Gone Home è una storia interattiva in prima persona del 2013 sviluppata da Fullbright Company, e (potremmo dire) fra gli apripista della nuova ondata di walking simulator artistici di questi ultimi anni. Ha attirato tante lodi sperticate per i suoi temi e per il suo modo realistico, quasi minimalista, di far interagire il giocatore con la trama, quante feroci critiche per la superficialità o la poca sincerità di quei temi e per l'assenza di un gameplay meccanicamente ricco (al punto che qualcuno si spinge a definirlo un non-gioco). Quanto c'è di vero in queste due opposte fazioni?
Il giocatore veste i panni di Kaitlin Greenbriar, circa ventenne, che nel 1995 torna negli Stati Uniti dopo aver passato un anno in Europa; raggiunta la casa dove la sua famiglia si è appena trasferita, una splendida magione nell'Oregon, trova l’edificio completamente vuoto, e un messaggio della sorella Samantha che la invita a non cercarla. Katie quindi inizia ad esplorare la casa, cercando di capire cosa sia successo alla sua famiglia in quell'anno in cui è stata via. La trama si dipana delineando le vite dei vari membri della famiglia (il padre, la madre, il vecchio zio morto, e la sorella minore Samantha), stuzzicando l'interesse del giocatore con alcuni misteri e, così facendo, trascinandolo a scoprire l'arco di trama che emerge come filo principale, ovvero la storia d'amore e di risveglio adolescenziale di Sam.
Sa costruire una discreta tensione narrativa, e devo dire che mi sono trovato sinceramente emozionato in alcuni punti, coinvolto nel tifare per la felicità di Sam e nel chiedermi cosa diavolo passasse per la testa di L.; immagino che molte persone saranno in grado di identificarsi facilmente con i conflitti e le difficoltà della ragazza, che toccano quel giusto mezzo fra l'essere specifici alla sua situazione e l'essere universali. Ma, purtroppo, si tratta di una storia d'amore abbastanza banale e prevedibile: se escludiamo quel singolo elemento che ha fatto risaltare questo gioco alla critica, è una storia trita e ritrita, con nulla che non si sia già visto centinaia di volte. Fino alla fine sono andato avanti aspettando il colpo di scena tragico che giustificasse l'atmosfera cupa e opprimente della casa, lo sviluppo inaspettato che mi sorprendesse, ma non c'è stato.
Detto questo. Fatta esclusione per le lettere di Sam (narrate fuori campo e, mi sento di dire, doppiate e scritte veramente bene), la trama prosegue esclusivamente per narrativa ambientale: esplorando la magione si troveranno post-it, lettere, fogli, ecc. che ci faranno capire di più sui personaggi della famiglia, sulle loro vite e i loro conflitti. Al punto che ci si chiede se in questa famiglia si parlino ogni tanto, va beh che la casa è grande ma dirsi certe cose tramite post-it sul frigo lasciati poi lì per mesi è abbastanza triste.
La presentazione del gioco trae un po' in inganno, nel senso che sembra voler apparire un po' come potenziale horror e un po' come potenziale adventure game, ma non è nessuna delle due cose. Nel primo caso, passi: l'atmosfera della casa vuota in mezzo alla tempesta è inquietante, resa magnificamente nel design, nella grafica, nei suoni, ma non c'era motivo di farne un horror, e in fondo, non è assolutamente naturale e umano che, arrivando a casa dopo tanto tempo e non trovando i propri famigliari, si provi paura ed inquietudine a chiedersi cosa possa essere successo? Il secondo caso è più un problema, perché un giocatore potrebbe aspettarsi di dover ricostruire da sé gli eventi mettendo assieme i vari "indizi" che si trovano in giro per la casa, risolvendo enigmi eccetera; in realtà il tutto viene raccontato in maniera estremamente lineare. Il fatto che alcune parti della casa siano inizialmente chiuse e vengano aperte trovando chiavi o passaggi segreti fa sì che, guarda che coincidenza, tutto si scopra esattamente in ordine cronologico, il che a mio avviso spreca un po' le potenzialità che il gioco aveva.
Questo non toglie che si tratti dell'aspetto più particolare ed efficace del titolo, che lo rende assolutamente degno di essere giocato. Scoprire vari dettagli sul carattere e i gusti dei personaggi tramite un ambiente straordinariamente ben curato dà una sorprendente profondità al mondo e alla famiglia: sembra una minuzia, ma due cassette di X-Files, un vinile di Ella Fitzgerald, un libro su come capire gli adolescenti, una musicassetta di quel punk-grundge inascoltabile degli anni '90 in cui essere effettivamente capaci di suonare e cantare erano considerati difetti, un disegno con gocce di lacrime, un vecchio tema scolastico, due copie della Bibbia, sono tutte cose che danno tridimensionalità e carattere ai personaggi molto più di un quarto d'ora di dialoghi a scelta multipla.
