In
qualunque campo in cui gli esseri umani si trovano a discutere, ma soprattutto
in quelli che hanno una qualche rilevanza globale
(politica, morale, etica, arte), uno dei problemi più grandi da affrontare
riguarda il relativismo: quanta parte della mia opinione è
oggettiva, insindacabile, dimostrabile, e quanta parte è invece opinabile,
frutto delle mie sensibilità, delle mie esperienze, dei miei gusti, del mio
modo di vedere il mondo? Il che si traduce in: fino a che punto una certa
opinione è libero pensiero da proteggere e rispettare, e fino a che punto è
invece un’opinione sbagliata, da sradicare per garantire il miglior
progresso possibile?
Perché
se escludiamo quelli più psicopaticamente estremisti e volti all’odio, tutti
i gruppi politici, religiosi ecc. hanno di fondo lo stesso scopo: migliorare la
condizione umana. Le differenze fra le ideologie nascono su cosa si intende per libertà, cosa si
intende per eguaglianza, cosa si intende per felicità e cosa un intralcio ad essa, quanta importanza si dà al singolo individuo e
quanta alla collettività, quale e quanto grande sia la collettività a
cui ci si riferisce, cosa si considera un problema e cosa no, quando sia meglio
concentrarsi sul lungo termine invece che sul breve termine e vice versa ecc. Persino l’estremista religioso che vuole vietare l’aborto e
l’omosessualità, per quanto possa risultare odioso alla maggior parte delle
persone, nella sua testa agisce a fin di bene: “curando” una persona dalla sua
omosessualità, pensa di salvarla da un’eternità di tormento e sofferenza
lontano dalla grazia di Dio che invece garantisce felicità imperitura. Scusate
se è poco.
L’esempio
che faccio sempre, fin da quando studiavo i sofisti al liceo, è questo: poniamo che in una certa stanza ci siano 21° C;
qualcuno potrebbe considerarlo caldo, qualcun altro potrebbe considerarlo
freddo, qualcun altro potrebbe parlare di 70°
Fahrenheit; queste sono tutte opinioni, punti di vista, basati su uno stesso
fatto oggettivo, e sono, come tali, da rispettare. Ma se arriva una
quarta persona che dice che in realtà ci sono 30° C, questa persona SI SBAGLIA,
punto. La sua non è un'opinione valida, è un errore. Forse sta mentendo volutamente, forse ha il termometro rotto, forse ha
letto male il display, forse ha sbagliato il calcolo, però si sbaglia; e se insiste a dire che ci sono 30° C nonostante gli
venga dimostrato il contrario, allora o è un disonesto
oppure è un imbecille. La maggior parte delle situazioni, però, non è
così semplice. Facciamo qualche esempio:
Il compito della discussione è risalire, dalla dialettica fra quadrato e cerchio, al cilindro, e capire che quello che diceva di vedere un triangolo si sbagliava. |
Esempio 1: «La trilogia prequel di Star Wars fa cagare»
Questa è, ovviamente, un’opinione personale frutto di gusti, priorità, sensibilità. C’è chi non vede i difetti, c’è chi li vede ma li ignora, c’è chi li vede ma pensa che i pregi siano sufficienti a coprirli, c’è chi non li vede, c’è chi aveva aspettative più alte o più moderate. L’unica opinione oggettivamente sbagliata è quella di chi considera il proprio odio o amore per i film qualcosa di inoppugnabile.
Esempio 2: «I dialoghi d’amore della trilogia prequel di Star Wars sono scritti male»
Qui, pur essendo esattamente nello stesso ambito, si va su un aspetto più tecnico, che grazie a una vasta letteratura a cui fare riferimento, alle comuni esperienze umane ecc. può essere almeno in parte quantificato oggettivamente: sì, sono, oggettivamente, scritti male. Se sia un difetto tale da rovinare completamente il film, se sia “compensato” da altri aspetti della scena quali recitazione, colonna sonora, mythos ecc., quello è opinione e interpretazione. Anche nel giudizio artistico, quindi, c'è un mix di soggettività e oggettività. Come dire: «i Blind Guardian fanno schifo» vs. «i Blind Guardian sono banali e suonano male». La prima è un'opinione rispettabile, la seconda è un'idiozia dimostrabilmente falsa che non può e non deve essere rispettata.
