hanno ispirato la resistenza a tale dittatura e a tale guerra. Parlare delle foibe, del comunismo, di dittature moderne più o meno fantasiose, dei morti di Salò, dei crimini dei partigiani, è semplicemente fuori tema. È come dire a Natale "eh ma allora il Venerdì Santo?". Non c'entra un belino. State sulla consegna, ché poi la maestra vi mette un 4.
2) Sì, i partigiani non erano dei santi. Sì, ci sono state esecuzioni sommarie, anche di civili, per "giustizia politica", ci sono state lotte di potere, stupri, regolamenti di conti post-bellici, e crimini di guerra. Mica si può negarlo. "Eh grazie al cazzo, mica siamo in seconda elementare che vogliamo parlare della Storia in termini di Bene Assoluto e Male Assoluto", direbbe chiunque sappia un minimo di Storia. Certo, sentire un neo-fascista rinfacciare i crimini dei partigiani è un po' come sentire Giuliano Ferrara rinfacciare i chili di troppo di Renzi, ma OK, dai.
Del resto erano un gruppo eterogeneo di persone di estrazioni sociali e idee politiche diversissime (dai comunisti ai cattolici, dai monarchici ai liberali) che agivano in gruppi individuali, a volte nemmeno coordinati, talvolta pure in conflitto (non tutte le formazioni avevano l'organizzazione e l'abitudine alla clandestinità che avevano i GAP del PCI). Persone che uscivano da anni di oppressione e di inquadramento culturale totalizzante; che magari avevano combattuto in guerra, che magari avevano perso parenti e amici al confino o nei campi di concentramento o in quella demenziale campagna di in Unione Sovietica, ed erano quindi in cerca di vendetta. Insomma, non un esercito inquadrato e ben organizzato, che esegue ordini precisi impartiti da una catena di comando e da una politica governativa di uno Stato. Come erano invece quegli altri.
Del resto erano un gruppo eterogeneo di persone di estrazioni sociali e idee politiche diversissime (dai comunisti ai cattolici, dai monarchici ai liberali) che agivano in gruppi individuali, a volte nemmeno coordinati, talvolta pure in conflitto (non tutte le formazioni avevano l'organizzazione e l'abitudine alla clandestinità che avevano i GAP del PCI). Persone che uscivano da anni di oppressione e di inquadramento culturale totalizzante; che magari avevano combattuto in guerra, che magari avevano perso parenti e amici al confino o nei campi di concentramento o in quella demenziale campagna di in Unione Sovietica, ed erano quindi in cerca di vendetta. Insomma, non un esercito inquadrato e ben organizzato, che esegue ordini precisi impartiti da una catena di comando e da una politica governativa di uno Stato. Come erano invece quegli altri.
3) Come ho già accennato nella mia recensione di Velvet Assassin, non ci sto a demonizzare ogni singolo individuo, come un tutt'uno indistinto, dell'esercito fascista di cui sopra. Sicuramente ci furono soldati convinti e ben felici di consegnare gli ebrei ai treni, ufficiali sospettosamente zelanti nell'ordinare rappresaglie su civili innocenti, e qualche mostro che magari ci pisciava pure sopra al cadavere della contadina appena stuprata, ridendo mentre lo fa. Allo stesso modo, però, ci furono anche molti proletari reclutati a forza e mandati a morire in una guerra di cui poco capivano, lasciando a casa
dei genitori malati, una fidanzata incinta, e un cagnolino che ogni giorno
aspettava inutilmente il loro ritorno guaendo davanti alla porta; non perché credessero negli stessi ideali del fascismo, magari anzi lo avversavano, oppure perché credevano in un solo ideale, quello della patria, in un momento storico in cui il senno di poi non permetteva a tutti di vedere con la stessa limpida chiarezza di oggi quale fosse la parte giusta.
Detto questo. I morti sono tutti uguali? I morti di Salò meritano lo stesso rispetto dei morti partigiani o civili?
Dal punto di vista umano, sta alla sensibilità di ognuno. Un morto è un morto, soprattutto laddove non si possa distinguere con chiarezza se questo morto fosse un criminale in delirio d'onnipotenza o un eroe, un convinto assassino antisemita o un diciottenne spaventato che eseguiva gli ordini di un tizio dal forte accento romagnolo che gesticolava in modo buffo. Ma dal punto di vista etico, politico e storico, no: non si può equiparare chi è morto per una causa sbagliata e chi è morto per una causa giusta; chi ha commesso atrocità di propria iniziativa in quanto parte di una banda di combattenti autonomi, e chi le ha commesse in quanto membro dell'esercito regolare di una nazione che giustificava e anzi razionalizzava tali atrocità e le eseguiva con fredda efficienza; chi ha combattuto, consciamente o meno, dal lato giusto della Storia e chi dal lato sbagliato.
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