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1 giu 2016

[Recensione] The Legend of Mother Sarah

( 沙流羅 )
 
Genere: avventura, post-apocalittico, azione, drammatico 

Serie manga "di culto" nata dalla sceneggiatura di Katsuhiro Otomo (già autore di Akira) e dal disegno di Takumi Nagayasu. Su una Terra devastata dalle guerre, dall'inquinamento e dall'esaurimento delle materie prime, orbitano alcune colonie spaziali che costituiscono gli ultimi bastioni di civiltà. Anche in queste colonie, però, si sono formate fazioni politiche violente, che sono presto arrivate a muoversi una guerra di attacchi terroristici incrociati; uno di questi attacchi coinvolge Sarah e i suoi quattro figli, separandoli e catapultando quest'ultima verso un pianeta Terra molto diverso e molto più brutale di quello che l'umanità aveva lasciato. Molti anni dopo, Sarah è ancora in viaggio su questo pianeta desolato, alla ricerca disperata dei suoi figli.

Nei primi volumi, che
si sviluppano come singole storie ininterrotte e autoconclusive che inizialmente lasciano una nebbia fittissima su cosa sia successo nei dieci anni dopo quell'attacco terroristico nel quale Sarah s'è trovata coinvolta, praticamente il manga è Hokuto no Ken con protagonista una madre. E non solo per l'ambientazione e i disegni (molto vicini a Tetsuo Hara), ma anche per la violenza in cui è precipitata l'umanità, e perché 'sta donna spacca culi a destra e a manca senza manco scomporsi. Già nel secondo volume, in cui Sarah e Tzè Tzè arrivano in una gelida città controllata da bambini soldato (in particolare uno che assomiglia pericolosamente a Malcom McDowell da giovane), la nebbia inizia a dipanarsi con alcuni importantissimi e pesantissimi flashback (emotivamente devastanti, ma letterariamente stupendi). E mentre la storia prosegue lungo sia il filo personale della storia di Sarah che il filo "globale" della guerra fra le due fazioni, abbiamo un costante susseguirsi di botte, violenza, lavori forzati, schiavitù, stupri, tentativi di stupro, morte, prostituzione, aborti, bombardamenti, orfanelli che muoiono schiacciati da pesanti macerie, tanti di quei personaggi secondari morti che a confronto Leiji Matsumoto è Fabio Volo, tanti di quegli heasdshot che manco in una partita su Hightower con cinque cecchini per squadra, e qualche tetta.

È Malcom McDowell, dai...
Sì, è un manga che sa essere parecchio violento, parecchio crudo, e parecchio tragico (a livelli da Galaxy Express 999, appunto). Un personaggio nel settimo volume a un certo punto pronuncia questa frase: «Abbiamo assistito a una tragedia dietro l'altra». Con queste parole si riassume perfettamente l'intera opera: un fumetto a metà fra Hokuto no Ken e Galaxy Express 999 che parte con l'ottima premessa di una madre fortissima e determinata che viaggia per un mondo devastato da povertà e guerre alla ricerca dei suoi figli, e continua con un susseguirsi incessante di tragedie e di spargimenti di sangue. Non c'è niente di particolarmente originale, se non nell'ambientazione e nella protagonista, ma si lascia leggere volentieri grazie a una narrazione appassionante, che conduce a suon di tragedie e massacri a una conclusione in fin dei conti positiva, con il picco del sacrosanto antimilitarismo che domina l'intero manga.


Scena tipica del manga
But here I drop the bomb: non mi ha fatto impazzire. I primi tre-quattro volumi erano ottimi, incentrati sulle piccole storie di persone comuni immerse in un mondo di insensato militarismo e inutile violenza; mostrava gli aspetti più orribili della natura umana, e aveva una protagonista mossa da un'indomabile spirito materno che niente e nessuno poteva distogliere dal suo scopo e dai suoi ideali. Successivamente però degenera in una spirale di stragi sempre più gratuite, di cattivi di una malvagità quasi comica, e di protagonisti che passano talmente tanto in secondo piano che a un certo punto mi chiedo cosa ci faccia ancora Sarah sulla copertina. Il problema più grande, a mio avviso, è proprio questo: se all'inizio Sarah è una forza inarrestabile nel muovere la storia e nel risolvere situazioni orribili con eroica abnegazione, spaccando culi come manco Uma Thurman in Kill Bill, negli ultimi volumi viene ridotta a spettatrice passiva e impotente di eventi più grandi di lei, e il suo peso nella trama quasi svanisce. Allo stesso modo, le scene crude, violente, tragiche, all'inizio avevano un senso e un effetto viscerale, perché inaspettate o, ancora meglio, perché percepite come in qualche modo tragicamente inevitabili nel contesto brutale in cui si svolgono. Dal quarto volume in avanti, sembrano fini a sé stesse, come se Otomo avesse perso il proprio messaggio per strada, e diventano routine: all'ennesima volta che qualcuno apre il fuoco su un gruppo di civili o di prigionieri, o che un personaggio introdotto in quel volume muore, non si reagisce più sgranando gli occhi, si reagisce dicendo «Beh, ovviamente». Da questo punto di vista è esattamente come Galaxy Express o molti dei lavori di Leiji Matsumoto, nel senso che la tragedia te la aspetti, ma The Legend of Mother Sarah non ha la poesia idelistica ed eroica di Matsumoto, né ha il senso di speranza e di celebrazione delle emozioni umane di un Hokuto no Ken, ha solo una continua rappresentazione degli eserciti (dal soldatino al generalone pluridecorato) come una massa di sottosviluppati patologicamente assetati di sangue e di figa. Cosa che persino un antimilitarista come me trova un po' eccessiva, soprattutto perché sembra fine a sé stessa.

Intendiamoci, non è assolutamente brutto, è disegnato molto bene e ha delle scene emozionanti, è solo peggio di come me l'aspettavo. Mi sento comunque di consigliarlo come manga d'azione e di fantascienza per un pubblico maturo, per i primi tre volumi che sono esenti dai difetti che ho detto, e per il finale che contiene comunque una bella idea.

2 commenti:

  1. Da come lo descrivi sembra che questo manga abbia fatto la stessa fine che, da quel che ho capito perché non ci sono arrivato, ha fatto Berserk con gli ultimi volumi. Ha perso il suo focus nel tentativo di espandere la storia in qualcosa di scala più larga con una posta più in alta in gioco.

    Mi piace molto l'idea di questo manga, le figure femminili badass non fanno mai male dato che ce n'è sempre bisogno in questo media, e mi attirerebbe molto leggerlo... però se poi la qualità cade non vorrei sentirmi deluso, perché è una sensazione orribile e ci son passato troppe volte con altre serie.

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    1. Eh, sì, abbastanza. Nel tentativo di farne una storia più globale che risolvesse il conflitto armato che è causa di tutti i problemi nel manga, lascia TROPPO da parte il fatto che noi siamo entrati in questa serie per seguire la storia di Sarah e dei suoi figli, non una storia di fazioni politico-militari. Intendiamoci, non è che la seconda parte del manga sia BRUTTA, ci sono comunque molte scene e molti eventi fatti bene, è solo che sembra diventare completamente un altro manga.

      Yep, personaggio femminile badass e ben scritto. Troppo spesso l'idea media di "personaggio femminile badass" viene ridotta a quello che diceva Lauren Faust, cioè "fai un personaggio, e poi fallo femmina", e questo spesso porta a personaggi sì badass ma troppo... come dire, "neutrali" per risultare davvero a tutto tondo. Sarah invece è il tipo di personaggio sì badass, ma anche con una psicologia ben delineata che risulta davvero femminile, ovvero che si trova ad affrontare problemi, dubbi, decisioni, conflitti ecc. che la fanno risultare realisticamente e identificabilmente femminile. Cioè, non è semplicemente badass nel senso di "Kenshiro con le tette", è badass nel senso "consolo maternamente un ragazzo in lacrime e poi vado incontro al generalone che mi punta una pistola addosso senza esitare", nel senso "resisto a un tentativo di stupro strappando a morsi la lingua dell'assalitore e poi lo guardo con aria di sufficienza e fastidio mentre muore soffocato nel suo stesso sangue".

      Trovo ironico che proprio Lauren Faust abbia tirato fuori una massima così superficiale, proprio lei che in MLP:FiM ha evitato talmente di lungo quella trappola che sono sinceramente convinto che quella serie sia un modello esemplare di come creare personaggi sia forti che rappresentativi di molti tipi diversi di femminilità, ma va beh.

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