Esempio 3: «Sulla pasta col tonno non ci va il parmigiano, il pesto con gli anacardi è un crimine»
Per quanto io scherzi sempre facendo il purista culinario, qui si parla di cibo. Di gusto. Il gusto è talmente una questione di gusti che i gusti giustappunto si chiamano gusti. Se date a me della focaccia alta, molle e senza olio potrei rompervi il piatto in testa, ma in discussioni serie non sosterrò mai che sia oggettivamente peggiore, e porco giuda io nella pasta col tonno ci metto sempre un pochino di parmigiano e viene una delizia. Basta non chiamarli “pasta al tonno tradizionale” e “pesto alla genovese”, e fate un po’ come volete.
Esempio 4: «La squadra sportiva X è migliore della squadra sportiva Y»
Qui già si entra in un campo più grigio. Certo, si può citare il fatto che la squadra X abbia vinto tre coppe in un anno e la squadra Y nessuna, che X abbia battuto Y l’altro giorno, e già c’è una base abbastanza solida per considerare questa affermazione vera. Però sono molti i fattori che non vengono tenuti in considerazione. Magari X è forte in attacco mentre Y è forte in difesa e mannaggia proprio quel giorno il miglior difensore di Y è rimasto a casa con la diarrea. Magari Y è piena di giocatori finlandesi e ha sempre giocato con un caldo infernale e un’umidità che non ti dico. Magari ci sono stati più errori arbitrali che hanno favorito X che errori arbitrali che hanno favorito Y. Magari X ha commesso il doppio dei falli. Magari i tornei in cui hanno gareggiato avevano regole tali da favorire implicitamente lo stile di X rispetto a quello di Y, e l’anno prossimo le regole cambieranno.
Insomma, c’è un dato oggettivo, ma ci sono anche variabili non incluse in quel dato, tali da lasciare un certo spazio di interpretazione e soggettività e da non permettere un giudizio indiscutibile e totale[1].
Esempio 5: «Gli immigrati portano invasione culturale e gli danno pure 35€ al giorno»
Ora entriamo nelle cose serie, ma siamo ancora nel facile. No, gli immigrati non prendono 35€ al giorno (sono le cooperative che li gestiscono che prendono un massimo di 35€ a ospite, coi quali pagano pulizie, stipendi dei dipendenti, cibo ecc.). No, l’ibridazione razziale e culturale è il modo in cui la storia dell’umanità è andata avanti fin dall’alba dei tempi, come può confermare uno studio anche superficiale di linguistica diacronica (o anche solo una sfogliata a un libro di storia delle medie).
Sono affermazioni false, e possiamo dimostrarlo. Chi le sostiene o mente, o distorce, o è stato ingannato, oppure si sbaglia. Nel nome di una discussione più sana, più produttiva, che davvero porti alla risoluzione dei problemi, bisogna impedire la propagazione di queste falsità, e spiegare a chi le pensa come e perché si sbaglia, in modo che corregga la propria opinione[2].
Esempio 6: «Una donna su tre verrà violentata nel corso della sua vita, e le donne guadagnano meno degli uomini per lo stesso lavoro»
Qui si è in un campo più delicato e sfumato, ma è ancora abbastanza facile. No, una donna su tre non verrà violentata nel corso della sua vita: lo studio ISTAT cui si fa riferimento con quel dato mette assieme ogni tipo di violenza (fisica e psicologica, grave o lieve, reale o percepita) lungo un periodo storico lunghissimo, affidandosi esclusivamente ai ricordi delle intervistate, e con questionari che mettono sullo stesso piano lo stupro, le minacce, il ceffone durante una rissa e il “sorellina, quel taglio di capelli ti sta una merda” (non sto scherzando, andate a leggere il questionario, pagina 14!). No, le donne non guadagnano meno per lo stesso lavoro, il dato si basa su una media che non tiene conto non solo di differenze in termini di ore lavorate o di istruzione, ma nemmeno di tipo di lavoro (ovvero, mette nello stesso calderone bidelle e amministratori d'azienda, segretarie e lavoratori fognari, piloti d’aereo e autisti dello scuolabus di Rocchetta di Cengio; e, statisticamente, le donne tendono a preferire campi in cui le paghe sono più basse; prendiamocela col libero mercato, il mio nemico giurato).