In quei covi di feccia e malvagità che sono le sezioni commenti dell'internet, si trovano tendenzialmente due reazioni a questo gioco: o è un assoluto capolavoro di innovativo design narrativo che esplora con naturalezza le profondità dei sentimenti umani o è una montagna di merda che mente facendosi passare per un horror e che viene apprezzato solo per propaganda femminista e LGBT; secondo me, entrambi si sbagliano. Posso capire cosa porti alcune persone a pensare che dietro questo gioco ci sia un'agenda femminista o SJW: la fanzine "Kick the patriarchy", il presentare il padre come un fallito in crisi di mezz'età, alcuni aspetti di anti-religiosità, alcuni interventi nel developer's commentary, la musica del movimento Riot Grrrl... che è inascoltabile, l’ho già detto che è inascoltabile?, no perché è inascoltabile, imparare a cantare una frase di cinque note senza stonarne tre e a regolare bene la manopolina del drive su un amplificatore non è un costrutto del capitalismo patriarcale, per Dio, ché negli anni delle Bratmobile Nico di Palo cantava ancora Chi mi può capire e Ella Fitzgerald era ancora viva. Tuttavia, trovo che sia eccessivo e limitante ridurre la trama a questo: semplicemente, è la storia di alcuni esseri umani, imperfetti e contraddittori, figli del proprio specifico contesto storico-sociale. E a prescindere da quale sia il proprio schieramento politico, un adulto intellettualmente ed emotivamente maturo dovrebbe essere in grado di vivere questa storia come tale, senza né odiarla perché "c'è le lesbiche quindi buuuh buonismo attacco alle radici cristiane dell'Occidente", né caricarla di un'importanza politica rivoluzionaria manco fosse la seconda venuta di Lenin.
Gone Home è "solo" un walking simulator che racconta una storia prevedibile e mediocre, ma in modo coinvolgente e magistrale e, se vogliamo, sperimentalmente interessante. È apprezzabile che tocchi in modo così delicato il tema dell'amore omosessuale, ma lo sarebbe ancora di più se quest'aspetto fosse stato approfondito un pochino di più, e se la storia d'amore nel suo complesso non fosse qualcosa di così semplice e stereotipato che persino fra le fanfiction yuri di Digimon si possono trovare storie più o meno della stessa qualità. È lodevolissima la narrativa ambientale, ma sarebbe stata ancora più apprezzabile se avesse dato più spazio alle sottotrame degli altri personaggi e se avesse cercato di includere uno o due colpi di scena, perché arrivare alla fine di due ore di viaggio e rendersi conto che era tutto andato esattamente come ci si era immaginati dopo il primo quarto d'ora è abbastanza triste. Nel complesso, non è un gioco perfetto, ma è un bell'esperimento narrativo che porta a casa una storia che sa emozionare pur nella sua banalità.
Sa costruire una discreta tensione narrativa, e devo dire che mi sono trovato sinceramente emozionato in alcuni punti, coinvolto nel tifare per la felicità di Sam e nel chiedermi cosa diavolo passasse per la testa di L.; immagino che molte persone saranno in grado di identificarsi facilmente con i conflitti e le difficoltà della ragazza, che toccano quel giusto mezzo fra l'essere specifici alla sua situazione e l'essere universali. Ma, purtroppo, si tratta di una storia d'amore abbastanza banale e prevedibile: se escludiamo quel singolo elemento che ha fatto risaltare questo gioco alla critica, è una storia trita e ritrita, con nulla che non si sia già visto centinaia di volte. Fino alla fine sono andato avanti aspettando il colpo di scena tragico che giustificasse l'atmosfera cupa e opprimente della casa, lo sviluppo inaspettato che mi sorprendesse, ma non c'è stato.
Dal sito ufficiale gonehome.game. |
Detto questo. Fatta esclusione per le lettere di Sam (narrate fuori campo e, mi sento di dire, doppiate e scritte veramente bene), la trama prosegue esclusivamente per narrativa ambientale: esplorando la magione si troveranno post-it, lettere, fogli, ecc. che ci faranno capire di più sui personaggi della famiglia, sulle loro vite e i loro conflitti. Al punto che ci si chiede se in questa famiglia si parlino ogni tanto, va beh che la casa è grande ma dirsi certe cose tramite post-it sul frigo lasciati poi lì per mesi è abbastanza triste.