Sono affermazioni non interamente false, ma ferocemente distorte, e possiamo dimostrarlo. Chi le sostiene o mente, o è stato ingannato, oppure si sbaglia. Nel nome di una discussione più sana, più produttiva, che davvero porti alla risoluzione dei problemi, bisogna impedire la propagazione di queste falsità, e spiegare a chi le pensa come e perché si sbaglia, in modo che corregga la propria opinione[2].
Esempio 7: «I cambiamenti climatici non sono causati dall’uomo, il global warming è una menzogna»
Per quanto sia vero che nessun modello scientifico è un dogma inappellabile, e che ci sono numerosi scienziati di questa opinione, una maggioranza assolutamente schiacciante degli specialisti del settore è convinta, prove alla mano, di un decisivo fattore antropico nel riscaldamento globale. C’è spazio per metterla in discussione, ma per farlo servono prove e argomenti ben più solidi di “oggi fa freddo” o “il mio appartamento è chiuso, la mia lacca non può bucare l’Ozono”[3].
Quelle dell’esempio sono quindi affermazioni con poche argomentazioni a favore e molte contro, per cui per quanto non siano inappellabilmente false per se, sostenere che siano certamente vere senza prove è inappellabilmente una falsità. Nel nome di una discussione più sana, più produttiva, che davvero porti alla risoluzione dei problemi, bisogna impedire la propagazione di queste falsità, e spiegare a chi le pensa come e perché si sbaglia, in modo che corregga la propria opinione[2].
Esempio 8: «È giusto applicare la pena di morte ai criminali peggiori»
Qui si entra davvero nel difficile, perché si entra in un campo in cui si mischiano fattori pratici e fattori etici, dati misurabili e dati impalpabili. Dove mettiamo l’asticella per decidere quali siano i criminali peggiori? Quale consideriamo essere lo scopo principale del sistema giudiziario: riabilitazione, rimozione di un pericolo, o compensazione della vittima? Chi decide quando un certo criminale è irrecuperabile, e in base a quali principi? E anche in quel caso, lo Stato ha il diritto di togliere la vita? Io, per esempio, sono dell’idea che la pena di morte debba essere un’extrema ratio a cui ricorrere solo in casi eccezionali in cui la riabilitazione sia impossibile, la compensazione adeguata irraggiungibile, e la stessa esistenza di questi criminali costituisca un pericolo per la società[4]; ma è solo la mia opinione, basata sia su ragionamenti logici che su mie sensibilità personali, e quindi la discussione (a patto che sia informata e rispettosa) è fondamentale per confrontare le argomentazioni, promuovere studi adeguati, limare i reciproci estremismi, e trovare la miglior direzione possibile.
Esempio 9: «L’aborto è un diritto inalienabile che riguarda solo il corpo della donna»
Non solo siamo in un campo in cui si mischiano fattori pratici e etici, oggettivi e soggettivi, ma in cui si scontrano diritti difficili da conciliare. La scienza può dirci a quale punto della gravidanza un embrione diventa feto e può ipotizzare quando sviluppi una qualche autocoscienza, ma non ci può dire se e quando l’embrione debba essere considerato “vita umana”, e se valga più o meno della vita e della libertà della madre. Uccidere quella che potrebbe essere una vita umana è sempre giustificabile? Fino a che punto lo Stato può obbligare una persona a compiere un gesto che per un motivo o per l’altro ritiene moralmente ripugnante? Quanto è importante la disponibilità a praticare l’aborto (che secondo dati ISTAT interessa lo 0,76% delle donne; ancora meno considerando la percentuale di aborti ripetuti e sottraendo gli aborti terapeutici, che non sono coperti dall'obiezione di coscienza) per una categoria medica che si occupa prevalentemente di altri aspetti della salute di tutte le donne? Le considerazioni pratiche e etiche sono molte e di difficile districamento. Io ritengo che l’attuale legge italiana[5] sia vicina ad un equilibrio fra i tre diritti in contrasto[6], ma è solo la mia opinione, basata sia su ragionamenti logici che su mie sensibilità personali, e quindi la discussione (a patto che sia informata e rispettosa) è fondamentale per confrontare le argomentazioni, promuovere studi adeguati, limare i reciproci estremismi, e trovare la miglior direzione possibile in cui spingere lo Stato.
Per farmi perdonare questo assurdo wall of text, ecco un meme buffo. |
Queste riflessioni sono scaturite dalle recenti discussioni sull’aborto e sulle “fake news”, in cui ho visto fazioni opposte scannarsi con fervore universale su concetti che universali potrebbero non essere. Ci sono, indubbiamente, posizioni politiche e persino etiche che sono oggettivamente vere e corrette, e altre che sono oggettivamente false e sbagliate, e che non possono essere tollerate nemmeno nei termini della libertà di pensiero. «L’Olocausto non è mai avvenuto», «non può esistere razzismo contro i bianchi e sessismo contro gli uomini» e «i gay sono deviati mentali che devono essere puniti» non sono opinioni legittime, sono bestialità rivoltanti che non possono e non devono essere tollerate, né a livello umano, né a livello statale, né a livello internazionale. Ci sono però anche posizioni politiche ed etiche che si basano su sensibilità personali o su una diversa scelta delle priorità; così come ci sono posizioni che partono da dati di fatto condivisi e accettati, ma li analizzano e interpretano secondo sfumature diverse o persino opposte, in maniere altrettanto lecite o quasi.
Credo che proprio questa sia la sfida più grande che aspetta le persone
intellettualmente oneste: capire, prima di lanciarsi in qualunque discussione,
a quale di queste tre categorie appartenga la propria opinione; e
immediatamente dopo, se ci siano e quali siano le basi fattualmente
dimostrabili di questa opinione. So che io mi scontro spesso con questa sfida,
e per questo su alcuni argomenti fatico a trovare un’opinione davvero stabile e
definitiva, e preferisco passare il mio tempo a rompere il belino agli opposti
estremismi, per cercare disperatamente di riportare la discussione su toni
equilibrati e razionali.
[1]
Ammesso e non concesso che sia possibile raggiungere un accordo unanime e
onnicomprensivo su cosa significhi essere una squadra oggettivamente migliore!
[2]
Il che non significa costringerli a un cambiamento a 180°: significa,
semplicemente, assicurarsi che qualunque opinione abbiano sia basata su fatti
veri.
[3]
Entrambi argomenti effettivamente utilizzati, da persone anche molto
importanti. Incidentalmente, “oggi fa freddo, alla faccia del riscaldamento
globale” è lo zero argomentativo assoluto, ed è un eccellente indicatore che si
sta parlando con un coglione ignorante. Qualcuno di questo tipo, per
intenderci.
[4]
Quali
boss mafiosi, banchieri che riciclano consciamente i soldi dei mafiosi e dei trafficanti
di droga, serial killer irrimediabilmente psicopatici, stupratori seriali e
reticenti, politici a capo di vasti sistemi di corruzione, gerarchi
politico-militari che hanno commesso crimini di guerra e contro l’umanità. Sono
convinto che l’ergastolo sia un sistema inutilmente crudele e dispendioso se
applicato a persone come, ad esempio, Totò Riina, che persino dal carcere
continua a comandare un sistema mafioso che fa capo a lui. Inoltre, sono
convinto che a seconda del contesto una singola tangente (per una edificazione
non a norma, per esempio) o un singolo imprenditore troppo “lasso” sulle norme
di sicurezza possano provocare più morte e sofferenza di dieci serial killer
abili e motivati messi assieme. Infine, sono convinto che i referenti politici
ed economici della mafia debbano essere considerati indirettamente responsabili
di tutti i crimini commessi dai mafiosi cui hanno garantito impunità e
appoggio, e che siano moralmente più deprecabili di qualunque
misero picciotto con una pistola.
[5]
Aborto
volontario permesso fino alla dodicesima settimana, aborto terapeutico permesso
sempre, obiezione di coscienza solo riguardo le operazioni volte all’effettiva
interruzione (escludendo quindi l’assistenza prima, dopo e durante) e solo per
quanto riguarda le interruzioni non volte
a salvaguardare la salute della madre.
[6]
Manca
solo un sistema per impedire il mobbing contro i ginecologi non obiettori e per
garantire la presenza di almeno un non obiettore in ogni ASL o comune.