La presentazione del gioco trae un po' in inganno, nel senso che sembra voler apparire un po' come potenziale horror e un po' come potenziale adventure game, ma non è nessuna delle due cose. Nel primo caso, passi: l'atmosfera della casa vuota in mezzo alla tempesta è inquietante, resa magnificamente nel design, nella grafica, nei suoni, ma non c'era motivo di farne un horror, e in fondo, non è assolutamente naturale e umano che, arrivando a casa dopo tanto tempo e non trovando i propri famigliari, si provi paura ed inquietudine a chiedersi cosa possa essere successo? Il secondo caso è più un problema, perché un giocatore potrebbe aspettarsi di dover ricostruire da sé gli eventi mettendo assieme i vari "indizi" che si trovano in giro per la casa, risolvendo enigmi eccetera; in realtà il tutto viene raccontato in maniera estremamente lineare. Il fatto che alcune parti della casa siano inizialmente chiuse e vengano aperte trovando chiavi o passaggi segreti fa sì che, guarda che coincidenza, tutto si scopra esattamente in ordine cronologico, il che a mio avviso spreca un po' le potenzialità che il gioco aveva.
Questo non toglie che si tratti dell'aspetto più particolare ed efficace del titolo, che lo rende assolutamente degno di essere giocato. Scoprire vari dettagli sul carattere e i gusti dei personaggi tramite un ambiente straordinariamente ben curato dà una sorprendente profondità al mondo e alla famiglia: sembra una minuzia, ma due cassette di X-Files, un vinile di Ella Fitzgerald, un libro su come capire gli adolescenti, una musicassetta di quel punk-grundge inascoltabile degli anni '90 in cui essere effettivamente capaci di suonare e cantare erano considerati difetti, un disegno con gocce di lacrime, un vecchio tema scolastico, due copie della Bibbia, sono tutte cose che danno tridimensionalità e carattere ai personaggi molto più di un quarto d'ora di dialoghi a scelta multipla.
Dal sito ufficiale gonehome.game |
In quei covi di feccia e malvagità che sono le sezioni commenti dell'internet, si trovano tendenzialmente due reazioni a questo gioco: o è un assoluto capolavoro di innovativo design narrativo che esplora con naturalezza le profondità dei sentimenti umani o è una montagna di merda che mente facendosi passare per un horror e che viene apprezzato solo per propaganda femminista e LGBT; secondo me, entrambi si sbagliano. Posso capire cosa porti alcune persone a pensare che dietro questo gioco ci sia un'agenda femminista o SJW: la fanzine "Kick the patriarchy", il presentare il padre come un fallito in crisi di mezz'età, alcuni aspetti di anti-religiosità, alcuni interventi nel developer's commentary, la musica del movimento Riot Grrrl... che è inascoltabile, l’ho già detto che è inascoltabile?, no perché è inascoltabile, imparare a cantare una frase di cinque note senza stonarne tre e a regolare bene la manopolina del drive su un amplificatore non è un costrutto del capitalismo patriarcale, per Dio, ché negli anni delle Bratmobile Nico di Palo cantava ancora Chi mi può capire e Ella Fitzgerald era ancora viva. Tuttavia, trovo che sia eccessivo e limitante ridurre la trama a questo: semplicemente, è la storia di alcuni esseri umani, imperfetti e contraddittori, figli del proprio specifico contesto storico-sociale. E a prescindere da quale sia il proprio schieramento politico, un adulto intellettualmente ed emotivamente maturo dovrebbe essere in grado di vivere questa storia come tale, senza né odiarla perché "c'è le lesbiche quindi buuuh buonismo attacco alle radici cristiane dell'Occidente", né caricarla di un'importanza politica rivoluzionaria manco fosse la seconda venuta di Lenin.
Gone Home è "solo" un walking simulator che racconta una storia prevedibile e mediocre, ma in modo coinvolgente e magistrale e, se vogliamo, sperimentalmente interessante. È apprezzabile che tocchi in modo così delicato il tema dell'amore omosessuale, ma lo sarebbe ancora di più se quest'aspetto fosse stato approfondito un pochino di più, e se la storia d'amore nel suo complesso non fosse qualcosa di così semplice e stereotipato che persino fra le fanfiction yuri di Digimon si possono trovare storie più o meno della stessa qualità. È lodevolissima la narrativa ambientale, ma sarebbe stata ancora più apprezzabile se avesse dato più spazio alle sottotrame degli altri personaggi e se avesse cercato di includere uno o due colpi di scena, perché arrivare alla fine di due ore di viaggio e rendersi conto che era tutto andato esattamente come ci si era immaginati dopo il primo quarto d'ora è abbastanza triste. Nel complesso, non è un gioco perfetto, ma è un bell'esperimento narrativo che porta a casa una storia che sa emozionare pur nella sua banalità.
Qualche commento ulteriore sotto spoiler: